Silvia Turin per "www.corriere.it"
Capita spesso di raggiungere l’agognato obiettivo di perdere qualche chilo. Dopo una più o meno rapida discesa (dipende dalla dieta e da altri fattori), ci si trova in un momento che pare di stallo: il peso non cala e il reale traguardo (anche psicologico) sembra non arrivare più, dopo tutti i sacrifici.
I due meccanismi alla base
La spiegazione dell’impasse c’è ed è sia fisica che psicologica legata a due fattori: il primo, scrive Peter Rogers, professore di psicologia biologica all’Università di Bristol, è che il dispendio calorico (energetico) diminuisce con la perdita di peso: sono necessarie meno calorie di prima per mantenere e muovere un corpo più leggero e questo varrà anche una volta raggiunto il peso salutare. Il secondo motivo per cui la perdita di peso diventa progressivamente difficile è che è spesso accompagnata da un aumento dell’appetito.
L’ormone leptina dice al nostro cervello quanto grasso è immagazzinato nel corpo. Quando abbiamo troppo grasso immagazzinato, la leptina aumenta e riduce l’appetito. Ma quando perdiamo grasso corporeo, la leptina ci rende un po’ più affamati. Quel che domina l’appetito nel corso della giornata è fondamentalmente quanto tempo prima abbiamo mangiato e quanto ci sentiamo ancora pieni. Ma questo ingranaggio è rodato dai millenni per farci immagazzinare cibo.
Retaggio da antenati
Siamo vulnerabili al “cibo spazzatura” e settati per mangiare di più del dovuto, proprio per prevenire i periodi di carestia. Siamo quasi sempre pronti a mangiare e in grado di mangiare oltre il livello di fabbisogno.
La pienezza è determinata in parte dal contenuto di grassi, carboidrati e proteine del pasto e in parte dalla sua massa complessiva. Ad esempio, se il pasto contiene più fibre, ci si sente più pieni, motivo per cui è difficile mangiare troppo di cibi voluminosi, come frutta e verdura.
Ci sentiremmo più pieni se avessimo mangiato lo stesso numero di calorie dalle mele rispetto alla pizza. Ma alimenti come la pizza, ad alta densità energetica, costituiscono per noi un’attrazione biologica: significa che riusciamo a mangiarne di più. Sono anche solitamente più deliziosi (e piacevoli) da mangiare.
Stallo psicologico
Fin qui la fisiologia: dal punto di vista psicologico e delle abitudini, nel tempo, mangiare meno può essere difficile, come mantenere la vigilanza e la moderazione per resistere ai cibi ricchi di energia (che, tra l’altro, per come sono fatti possiedono un potere “drogante”). Alcune oscillazioni sono inevitabili e nel tempo la motivazione perde mordente.
A questo punto il peso si assesta intorno a un punto (di stallo) che bilancia il richiamo degli alimenti, la nuova moderazione alimentare e l’energia che consumiamo nell’attività fisica. In questo caso la scelta migliore saranno cibi a bassa densità energetica (fibre, frutta e verdura). E per mantenere il peso sano, vale la pena ricordare che corpi più leggeri richiedono meno calorie.
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