Fiorenza Sarzanini per www.corriere.it
Ha acquisito relazioni, interrogato testimoni, letto denunce, fatto sopralluoghi. Ha parlato con i consulenti, concesso altro tempo ai periti per capire che cosa sia davvero accaduto in Val Seriana all’inizio della pandemia da Sars-CoV-2. E soprattutto se l’Italia fosse preparata ad affrontare una simile emergenza. Se il piano pandemico di cui tanto si parla fosse adeguato ad affrontare quel che è accaduto a partire da gennaio.
Le indagini sono in corso, ma il capo della Procura di Bergamo Antonio Chiappani fa ben comprendere quale potrà essere la loro evoluzione, seguendo il filo di quanto è stato scoperto. Il reato ipotizzato è l’epidemia colposa, ma altre contestazioni potrebbero essere mosse contro i responsabili degli ospedali, delle aziende sanitarie e soprattutto della Regione se fosse accertato che non hanno seguito i protocolli stabiliti. E dunque che le loro scelte, sbagliate o inopportune, hanno contribuito alla diffusione dei contagi e alla morte di migliaia di persone.
Procuratore, l’Italia aveva un piano pandemico?
«Ne esiste uno datato 2017 che riguarda l’influenza».
le mail di ranieri guerra nel 2017 sul piano pandemico
A leggerlo sembra copiato da quello del 2006.
«Effettivamente molte parti sono identiche».
Sembra che in alcuni capitoli siano addirittura rimaste le date sbagliate. È così?
«Ci sono delle irregolarità, stiamo ancora verificando. Sicuramente il piano del 2017 non contemplava quanto accaduto con il Covid-19. Solo in seguito, dopo la comunicazione dei casi in Cina, l’Istituto superiore di sanità ha presentato un piano strategico che ha però deciso di secretare».
È il famoso «piano segreto» preparato dal ministero della Salute che disegnava diversi scenari. Si può ritenere un piano di intervento?
«In realtà rappresentava possibili scenari».
Eppure l’Oms aveva lanciato un allarme specifico sul virus proveniente dalla Cina.
«Sì, l’Organizzazione mondiale della sanità lo aveva fatto il 5 gennaio, e il 31 gennaio il governo italiano ha dichiarato lo stato di emergenza».
Lei ritiene che a quel punto il nostro Paese fosse pronto?
«Eravamo impreparati. Questo ormai mi pare un dato acquisito. Finora abbiamo rilevato purtroppo che c’è stata tanta improvvisazione».
La mancanza di un piano di intervento potrebbe diventare l’alibi di direttori sanitari, manager delle Asl e politici?
«I piani per combattere una normale influenza già prevedono la sanificazione dei reparti, l’evacuazione di alcune sale, percorsi differenziati per i malati. Noi stiamo verificando se queste misure siano state prese, dobbiamo scoprire come sia stato possibile che in questa zona ci sia stato il numero più alto di contagiati, malati, vittime».
Vi siete affidati al professor Andrea Crisanti, a che punto è il suo lavoro?
«Ci ha chiesto una proroga, l’attività da svolgere è ancora lunga, tante le verifiche da effettuare. Si deve scoprire che cosa ha inciso in maniera determinante sulla diffusione del virus. Accertare eventuali responsabilità rispetto ai reati di epidemia colposa, omicidio colposo e falso».
L’assenza di un piano pandemico rappresenta un’omissione in atti di ufficio?
«Lo stiamo verificando. Se così fosse trasmetteremo questa parte dell’inchiesta per competenza ai colleghi della Procura di Roma».
il servizio di report su ranieri guerra 6
Per indagare sul ministero della Salute?
«Stabiliremo chi doveva predisporlo e perché non è stato fatto. Se riterremo che le indagini vadano svolte a Roma saranno quei magistrati a decidere come procedere».
All’epoca il direttore generale della Prevenzione era Ranieri Guerra, ora direttore aggiunto dell’Oms, componente del Comitato tecnico-scientifico. Voi l’avete già interrogato. Tutto chiarito?
«Esiste il segreto istruttorio, su questo non ho niente da dire. Vorrei comunque precisare che il professor Ranieri Guerra, proprio perché membro dell’Oms, gode dell’immunità diplomatica».
Quindi la vostra inchiesta dovrà in ogni caso fermarsi?
«Noi arriveremo fino in fondo, ricostruiremo ogni passaggio. Dobbiamo contestualizzare i ruoli, capire che cosa è accaduto. Individuare i cluster. Le valutazioni le faremo alla fine. Lo dobbiamo alle vittime e ai loro familiari».
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