Silvia Turin per www.corriere.it
La mania del low-carb (il taglio dei carboidrati) va ancora forte, soprattutto in alcuni tipi di dieta (come la keto). Quando però decidiamo di togliere dal piatto intere categorie di nutrienti (scelta sempre dannosa) dobbiamo sapere a cosa andiamo incontro
Si perde peso, ma sono liquidi
Dopo i grassi, i «nemici» sono diventati i carboidrati: diverse diete puntano su una loro marcata riduzione, ed è quindi importante capire quale sia l’impatto di questi regimi sulla salute, soprattutto nel lungo periodo.
Quando si riduce l’apporto di carboidrati, la prima cosa che si nota è la rapidità quasi magica di perdita di peso, ma non si tratta di grasso, stiamo perdendo acqua. I carboidrati sono immagazzinati nel corpo sotto forma di glicogeno, ogni grammo accumula da tre a quattro volte il suo peso in acqua. Quindi, non appena si tagliano i carboidrati e si inizia a utilizzare il glicogeno, ogni grammo di carboidrato in meno sono 3 grammi persi di acqua.
Calano le prestazioni
I carboidrati sono energia subito disponibile che brucia i grassi e le proteine. Altre vie metaboliche sono più lunghe e affaticano l’organismo, per questo le nostre prestazioni calano. I carboidrati sono la fonte di energia primaria del corpo. Aiutano e «spingono» tutti i tipi di esercizio, sia di resistenza che di potenza: se tagliate i carboidrati la vostra energia diminuirà.
Sarete «lunatici»
I carboidrati inducono la sintesi della serotonina, il neurotrasmettitore della serenità e della tranquillità, che fa pure passare la fame. Siano semplici o complessi, quando vengono tolti il nostro benessere mentale potrebbe peggiorare.
È come avere l’influenza
Dato che i carboidrati sono la principale fonte di energia per il cervello, quando una persona li riduce (o elimina) il cervello si «annebbia». I grassi bruciano al fuoco dei carboidrati, se non ci sono carboidrati il metabolismo dei grassi si blocca e si ferma a livello dei corpi chetonici, che entrano in circolo e si accumulano: sono tossici per l’organismo e riducono la massa magra perché bruciano i muscoli. Il cervello li utilizza con fatica, ma li utilizza lo stesso. Il risultato: alito cattivo, stanchezza, debolezza, vertigini, insonnia, nausea. In sostanza, ci si sente come se avessimo l’influenza.
«Dipendenza»
I carboidrati raffinati sono famosi per innalzare i livelli di zucchero nel sangue. Una ricerca pubblicata sull’American Journal of Clinical Nutrition suggerisce che questi sbalzi (di solito repentini) attivano anche i centri di dipendenza del cervello e fanno sì che torni quasi subito la voglia di rimangiare gli alimenti che hanno questo «potere». Anziché rinunciare ai carboidrati in toto, però, basterebbe optare per quelli integrali che hanno un assorbimento più lento ed evitano che i livelli di zucchero nel sangue siano soggetti a questi picchi.
Combattono insonnia e stress
La pasta la sera? Milioni di italiani non la consumano per paura di ingrassare o di compromettere il sonno. In realtà uno studio pubblicato sulla rivista The Lancet Public Health dimostra che mangiare pasta a cena migliora il riposo notturno e non fa ingrassare. La ricerca spiega che la pastasciutta può essere consumata nelle ultime ore del giorno, soprattutto se siamo stressati e soffriamo d’insonnia, grazie alla presenza in questo alimento di Triptofano e Vitamine del gruppo B. Dormire bene riduce gli ormoni responsabili della fame e non favorisce l’aumento di peso. La pasta favorisce anche il rilassamento muscolare. L’importante è fermarsi agli 80 grammi a testa, cotta al dente e con olio a crudo.
Stitichezza
L’assunzione di cereali integrali è importante per innalzare la quantità di fibra che si assume. Secondo uno studio pubblicato sul Nutrition Research il 92 per cento degli statunitensi adulti non ne mangia abbastanza. La fibra (che naturalmente si trova anche in frutta e verdura) non solo aiuta a stabilizzare i livelli di zucchero nel sangue e a ridurre il rischio di obesità e malattie croniche, ma aiuta anche il transito intestinale.
Rischio di malattie cardiache e diabete
In merito a patologie cardiache e diabete, la scelta di esclusione può fare la differenza: uno studio del 2014 pubblicato su PLoS ONE ha rilevato che i carboidrati raffinati fanno salire i livelli di un acido grasso che aumenta il rischio di malattie cardiache e diabete di tipo 2, però, secondo l’American Heart Association i cereali integrali migliorano i livelli di colesterolo nel sangue e riducono il rischio di malattie cardiache, ictus, obesità e diabete di tipo 2. La scelta è chiara ed è la medesima: anziché rinunciare ai carboidrati, basta optare per quelli integrali.
La giusta regola
Ma allora qual è la giusta regola per l’assunzione dei carboidrati? Lo dicono i LARN, i Livelli di Assunzione di Riferimento di Nutrienti ed energia per la popolazione italiana. Nel 2014 hanno stabilito che i carboidrati dovrebbero costituire tra il 45 e il 60% delle calorie totali della giornata. Se possiamo, meglio mangiarli integrali ma non solo, perché la fibra in alcuni casi impedisce l’assorbimento dei sali minerali.
Un esempio
In uno studio pubblicato da The Lancet, alcuni esperti del Brigham and Women’s Hospital di Boston e di altri centri di ricerca americani hanno esaminato l’associazione fra consumo di carboidrati e rischio di mortalità in più di 15mila adulti, seguiti in media per 25 anni. I ricercatori hanno concluso che le diete con pochi o con troppi carboidrati, rispettivamente con meno del 40% e più del 70% delle calorie totale, erano associate a un aumento del rischio di mortalità (dovuto alla maggior probabilità di soffrire di malattie metaboliche e cardiovascolari); mentre il rischio diminuiva, quando i carboidrati fornivano dal 50 al 55 per cento delle calorie complessive. Molto importante, però, risultava anche il modo in cui venivano sostituiti i carboidrati. Se, come spesso accade, la loro riduzione si accompagnava a un aumento delle proteine e dei grassi di origine animale, il rischio di mortalità aumentava, mentre accadeva il contrario se la sostituzione avveniva con proteine e grassi di origine vegetale.