Robert Nash per www.it.businessinsider.com
La vostra memoria non è così buona come probabilmente pensate. Ci affidiamo ai nostri ricordi non solo per condividere avvenimenti con gli amici o imparare dalle nostre esperienze passate; li usiamo anche per cose importanti come la creazione di un’identità individuale. Eppure, l’evidenza mostra che la nostra memoria non è così coerente come ci piacerebbe pensare. C’è di peggio: cambiamo spesso i fatti aggiungendo falsi particolari, senza accorgercene minimamente.
Per capire un po’ come funzionano i ricordi, proviamo a pensare al gioco del passa parola. In questo gioco, una persona sussurra un messaggio all’orecchio della persona accanto, che a sua volta lo trasmette alla successiva, e così via. Ogni volta che il messaggio passa da una persona all’altra alcune parti possono essere confuse o non capite, altre invece alterate in modo innocente, migliorate, o dimenticate. Passaggio dopo passaggio il messaggio può diventare molto diverso dall’originale.
Lo stesso può accadere ai nostri ricordi. Ci sono infinite ragioni per le quali ogni volta che richiamiamo gli eventi passati compaiono errori o abbellimenti: da cosa crediamo sia vero a ciò che vorremmo lo fosse; per qualcosa che qualcun altro ci ha detto sull’evento in questione, o per ciò che vorremmo quella persona pensasse. Ogni volta che si manifesta una lacuna, ciò può avere effetti a lungo termine su come in seguito saremo in grado di richiamare quel ricordo.
Prendete ad esempio il raccontare. Quando descriviamo i nostri ricordi ad altre persone, usiamo modi diversi di raccontare secondo chi sta ascoltando. Potremmo esserci chiesti se fosse importante attenerci ai fatti, piuttosto che far ridere il nostro interlocutore. Secondo il carattere dell’ascoltatore o la sua opinione politica potremmo voler cambiare alcuni particolari della storia. Alcuni studi mostrano che quando raccontiamo i nostri ricordi a uditori differenti non è solo il messaggio a cambiare, ma a volte anche il ricordo stesso. Questa cosa è conosciuta come “effetto sintonia con l’ascoltatore”.
In uno studio sull’effetto sintonia con l’ascoltatore, ai soggetti è stato mostrato un video di una rissa in un bar. Nel video, due uomini ubriachi vengono alle mani dopo che uno dei due ha litigato con un amico, e l’altro ha visto la sua squadra di calcio preferita perdere una partita. I partecipanti allo studio sono poi stati invitati a raccontare a un estraneo ciò che avevano visto.
I partecipanti sono stati divisi in due gruppi. A un gruppo è stato detto che all’estraneo in questione non piaceva uno dei due contendenti nel video. All’altro gruppo che lo stesso personaggio gli era invece gradito. In modo prevedibile, questa informazione aggiuntiva ha plasmato il modo in cui le persone avrebbero descritto il video all’estraneo. Convinti che fosse sgradito all’estraneo, i soggetti descrivevano negativamente il comportamento di quel determinato contendente.
E, ancora più importante, il modo in cui le persone hanno in seguito raccontato la loro storia ha finito per influenzare il ricordo del comportamento di quel contendente. Quando più tardi i partecipanti hanno tentato di ricordare quella rissa in modo neutrale e imparziale, i due gruppi hanno comunque fornito resoconti in qualche modo divergenti su ciò che era accaduto, riflettendo l’atteggiamento del pubblico presente la prima volta. In una certa misura, le storie raccontate dai partecipanti avevano finito per diventare i loro stessi ricordi.
Risultati come questi mostrano come i nostri ricordi possono cambiare spontaneamente nel tempo, per effetto del come, quando e perché vi abbiamo avuto accesso. A volte, il semplice atto di riorganizzare un ricordo può essere esattamente ciò che lo renderà suscettibile di un’alterazione. Questo fenomeno è noto come “retrieval-enhanced suggestibility” (suggestionabilità aumentata dal richiamo).
In un classico studio su questo effetto, ai partecipanti è stato fatto vedere un breve film, per poi fare un test di memoria qualche giorno più tardi. Nei giorni tra l’aver visto il film e fare il test di memoria sono però successe altre due cose. A una metà dei partecipanti è stato somministrato un test di memoria per allenarsi, mentre a tutti è stato fatto leggere un riassunto del film contenente falsi particolari della storia.
L’obiettivo di questo studio era capire quanti falsi dettagli sarebbero passati nel test di memoria definitivo. Centinaia di ricerche già dimostrano che le persone aggiungono involontariamente falsi dettagli di questo tipo ai loro ricordi. Questi stessi studi dimostrano però anche qualcosa di ancora più affascinante. Sono stati i partecipanti che avevano fatto il test di allenamento appena prima di leggere le false informazioni a mostrare le maggiori probabilità di riprodurle nel test finale. In questo caso, la pratica rende imperfetti.
Perché mai? Secondo una teoria, riorganizzare un ricordo di eventi passati può rendere malleabile il ricordo stesso per un certo tempo. In altre parole, richiamare qualcosa alla memoria è come tirare fuori dal congelatore un gelato e lasciarlo al sole per un po’. Nel tempo che il nostro ricordo impiega a tornare nel freezer si può facilmente avere una deformazione, specialmente se nel frattempo qualcuno s’intromette.
Questi risultati ci insegnano molto sul modo in cui i nostri ricordi si formano e si conservano. Potrebbero anche portarci a chiederci quanto dei nostri ricordi più cari sia cambiato dalla prima volta che li abbiamo ricordati.
O forse no. Dopo tutto, la ricerca fatta da me e altri colleghi mostra che generalmente le persone sono abbastanza riluttanti a controllare la precisione dei propri ricordi. Che vi accorgiate o no dei cambiamenti grandi o piccoli già avvenuti, è poco probabile che i vostri ricordi più cari siano precisi al 100%. Dopotutto, ricordare è un po’ come raccontare. I nostri ricordi sono affidabili quanto la storia più recente che abbiamo raccontato a noi stessi.