Silvana Mossano per “la Stampa”
«Dentro di me provo odio per gli italiani e io sono il solo a soffrire per questo. Non ho intenzione di vedere una prigione italiana dall' interno». Sono dichiarazioni di Stephan Schmidheiny, ultimo responsabile in vita della gestione degli stabilimenti Eternit, rilasciate di recente alla testata «Nzz am Sonntag» in Svizzera, dove risiede. Ampi virgolettati dell' intervista sono stati ripresi dal quindicinale «Area Unia» di Lugano e rimbalzate sui social, alla vigilia della decisione del gup di Vercelli, prevista per oggi, in merito alla richiesta di rinvio a giudizio dell' imprenditore per l' omicidio volontario di 392 casalesi morti a causa dell' amianto.
Schmidheiny è l' unico imputato del cosiddetto «Eternit Bis». Non è il primo procedimento penale a suo carico; era già stato incriminato dal pool della procura torinese (Raffaele Guariniello, Gianfranco Colace e Sara Panelli) nel maxiprocesso Eternit Uno: a Torino in primo e in secondo grado (con la condanna a 18 anni per disastro doloso ambientale) e poi in Cassazione (con la prescrizione del 2014). Successivamente, la stessa procura di Torino lo aveva richiamato sul banco degli imputati, ma con una contestazione diversa: l' omicidio doloso di oltre 400 persone.
Il gup Federica Bompieri, però, aveva poi riqualificato il reato da omicidio doloso a colposo; questo ha comportato uno spacchettamento del fascicolo originario in quattro filoni, destinati a procure diverse per competenza territoriale: a Torino è rimasto lo spezzone per due morti di Cavagnolo (Schmidheiny è già stato condannato a 4 anni), a Napoli è andato quello per otto morti di Bagnoli, a Reggio Emilia per alcuni morti di Rubiera e a Vercelli per 392 vittime casalesi.
Ha ricordato il pm Colace, applicato a Vercelli e che affianca il collega Fabrizio Alvino: «Sessantadue sono ex lavoratori dello stabilimento, ma trecento sono cittadini semplicemente residenti». Con la fabbrica non hanno mai avuto a che fare, ma si sono ammalati e sono morti. «A Casale ci dovrebbe essere una terza lapide - ha detto il pm Alvino -: oltre a quelle della Prima e della Seconda Guerra mondiale, anche per i morti di amianto».
I circa 400 elencati nel capo d' accusa sono un campione in difetto; dagli anni Cinquanta a oggi se ne contano non meno di 2500 e «la strage non è finita - ha sottolineato Colace -: continua con una cinquantina di nuovi casi di mesotelioma all' anno». Il mesotelioma è il cancro causato dall' amianto: gli scienziati come Cesare Maltoni e Irvin Selikoff lo dicevano già negli anni Sessanta.
Oggi, dunque, è attesa la decisione del gup Fabrizio Filice sull' Eternit Bis: rinvio a giudizio di Schmidheiny per omicidio doloso (come chiesto dai pm) o riqualificato in colposo, oppure proscioglimento, come invocato dai difensori Astolfo Di Amato e Guido Carlo Alleva che hanno definito una «inammissibile tortura di Stato ripetere un processo nei confronti di una persona per gli stessi fatti». I difensori parlano di tortura e Schmidheiny in persona, nell' intervista alla testata svizzera, dichiara: «Ritengo che alla fine il mio comportamento sarà giudicato correttamente e un giorno verrò assolto».
Ma, intanto, definisce il suo coinvolgimento processuale «pazzesco: 40 anni dopo si viene accusati di omicidi di massa e perseguitati per decenni». Un carico emotivo che reputa insopportabile, tanto più che si definisce «una persona piuttosto sensibile»; pertanto «ho dovuto occuparmi della mia igiene mentale - spiega - per non lasciarmi abbattere da tutti questi incredibili attacchi». Riferisce di essersi dedicato «a esercizi di meditazione quotidiani» e di aver appunto «provato odio per gli italiani». E, ancora: «Quando oggi penso all' Italia, provo solo compassione per tutte le persone buone e oneste che sono costrette a vivere in questo Stato fallito».
«La tortura - replica indignata Assunta Prato, una delle molte casalesi vedove dell' amianto - è quella di migliaia di persone che vivono nella paura di una tosse che non passa e della diagnosi di una malattia che ancora non si può curare, oltre che nel dolore per il lutto di tante persone care».
Difficile alleggerire le angosce con «quotidiani esercizi di meditazione». Potrebbe essere lenitivo e in parte riparatore il sincero pentimento dell' imputato, il risarcimento per le bonifiche, per i cittadini e per la ricerca di una cura.
«Anche Schmidheiny è un essere umano e può cambiare.
Purché cambi. Per davvero», conclude Assunta Prato.
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