Alice Vigna per "www.corriere.it"
Fino a poco tempo fa erano nove i fattori di rischio noti e modificabili su cui agire per ridurre il pericolo di ammalarsi di Alzheimer. Ora, grazie alla rivalutazione dei dati da parte degli esperti della The Lancet Commission on Dementia Prevention, sono diventati dodici: una buona notizia, perché significa avere un maggior margine di manovra per tenere alla larga il decadimento cognitivo. I tre nuovi parametri da tenere d’occhio sono i traumi alla testa nel periodo della mezza età, l’esposizione all’inquinamento atmosferico da anziani, l’eccesso di alcol.
Da tenere sotto controllo
«Il 3 per cento dei casi di Alzheimer può essere direttamente attribuito a traumi cranici avvenuti dai quarantacinque, cinquant’anni in poi, il 2 per cento allo smog respirato dopo i 65 anni, l’1 per cento a un consumo di alcol che superi le 21 unità alcoliche a settimana (ovvero oltre tre bicchieri di vino, tre lattine di birra o tre bicchierini di superalcolico al giorno, ndr)», spiega Gill Livingston dell’University College di Londra, coordinatrice del rapporto. «Agendo su tutti e 12 i fattori di rischio si potrebbe evitare il 40 per cento dei casi di demenza e l’impatto potrebbe essere perfino più evidente nei Paesi in via di sviluppo e sulle classi sociali più svantaggiate, dove c’è una maggiore diffusione di elementi di pericolo come la bassa scolarità o il sovrappeso e l’obesità».
Il ruolo dell’istruzione
Fra i fattori che più pesano sulla probabilità di demenza c’è infatti l’educazione scolastica, che incide per il 7 per cento dei casi: il Columbia Aging Project, che ha seguito oltre 2.400 persone per più di 20 anni, ha dimostrato per esempio che oltre alla durata degli studi conta anche la qualità dell’istruzione, direttamente correlata a una miglior capacità di linguaggio e una memoria più solida, entrambe caratteristiche che durante la terza età si rivelano fondamentali per ridurre il pericolo di demenza.
Sovrappeso e fattori di rischio cardiovascolare sono altrettanto rilevanti, anch’essi fin da giovani: chi già in adolescenza ha problemi di peso, diabete o pressione alta, evenienze purtroppo sempre meno rare, registra una capacità cognitiva significativamente più «zoppicante» dopo i 65 anni, stando a dati presentati nel corso dell’ultimo congresso internazionale dell’Alzheimer’s Association.
Adina Zeki Al Hazzouri della Columbia University, che ha analizzato oltre cinquemila persone per valutare la correlazione fra chili di troppo e demenza, aggiunge: «In particolare è bene tenere sotto controllo il peso fra i 20 e i 50 anni: essere sovrappeso in questa fase della vita aumenta la probabilità di demenza di circa il doppio, essere obesi di ben due volte e mezzo».
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