Valentina Arcovio per “la Stampa”
La più grande e probabilmente anche la più utopistica impresa mai intrapresa nella ricerca oncologica raggiunge un nuovo ed entusiasmante traguardo: un test sul sangue in grado di individuare oltre 50 tipi di tumore diversi, individuandone anche il tessuto e l' organo di origine.
Ma chiariamo subito: niente che a breve possa uscire fuori dai laboratori ed essere usato in clinica. Il concetto alla base, comunque, è rivoluzionario e di grandissimo aiuto alla ricerca: dagli sforzi per realizzare un test universale per il cancro potrebbero nascere tecnologie in grado di aiutarci a mettere a punto, ad esempio, test diagnostici su specifici tumori.
Impegnati nella titanica impresa di un test universale ci sono i più importanti e prestigiosi centri degli Stati Uniti e del Regno Unito, tra cui il Dana Faber Cancer Institute di Boston e il Francis Crick Institute di Londra. Il test che hanno messo a punto, descritto sugli «Annals of Oncology», si annuncia capace di identificare la presenza di tantissime forme di cancro, individuando anche in quale tessuto abbiano avuto origine. Per riuscirci i ricercatori si sono avvalsi dello studio del Dna tumorale che circola nel sangue, la cosiddetta «biopsia liquida».
Il processo di analisi avviene grazie a un algoritmo di Intelligenza Artificiale addestrato a identificare e riconoscere le molecole di Dna rilasciate dai vari tipi di tumore nel flusso sanguigno. Grazie a un processo di apprendimento automatico, allenato con 1.531 campioni di sangue di persone con tumore e con 1.521 di soggetti sani, l' algoritmo ha imparato a distinguere 1 milione di basi metilate, cioè di piccoli processi chimici che regolano l' espressione dei geni.
«Non vengono quindi analizzate singole mutazione genetiche note per essere associate al cancro, come solitamente avviene in questo tipo di ricerche, ma meccanismi epigenetici noti per avere un ruolo cruciale nello sviluppo e nella crescita tumorale», spiega Gabriella Sozzi, direttrice della Struttura complessa di genomica tumorale all' Istituto nazionale tumori di Milano e una delle ricercatrici di punta della Fondazione Airc.
In una fase successiva dello studio il test è stato messo alla prova su quasi 7mila campioni di sangue, dei quali 2.500 provenienti da pazienti affetti da oltre 50 tumori diversi e più di 4mila soggetti sani. I risultati hanno mostrato il test è molto specifico, perché nel 99% dei soggetti sani ha avuto esito negativo e solo il 0.7% dei soggetti si è ritrovato con un falso positivo.
Non soltanto. Quando il test ha rilevato il cancro, in più del 90% dei casi è stato in grado di riconoscere anche in maniera esatta l' organo oppure il tessuto da cui la malattia ha avuto origine.
Ma attenzione: il test presenta molti limiti. «Quando si vanno a considerare gli oltre 50 tumori presi in esame, il test è stato in grado di rilevarli correttamente solo nel 44% dei casi e il più delle volte le forme di cancro già avanzate», spiega Sozzi. Precisamente: soltanto il 18% dei tumori individuati era allo studio I. Il 43%, infatti, si trovava allo stadio II e l' 81% già allo stadio III.
«Invece, percentuali di accuratezza più significative - dice Sozzi - sono state rilevate quando il test è stato messo alla prova sui un gruppo di 12 cosiddetti "big killer", vale a dire i tipi di cancro con la più alta mortalità, tra cui quello al pancreas, all' intestino, all' ovaio. In questo caso la percentuale di casi individuati è stata di circa 67% per gli stadi precoci». Precisamente il 39% nello stadio I, il 69% nello stadio II, 83% nello stadio III. «E' evidente che questa tecnologia è ancora molto lontana dall' essere considerata uno strumento per la diagnosi precoce del cancro».
Più vicini alla clinica ci sono invece alcuni test sviluppati per specifici tumori. Un esempio può essere quello per il cancro al polmone, messo a punto dal gruppo di ricerca di Sozzi con il sostegno della Fondazione Airc.
«Abbiamo individuato una firma composta da 24 piccole molecole di Rna (microRna) in grado di predire il futuro sviluppo di un tumore del polmone in persone ad alto rischio - racconta Sozzi -. Il nostro obiettivo è quello di mettere a disposizione un kit che renda possibile lo screening dei soggetti a rischio, favorendo la diagnosi precoce del tumore al polmone»
La ricercatrice invita a non perdere fiducia nella ricerca sul cancro e non solo. Soprattutto in questo periodo di grave emergenza. In queste ore Sozzi e molti altri ricercatori italiani, oltre ad aver messo a disposizione le loro competenze e le loro strutture a servizio della comunità nella gestione della pandemia Covid-19, continuano a essere impegnati per garantire continuità alla ricerca oncologica.
Da tutti loro, in modo unanime, arriva un forte messaggio di fiducia nel valore della ricerca scientifica. Lo stesso messaggio che ha ispirato la Fondazione Airc a lanciare in Italia una campagna con il significativo hashtag #HOFIDUCIANELLARICERCA.
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