Flavia Fiorentino per "www.corriere.it"
È uscito da qui il primo vaccino anti-Ebola che, nel 2014, per fermare la pandemia dilagante nel Continente africano, ottenne l’autorizzazione alla produzione di un milione di dosi, in un giorno (contro i tempi molto più lunghi delle sperimentazioni ordinarie). Alcuni anni prima, nel 2009 fu lo stesso laboratorio, l’Irbm di Pomezia (al tempo di proprietà dell’americana Merck), a mettere a punto l’«Isentress», un farmaco per la cura dell'Aids, tuttora usato per la terapia di questa malattia tutt’altro che sconfitta.
Oggi, dal centro di ricerca nella cittadina alle porte di Roma, dove lavorano 250 scienziati in laboratori distribuiti su una superficie di 22mila mq sugli 80mila complessivi del Science Park, è subito partita la corsa per questa nuova grande sfida. E i risultati per la realizzazione di un vaccino anti Covid-19 sono incoraggianti: «Stiamo lavorando in partnership con l’istituto Jenner dell’Università di Oxford — spiega Piero Di Lorenzo, amministratore e proprietario della società italiana che ha acquistato Irbm nel 2014 — ed a luglio il vaccino sarà pronto. Inizieremo a sperimentarlo a giugno sui topi e subito dopo sull’uomo».
ricercatori al lavoro per il vaccino sul coronavirus
In gara, su questo fronte, anche la biotech statunitense «Moderna» e molti laboratori israeliani. «È una competizione globale dove vincono tutti — sottolinea Di Lorenzo — perché ognuno avrà i suoi compratori e i suoi canali distributivi. E saremo tutti utili per debellare il virus».
Poi Di Lorenzo entra nel dettaglio dei passaggi tecnici che inducono ottimismo: «È stata determinante la collaborazione con l’Università di Oxford che ha messo a punto il vaccino per la Mers in sperimentazione sull’uomo in Arabia Saudita — precisa l’imprenditore — e ha un’expertise importante sul Coronavirus. Da parte nostra, invece, contano gli studi sugli Adinovirus che hanno portato alla creazione del farmaco anti Ebola. La combinazione di queste due competenze ci sta portando alla realizzazione del vaccino anti Covid 19».
ricercatori al lavoro per il vaccino sul coronavirus 2
Quando a dicembre i cinesi hanno isolato il virus, l’istituto Jenner ha subito sintetizzato il gene della proteina «spike» (la corona, la parte più cattiva, quella che trasmette il contagio). «Ora, quel gene sintetizzato e depotenziato va inoculato nell’organismo umano per generare gli anticorpi - conclude Di Lorenzo — ma per fare questo serve una sorta di shuttle, un carrello trasportatore all’interno dell’uomo che, come per il nostro farmaco anti Ebola, è rappresentato dall’”adenovirus”, quello di un banale raffreddore, su cui lavoriamo da anni.
Stiamo purificando la molecola e tra una settimana cominceremo a produrre le prime mille dosi. Non è escluso che, se la pandemia si aggravasse, possa essere autorizzato in tempi brevissimi».
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