DAGONEWS da "www.studyfinds.org"
Alcuni psicologi all’Università di Miami hanno scoperto che trattenere a lungo le emozioni negative nell’amigdala possa influire negativamente sulla salute mentale a lungo termine. L’amigdala è la struttura a forma di mandorla ai lati del telencefalo, la porzione più grande del cervello, che valuta gli stimoli esterni e regola le nostre emozioni e memorie.
“La maggior parte degli studi neuroscientifici cercano di spiegare come il cervello reagisce a stimoli negativi, e non come il cervello trattiene questi stimoli” afferma Aaron Heller, professore assistente di psicologia “abbiamo osservato lo “spillover”, ovvero il modo in cui la reazione emotiva di un evento si diffonde. È fondamentale capire questi meccanismi biologici per comprendere la relazione tra funzioni neurologiche e il benessere giornaliero.”
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Provare rancore può influire sul nostro benessere?
I ricercatori hanno esaminato il modo in cui l’esposizione a immagini o esperienze ad alto contenuto emotivo su base quotidiana possa influire sul benessere a lungo termine, teorizzando che l’amigdala possa avere un ruolo cruciale in questo processo.
Due degli autori della ricerca, Nikki Puccetti e Aaron Heller, hanno analizzato i dati di 52 partecipanti, i quali hanno completato un questionario riguardo il loro benessere psicologico e poi registrato le emozioni negative e positive provate durante la giornata. In seguito, i soggetti sono stati sottoposti a una risonanza magnetica per misurare l’attività cerebrale in risposta a stimoli visivi.
I risultati dimostrano che coloro che trattengono per qualche secondo gli stimoli negativi nella loro amigdala di sinistra registrano emozioni più positive nella loro vita quotidiana. D’altro canto, le persone che reagivano più persistentemente alle immagini negative provavano più emozioni negative durante la loro giornata.
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“Potrebbe essere che, per gli individui con maggiore persistenza nell’amigdala, i momenti negativi possano diventare amplificati o prolungati a causa di un’associazione a esperienze negative non correlate” suggerisce un altro autore dello studio.
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