Estratto dell’articolo di Claudio Tito per “la Repubblica”
«E se i mercati non credessero alla soluzione trovata? E se iniziassero a scommettere sulla fragilità del sistema bancario?». Anche se riservatamente e in maniera del tutto ufficiosa, le Cancellerie di tutta Europa si stanno tenendo in contatto. Il caso Credit Suisse non è un allarme che può essere contenuto all’interno dei confini svizzeri. La memoria va all’effetto domino scattato nel 2008 e partito dagli Stati Uniti è ancora vivida.
[…] Certo l’accordo trovato ieri per il salvataggio della banca elevetica da parte di Ubs, in qualche modo fa tirare un piccolo sospiro di sollievo. Almeno rispetto ai rischi di un eventuale effetto contagio. Il pericolo però è un altro: che gli investitori e gli speculatori inizino a puntare sulle debolezze complessive delle banche. Se così fosse, l’analisi reale della situazione conterebbe molto meno. L’emotività avrebbe la meglio. E si abbatterebbe sui soggetti più deboli in tutto il Vecchio Continente.
È proprio su questo che i governi dell’Unione e la Commissione Ue hanno iniziato a confrontarsi. […] Il punto, infatti, è che nonostante l’intesa raggiunta ieri in extremis, nessuno ha la garanzia che tutto possa finire già oggi. Anche la clausola che consente a Ubs di tirarsi indietro se il valore degli Swap (i titoli che quotano il rischio fallimento) dovessero alzarsi troppo, mantiene un alone di sospetto. E in quel caso la reazione dei mercati sarebbe intensa.
[…] Nei contatti di queste ore, allora, a Bruxelles sono arrivati segnali ben precisi. Tra quattro giorni, quando si riunirà il Consiglio europeo, i leader dell’Ue ne dovranno discutere.
Esaminare la situazione economica senza una analisi su quel che è avvenuto e può avvenire nel sistema bancario, viene considerato irresponsabile. Questo argomento, dunque, diventerà il cuore del summit. […]
Tutto si basa sulla circostanza che se l’acquisito da parte di Ubs dovesse in qualche modo saltare, toccherebbe di nuovo allo Stato Svizzero salvare l’istituto. Come già avvenuto circa quindici anni fa. Nazionalizzato e poi ricollocato sul mercato.
Più o meno come è accaduto per l’Italia con Monte dei Paschi di Siena.
Se, quindi, la strada fosse questa l’Unione europea dovrà studiare una nuova revisione delle regole sugli aiuti di Stato. La discussione su come sovvenzionare le imprese in difficoltà dopo il Covid e la guerra in Ucraina è già in corso. L’Ue deve fronteggiare la concorrenza americana che ha messo in campo aiuto a questo scopo 300 miliardi di dollari.
L’idea, appena accennata e tenuta nel cassetto delle emergenze, è allora quella di prevedere una misura specifica di aiuti di Stato sulle banche. Il ragionamento è semplice: se in questa fase così delicata, con l’inflazione alta e una crescita ancora immatura, si dovesse assistere inerti ad un altro colpo sul sistema bancario, tutti gli sforzi di questi mesi verrebbero compromessi.
Una ipotesi che si basa sul timore che una eventuale speculazione si abbatterebbe sulle banche meno attrezzate – a prescindere dal fatto che nessun istituto europeo è particolarmente esposto con la Svb statunitense e con il Credit Suisse – e sui Paesi più fragili. E con Paesi più fragili si intendono quelli con un debito pubblico più alto come l’Italia.
[…] La scelta di alzare giovedì scorso il tasso di sconto è avvenuta dopo una aspra battaglia dentro il board della Banca Centrale che ha visto contrapposti come al solito i “falchi” del nord e le “colombe” del sud. Sebbene nessuno metterà in discussione l’autonomia della Bce, al Consiglio europeo di giovedì prossimo inevitabilmente oltre a parlare dell’allarme banche, i capi di Stato e di Governo si confronteranno anche sulla politica monetaria. Perché per molti, un altro rialzo dei tassi significherebbe gettarsi tra le braccia degli speculatori.
URSULA VON DER LEYEN - CHRISTINE LAGARDE - PASCAL DONOHOE christine lagarde giorgia meloni al consiglio europeo 10 credit suisse crollo del titolo in borsa