Marco Bresolin per “La Stampa”
L'accelerazione, seppur tardiva, della Commissione europea sul tetto al prezzo del gas russo è già andata a sbattere contro le resistenze dei governi. Non di tutti, ovviamente. Ma l'escamotage giuridico ideato da Ursula von der Leyen per bypassare l'ostacolo dell'unanimità non basta: per il "price cap" non c'è nemmeno la maggioranza qualificata necessaria.
E quindi? La misura verrà stralciata dal resto del pacchetto, mentre gli altri provvedimenti per combattere il caro-energia che sono stati proposti dall'esecutivo Ue riceveranno oggi un sostanziale via libera da parte dei 27 ministri dell'Energia.
Martedì verranno poi tradotti in testi giuridici da parte della Commissione e, considerando possibili emendamenti sugli aspetti più tecnici, l'aspettativa è di adottarli in via definitiva nel giro di una-due settimane al massimo. Per il "price cap", invece, se ne riparlerà a ottobre.
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Il governo italiano, però, non intende gettare la spugna. Anzi: già nelle riunioni preparatorie ha provato a rilanciare, proponendo di estendere il "price cap" a tutto il metano importato via gasdotto. Un punto su cui il ministro Roberto Cingolani insisterà durante la riunione del Consiglio Energia che inizierà questa mattina a Bruxelles. L'Italia ha incassato un primo sostegno dai baltici, dalla Polonia, dal Belgio, dal Lussemburgo, dal Portogallo dalla Bulgaria, dalla Romania e a quanto pare la Francia non sembra contraria. Ma non basta. Sul fronte opposto ci sono l'Ungheria, la Slovacchia, l'Austria e i Paesi Bassi, oltre alla Repubblica Ceca, che ha un ruolo cruciale perché guida la presidenza di turno e non sembra intenzionata a spingere su questo provvedimento.
Il governo dell'Aia ha bocciato senza appello l'idea di imporre un tetto al prezzo di tutto il gas che viene importato nell'Ue, ma si è detto disposto a discutere un'applicazione limitata a quello russo. È stato lo stesso premier Mark Rutte a confermarlo. La Germania ha mantenuto una posizione più ambigua, ma l'impressione è che Berlino voglia farsi scudo con le titubanze dei Paesi dell'Est per buttare la palla in tribuna.
Il timore dei Paesi contrari al "price cap" sul metano importato via gasdotto (oggetto di una proposta specifica presentata dal governo italiano) è legato al fatto che questa misura potrebbe scatenare un problema di forniture proprio nel momento in cui l'Ue è alla ricerca alternative al metano russo. I venditori, in pratica, potrebbero voltare le spalle all'Europa. «Piuttosto - sottolinea una fonte diplomatica - avrebbe più senso sedersi al tavolo con i vari fornitori, come la Norvegia, l'Algeria o il Qatar e discutere con loro una riduzione del prezzo. Ma certamente non possiamo imporlo noi».
Sullo sfondo inizia a circolare anche l'ipotesi di avanzare una richiesta simile agli Stati Uniti, che dall'inizio della guerra hanno incrementato notevolmente i ricavi dalla vendita di gas naturale liquefatto agli alleati europei.
Di tutte queste questioni se ne occuperanno i capi di Stato e di governo nella riunione del 6-7 ottobre a Praga: al tavolo ci sarà Mario Draghi in quello che potrebbe essere il suo ultimo vertice europeo da premier. La diplomazia italiana prova comunque a vedere il bicchiere mezzo pieno per due motivi: da un lato con la proposta della Commissione si è rotto un tabù, dall'altro la determinazione degli ultimi giorni ha avuto un significato impatto sui mercati, riducendo la volatilità. Resta da capire come reagiranno oggi alla notizia del mancato accordo.
Sembra invece piuttosto consolidato il consenso sulle altre misure proposte dalla Commissione, come il sostegno alla liquidità delle aziende alle prese con la volatilità del mercato, il tetto ai ricavi per le società che producono energia con fonti diverse dal gas e il prelievo su quelle che utilizzano combustibili fossili.
Gli Stati sosterranno inoltre il piano per ridurre i consumi di elettricità, anche se non tutti sono convinti che il taglio debba essere obbligatorio: contro questa ipotesi si sono espressi la Spagna, la Francia, il Belgio e la Polonia. La proposta della Commissione prevede che gli Stati «s' impegnino» a ridurre almeno del 10% il consumo di elettricità, ma introduce «l'obbligo» di tagliare almeno del 5% la domanda nelle ore di punta.
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