Melania Rizzoli per “Libero quotidiano”
Sono migliaia le persone affette da depressione e disturbi dell' ansia che oggi si trovano in una situazione di potenziale peggioramento del loro stato. In questi mesi di emergenza sanitaria ci si è concentrati soprattutto sui danni fisici e su quelli economici del Covid-19 senza soffermarsi abbastanza sulle ripercussioni psicologiche dell' epidemia, mentre nel frattempo l' isolamento sociale, la reclusione a casa ed il peso dell' incertezza colpivano lentamente la salute mentale delle persone più vulnerabili, che ora si trovano a fare i conti con gli "effetti collaterali" del virus.
Uno studio pubblicato sulla rivista scientifica The Lancet, che ha analizzato l' impatto psicologico della quarantena in Cina, ha evidenziato che superati i dieci giorni di isolamento la mente inizia a cedere, e a partire dall' undicesimo giorno emergono stress, nervosismo e ansia, i cui effetti diventano più gravi al traguardo del 15esimo giorno, dopodiché, specialmente in quelle persone che hanno maggior difficoltà a gestire l' ansia, si vedono emergere i disturbi neurologici di tipo disfunzionale, a cominciare dal rapporto distorto con la paura.
Il panico rappresenta un elemento ricorrente nelle fasi iniziali di tutti i contesti di crisi, ma in questi due mesi la paura sembra essersi consolidata negli animi caratterialmente più fragili, soprattutto femminili, quelli che custodiscono una sofferenza interiore con la quale già convivono da anni, che vivono abitualmente un isolamento interiore, dovuto a carenze di attenzione e scarsa considerazione dei necessari bisogni affettivi, emotivi e sessuali che hanno accompagnato la loro esistenza, una sofferenza nascosta privata di soddisfazioni corporali, che genera immagini negative, quindi paurose, del mondo che li circonda, alimentando pensieri funesti, focalizzando l' attenzione sull' ambiente esterno piuttosto che su quello interiore, manifestando timori irrazionali non controllabili dalla ragione debilitata dagli eventi.
minati dal pessimismo Praticamente questi soggetti depressi e disturbati attivano il cosiddetto default mode network, ovvero la rete neuronale che supporta il divagare mentale del pessimismo, quello che nel frattempo prosciuga loro energie e mina le forze, lasciandosi condizionare fortemente dal contagio sociale di chi vive periodi particolarmente stressanti ed angosciosi, poco o nulla confacenti con lo stato di salute mentale, il quale, rispecchiandosi nel loro, attiva meccanismi di difesa che determinano lo spostamento della loro ansia interna verso un oggetto, una persona o una situazione esterna che presenta una qualche connessione simbolica con il proprio disagio psichico.
Corpo e mente comunicano costantemente e si influenzano in maniera reciproca, ma non essendo predisposti a reggere situazioni di allerta o tensione troppo lunghi, in questi soggetti si sviluppa una situazione di ipocondria, intesa come tendenza a eccessiva preoccupazione per il proprio stato di salute, percependo ogni minimo sintomo come un segnale inequivocabile di infezione da Coronavirus. Inoltre, l' imprevedibilità di questa nuova malattia ha generato in questi già instabili individui incertezza anche nei confronti della scienza che non è stata in grado di fornire risposte certe, ampliando la loro paura, un attivatore del malessere psicologico, che fungendo da scudo mentale aggrava il loro già consolidato disagio psichico.
Le analisi medico-scientifiche infatti, registrano da settimane l' insorgenza di disturbi psichiatrici con prevalenza di quelli di natura depressiva, associati a manifestazioni ansiose, letteralmente esplose dalla fine della quarantena, che ha favorito l' aumento di sintomi acuti da stress, con disturbi del tipo post-traumatico, quali stati d' ansia, insonnia e irritabilità, e alla fine di questo lungo periodo di isolamento forzato, quello che sta emergendo più gravemente sono i disturbi emotivi, dell' umore e del sonno, di depressione e alimentari, e soprattutto sono in grande aumento le crisi di panico, quelle che allarmano di più questo tipo di pazienti, che raggiungono i pronto soccorso in affanno, convinti di aver contratto il coronavirus.
Tra i soggetti più colpiti si annoverano coloro che sono stati costretti a restare chiusi lontano dal conforto degli affetti e dalla routine quotidiana, e le evidenze scientifiche descrivono il rafforzamento, durante il confinamento, dei cosiddetti stressor, ossia quegli stimoli esterni che sono fonte di stress, i più diffusi dei quali sono stati il lungo isolamento, la paura di essere contagiati o di poter contagiare i familiari, la noia, la frustrazione, la privazione di beni necessari alimentari o della salute, ma anche immateriali, come quelli legati alla libera informazione o alla socialità.
Tutto ciò si evidenzia soprattutto tra coloro che hanno vissuto il lockdown come una restrizione della libertà anziché come un provvedimento a protezione della propria salute, che subivano l' isolamento con la costante voglia di evadere, tranne poi, una volta liberi, sentirsi smarriti e sviluppare la forte preoccupazione di contrarre il virus durante le prime uscite post-quarantena, accusando ansia ed insicurezza a mettere il naso fuori dalle mura domestiche. In generale coloro che non hanno caratterialmente capacità di adattamento non riescono ad uscire velocemente da situazioni di confinamento e adottano sistemi di resilienza non compatibili al cambiamento di vita, poiché l' emozione della paura modera la loro capacità di riadattamento, sviluppando atteggiamenti fobici nei confronti del contagio ed assumendo modalità difensive che li spinge ad adagiarsi nelle condizioni di isolamento se non addirittura a rimpiangerle.
contatti assenti Le conseguenze delle paure accumulate e non superate durante i due mesi e mezzo di lockdown, soprattutto se si è stati malati o si è persa una persona cara, rende poco inclini alla socializzazione e diffidenti verso gli altri, inibendo qualunque istinto di contatto corporeo con chicchessia, con prevalenza di pensieri frenanti, incubi, insonnia, ipervigilanza e immagini negative ricorrenti, per cui molte persone continuano a rimembrare i filmati delle bare portate via dai camion militari a Bergamo, quelli del personale sanitario bardato con tute e coperture, quelli delle città deserte o del Papa che prega solo in una piazza San Pietro spettrale, immagazzinando nella memoria procedurale solo gli eventi tragici del recente periodo, i quali prevalgono sui dati ufficiali dei guariti o del trend epidemiologico in decrescita, e finanche sul vigoroso richiamo della primavera, anche questa percepita come negativa, come un soffio di aria nuova colma di rischio e pericolo virale.
In alcuni casi, fortunatamente limitati, vi è poi una degenerazione verso l' odio nei confronti di presunti "untori" stranieri o italiani, sulla scia della nevrotica necessità di trovare sempre un presunto colpevole per giustificare il proprio disagio e malessere depositato negli anni negli animi e mai riconosciuto come patologico. Inoltre i problemi delle distanze da mantenere hanno ingigantito la diffidenza verso gli altri, ognuno percepito come una minaccia per la propria salute, e ci vorrà del tempo a tornare all' atteggiamento di prima nei confronti delle persone, poiché ogni diffidenza modula i comportamenti e si attenua e scompare con grandi difficoltà.
I costi di questa epidemia saranno alti dal punto di vista psicologico, ed è stato calcolato che saranno 300mila o più i pazienti che svilupperanno disturbi psichici, ed i primi segnali di questa ondata patologica sono già evidenti tra coloro che hanno meno risorse e meno capacità di fronteggiamento emotivo, nei quali la privazione degli stimoli sociali e la perdita della routine giornaliera ha favorito un processo di deterioramento della salute mentale, di abuso di alcol e sostanze, per cui molti di loro faranno fatica ad uscirne e tornare ad una vita in cui molte azioni erano svolte in automatico, quella vita che il Coronavirus ha cambiato per sempre.
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