Francesco Malfetano per "il Messaggero"
Anche l'Italia, forte di un tasso di vaccinazione pari al 83,8 per cento, ora si ritrova come il resto d'Europa a fare i conti con la quarta ondata del Covid. I numeri sono decisamente più bassi di un anno fa - quando i casi giornalieri erano quasi 35mila e venivano istituite le zone a colori - ma testimoniano come lo scenario stia rapidamente cambiando. Secondo l'ultimo monitoraggio della fondazione Gimbe infatti, nell'ultima settimana i contagi sono aumentati del 37,7 per cento.
E di conseguenza aumentano anche ricoveri: del 14,8 per cento quelli in ospedale e del 9,4 le terapie intensive. Come spiega il presidente di Gimbe Nino Cartabellotta infatti: «Per la terza settimana consecutiva si conferma un incremento dei nuovi casi settimanali e una media giornaliera più che raddoppiata in meno di un mese». Una tendenza confermata anche dai dati di ieri che infatti riportano 8.569 nuovi contagi (mercoledì erano 7.891) e 67 decessi (60 del giorno precedente).
In altri termini il contagio avanza. E lo fa specie nei territori del Nord-est (l'aumento su base settimanale va infatti dal minimo del 12,7 per cento della Toscana al massimo del 75,3 della provincia autonoma di Bolzano). Tant' è che in tre Province si contano oltre 150 casi per 100mila abitanti: Trieste (479), Bolzano (260) e Gorizia (221). E anche il Centro di controllo dell'epidemia europeo (Ecdc) ha collocato in zona rossa Friuli Venezia Giulia e Provincia di Bolzano (assieme a Marche e Calabria, che però vantano cluster meno estesi).
Così, se per ora nessun territorio è ancora sul punto di passare in zona gialla grazie a tassi di ospedalizzazione tutto sommato contenuti, per Cartabellotta questi numeri «dovrebbero indurre gli amministratori locali a considerare restrizioni su base comunale o provinciale». Un invito su cui, a suo modo, pare iniziare a ragionare anche Guido Bertolaso. Il coordinatore della campagna di vaccinazione anti-Covid in Lombardia ieri ha infatti affermato che per quanto «La Regione è ancora bianca», i dati epidemiologici «piano piano, si stanno incrinando e ci stanno portando verso una situazione che potrebbe cambiare quindi da bianca a gialla».
TERZA DOSE
Anziano in terapia intensiva 2
Non è quindi un caso se il ministero della Salute, dopo l'annuncio del ministro Roberto Speranza alle Camere, ha pubblicato ieri la circolare che certifica l'apertura della campagna vaccinale per la terza dose anche ai 40-59 enni a partire dal prossimo 1 dicembre. «Dobbiamo insistere sull'investimento prioritario che abbiamo fatto in questi mesi e che è stato quello sulla campagna di vaccinazione» ha infatti sottolineato il ministro alla conferenza dell'Anci ieri. Uno step che coinvolgerà potenzialmente altri 15 milioni di cittadini ma che, nel dettaglio, riguarderà da subito almeno 7 milioni di italiani.
La dose booster infatti viene somministrata a 180 giorni di distanza dalla seconda. Per cui i primi a poter accedere alla nuova profilassi saranno coloro che hanno completato il ciclo vaccinale primario il 31 maggio scorso. Depurando gli 11 milioni e 870 mila di vaccinati in quel momento dai 2,5 milioni di fragili e over60 che hanno già ricevuto la terza dose, ed eliminando dal computo anche gli under40, restano appunto tra i 6 e i 7 milioni di cittadini che potrebbero voler accedere prima possibile alla terza dose. Per questo, tra contagi in risalita e booster, dicembre si prepara ad essere il mese decisivo per la gestione dell'emergenza.
CORONAVIRUS - TERAPIA INTENSIVA
Soprattutto se si considera che è atteso per metà mese anche il via libera dell'Agenzia europea dei medicinali (Ema) alla somministrazione del vaccino anti-Covid ai bambini tra i 5 e gli 11 anni. Vale a dire di circa 1,5 milioni di soggetti che, peraltro, in questo momento incidono in maniera significativa sui contagi della Penisola.
In pratica, con i riflettori puntati sul Natale, fervono i preparativi per una campagna che in qualche modo si annuncia differente da quella vissuta fino ad oggi. La profilassi di massa infatti farà a meno dei numerosi hub dismessi a partire da agosto (ma alcuni già in via di riapertura), riguarderà anche i più piccoli e sarà ricondotta il più possibile all'interno degli studi dei medici di medicina generale.