Emanuela Griglié per “la Stampa”
Che la meditazione profonda abbia effetti diretti sul benessere è già stato provato scientificamente. Aiuta, tra le altre cose, a combattere lo stress cronico, la depressione e l'ansia e, addirittura, può alleviare i dolori e regolare battito cardiaco e temperatura corporea. Banalizzando, il «silent retreat», ovvero il ritiro interiore e di meditazione, secondo una ricerca del Global Wellness Institute è tra i super-trend del 2020. Ma misurare esattamente quali cambiamenti biologici queste pratiche attivano nell' organismo è un passo indispensabile per tradurre esperienze soggettive in dati.
leonard cohen e la meditazione
In quest' ottica è fondamentale la ricerca in corso da oltre sei anni all' Università di Pisa (in collaborazione con l' Istituto Lama Tzong Khapa di Pomaia), che, misurando respiro e attività cerebrale dei monaci buddisti mentre praticano, ha documentato anche che i disegni dell' encefalogramma possono rivelare quale tipo di meditazione si sta facendo.
Studio ancora più rilevante, se si considera che il Dalai Lama in persona sta collaborando. «In questi quattro anni l' ho già incontrato tre volte», ci spiega il professore, psichiatra e dottore in psicologia, Angelo Gemignani, appena rientrato dal Kalachakra Institute for Meditation di Dharamsala, in India, dove ha presentato i risultati raggiunti al maestro supremo del buddismo tibetano.
«Ci ha dato alcuni suggerimenti sui tipi di meditazione e sulle diverse tecniche che spesso si intrecciano. Soprattutto ci ha esortato a continuare: il Dalai Lama ha grande fiducia nella scienza e non è così scontato».
Scopo della ricerca è dare, appunto, una lettura biologica a pratiche millenarie come la filosofia buddista, dimostrando perché un certo tipo di respirazione e di postura possono migliorare la qualità della vita. «Ciò che sappiamo da tanti studi è che la meditazione è in grado di modificare strutturalmente il cervello: si osserva un cambiamento di volume e di funzione in alcune aree, come ippocampo e regioni prefrontali.
i beatles a lezione di meditazione trasendentale
Con conseguenze come l' aumento del controllo e dell' attenzione, della capacità di modulare emozioni negative quali ansia, paura e rabbia e, infine, di amplificare la consapevolezza corporea. Nell' Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana (Aoup) Ciro Conversano (nel team che ha incontrato il Dalai Lama, ndr) già "prescrive" la "mindfulness" per ridurre stress e dolore, per esempio a chi soffre di fibromialgia o infertilità non spiegata. E ci sono effetti promettenti nei bambini con deficit cognitivi e di attenzione».
Sono tecniche che possono aiutare non solo chi soffre di disturbi mentali, ma anche spezzare un pensiero dominato dalla paura dovuto a circostanze precise, per esempio nei casi di una malattia grave. Attenzione, però: imparare a meditare non è come schioccare le dita. «Gli approcci che stiamo portando avanti sono basati sulla "mindfulness", protocolli occidentalizzati, più rapidi».
Un altro aspetto su cui il team dell' Università di Pisa lavora è il rapporto tra attività respiratoria, cerebrale e benessere corporeo. «Molte pratiche meditative si basano sul controllo del respiro nasale e così abbiamo cercato di darne un senso biologico. Il respiro lento stimola recettori nella volta nasale, i quali, a loro volta, attivano la sincronizzazione lenta dei neuroni. Stimolazione che genera alcuni cambiamenti nella percezione della realtà, consentendo di aumentare l' attenzione dentro di noi.
Quando facciamo questo tipo di meditazione psicofisica non siamo più vittime degli stimoli dal mondo esterno. Il cervello non è più "ostaggio" del sistema sensoriale, perché con il respiro lento non sono più le regioni posteriori ma quelle anteriori a guidare la percezione del reale». Il prossimo passo è verificare i benefici della postura.
«Ci applichiamo alla parte corporea e misureremo i livelli di attività antinfiammatoria attivati dalla meditazione», conclude Gemignani, il cui team ora lavora con meditatori avanzati, che praticano alcune tecniche esoteriche. «Stiamo studiando meditatori tantrici, che usano tecniche segrete, le quali consentirebbero di avere un controllo più ampio tra mente e corpo», aggiunge Bruno Neri, ingegnere elettronico, responsabile delle misurazioni. Persone capaci di attivare una meditazione così profonda da essere in grado di silenziare anche disturbi psicosomatici gravi.
«Riescono in modo graduale a controllare una sorta di distacco dalla mente dal corpo: lo paragonano al riscatto della coscienza che avviene nel momento della morte.
Quando ottengono questo stato, alcuni parametri fisiologici si modificano e il respiro rallenta. E, quando muoiono, danno origine al "tukdam": è un tipo di meditazione che prosegue anche dopo il decesso. Clinicamente morti, rimangono intatti, senza segni di decomposizione, per giorni o settimane».