Gianluca Nicoletti per “la Stampa”
Sono tra quelli che eviterà di scaricare l' App "Immuni". Non certo per pratica ribelle, ma non essendoci obbligo non lo farò, fino a che almeno mi appaia chiaro a cosa veramente serva.
Sono perfettamente consapevole che il Covid-19 potrei incrociarlo appena fuori la porta di casa. So di essere anagraficamente a rischio (leggi anziano), ho anche un figlio di particolare fragilità e mai mi sono fatto venire dubbi da quando mi è stato detto che il distanziamento sociale è indiscutibile.
Questo come premessa per rassicurare che sono finora stato un ligio esecutore di quanto il governo abbia potuto decretare per la salvaguardia della salute pubblica. Anzi nemmeno rivendico l' insopprimibile bisogno di transumanza verso ipotetici affetti stabili, piuttosto che stare a due metri preferisco evocare su Skype.
Per quanto mi sia informato, pur consapevole che ogni istante della mia vita terrena possa già essere puntualmente tracciato, nessuno al momento ha saputo darmi la certezza scientifica che questa app non segnalerà dei falsi positivi, creando possibile sospetto e allarme sociale più che un supporto alla sicurezza.
patente di immunità - esame del sangue
Non si sa esattamente come funzioni, è stata annunciata la licenza open source sotto la quale verrà rilasciata (Mozilla Public Licence 2.0) ma il codice sorgente non è stato ancora rilasciato. Non è certo che io mi possa vantare di essere in grado di valutarlo, ma gli esperti informatici che ne hanno la competenza avrebbero avuto modo di rassicurarci sul suo reale funzionamento. In Olanda sulle cinque app con la stessa funzione, da cui il governo avrebbe dovuto scegliere quella migliore, a detta degli esperti che le hanno esaminate in quattro sono stati trovati banali errori di programmazione.
Non vorrei assolutamente passare da presuntuoso e saputello, tanto da mettere avanti dubbi che il medio cittadino non si porrebbe mai, non è però questione di puntiglio: qui si tratta della tutela di diritti fondamentali dell' essere umano.
GIANLUCA E TOMMY NICOLETTI DISABILI TENEREZZA STOCAZZO
Non è più possibile considerare la nostra vita digitale come proiezione di rango inferiore rispetto la nostra concretezza. Ci stiamo tutti rendendo conto di quanto la crisi Coronavirus ci stia facendo riflettere sull' importanza di una più estesa consapevolezza del potenziale degli strumenti digitali. Già ne facevamo largo uso, ma con il pregiudizio comune che servissero solo per riempire il tempo del trastullo.
È sicuramente vero che per baloccarci con il nostro smartphone siamo finora stati disposti a venderci fino all' ultimo brandello della nostra anima digitale. In questo caso però non è Candy Crush Saga a istigarci a restare connessi, è lo Stato che ci chiede di condividere nostri dati sanitari, senza darci nessuna reale certezza, se non una rassicurazione sulla fiducia, che tutto quello che è stato raccolto di noi non possa finire in futuro nei database di chi ci considera solo per venderci qualcosa.
i quattro fondatori di bending spoons
Non è il tracciamento che dovrebbe farci paura, ognuno di noi connessi lascia sempre sulla sua strada i sassolini come Pollicino, non vorrei nemmeno che si alimentasse il timore che avere dubbi sull' app corrisponda all' essere sospettati di pratiche e frequentazioni talmente abiette da volerle nascondere.
Dovremmo solo avere la certezza che un domani, tra le tante telefonate di chi ci propone finanziamenti a tassi straordinari, forniture del gas e della luce a ottimo prezzo e altri servizi non richiesti, possa spuntare anche chi è in grado di sapere quanto potrebbe essere compromesso il nostro stato di salute.