L'ITALIA, UNA REPUBBLICA FONDATA SUL LAVORO E SULL'EVASIONE FISCALE – NEL 2019 SONO SFUGGITI AL FISCO 99,24 MILIARDI DI EURO DI TASSE. E, SE IL GOVERNO NON RIDUCE L'EVASIONE DI 15 MILIARDI ENTRO IL 2024, IL PNRR È A RISCHIO –  MI-JENA GABANELLI: “I BUCHI NERI SONO TRE. IL PRIMO: 32 MILIARDI DI IRPEF EVASA AL 68% DA LAVORATORI AUTONOMI E IMPRESE. IL SECONDO RIGUARDA L'IVA: 27,7 MILIARDI NEL 2019, SIAMO I PRIMI IN EUROPA PER AMMONTARE. IL TERZO È IL LAVORO NERO: 12,7 MILIARDI DI CONTRIBUTI NON VERSATI” – VIDEO

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GUARDA QUI IL VIDEO DI MILENA GABANELLI SULL'EVASIONE FISCALE

 

 

Milena Gabanelli e Rita Querzè per il “Corriere della Sera”

 

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L'Italia è una Repubblica fondata sul lavoro e sull'evasione fiscale. Nel 2019 (ultimi dati completi disponibili) sono sfuggiti al fisco 99,24 miliardi di euro di tasse. La novità è che se non scendono entro il 2024 di quasi 15 miliardi, il Pnrr è a rischio. I buchi neri sono tre. Il primo: 32 miliardi di Irpef evasa al 68,3% da lavoratori autonomi e imprese. Era il 65,1% nel 2015. Il secondo riguarda l'Iva: 27,7 miliardi nel 2019, siamo i primi in Europa per ammontare. Il terzo è il lavoro nero: 12,7 miliardi di contributi non versati. Anche questo dato è in continua crescita: nel 2015 erano 11,3 miliardi. Nel 70% delle aziende ispezionate sono riscontrate irregolarità.

 

Il Mef ordina, l'Agenzia esegue

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Il datore di lavoro dell'Agenzia delle Entrate è il ministero delle Finanze, che attraverso una convenzione gli indica ogni anno gli obiettivi da raggiungere: per il 2022 deve incassare 14,4 miliardi di evasioni relative agli anni passati. Quindi è difficile intaccare quella nuova. La sede della Lombardia deve portare a casa 2 miliardi, quella del Lazio 1, Emilia-Romagna e Veneto 560 milioni, e così via. Ogni sede, una volta raggiunto il budget, può anche fermarsi lì.

 

Nella convenzione poi sono indicati i metodi per scovare gli evasori, a partire dall'analisi del rischio. Si tratta di prendere diverse categorie di attività (dalle gioiellerie, alle carrozzerie, ai negozi di elettronica) e incrociare i dati dell'anagrafe tributaria con quella dei conti correnti (anonimizzati). Dove si evidenziano anomalie partono i controlli in chiaro sul singolo. Queste analisi sono state autorizzate dal Garante della Privacy solo da giugno, dopo tre anni di attesa. Ma non sono ancora partite.

 

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Un importante limite alla lotta all'evasione è la mancanza di interoperabilità delle banche dati. Per esempio incrociando i dati di Inps, Uif, Gdf, si può vedere il travaso di dipendenti o di soldi che mostrano subito il quadro di un grande illecito. Ma come per i conti correnti a queste banche dati si può accedere solo quando si sta facendo una verifica puntuale. Inoltre questi incroci possono farli soltanto due uffici specializzati (Agenzia e Gdf) perché gli altri non hanno né i mezzi né il personale con le competenze necessarie.

 

I «no» del Garante della Privacy

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L'introduzione della fatturazione elettronica ha consentito un grande passo avanti: bloccati falsi crediti Iva per un miliardo prima di arrivare in compensazione, e 2,2 di frodi carosello. Il limite, sempre imposto dal Garante per la protezione dei dati personali, riguarda le fatture emesse da un'azienda al consumatore finale: si può vedere che X ha fatturato 10.000 euro a Y ma non l'oggetto della transazione. Una segretezza che impedisce di sapere se è stata applicata l'aliquota del 4% quando magari doveva essere del 22%.

 

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Per potenziare questo strumento si dovrebbe lavorare sull'anno in corso: se vedo che una società vende trattori, o computer, ma non ne acquista, è evidente che le fatture sono false, e quella attività la blocco subito, e non quando me ne accorgerò anni dopo. Poi ci sono le partite Iva apri e chiudi: sono migliaia e girano miliardi. Esiste da tempo la norma che consente di andare a vedere subito se quell'attività esiste sul serio, e nel caso di chiuderla immediatamente, ma questo obiettivo il Mef non lo ha ancora inserito nella convenzione.

 

 

Lavoro nero in aumento

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Dagli ultimi dati Istat sull'economia sommersa i lavoratori irregolari superano i 3 milioni: stipendi pagati in contanti, zero tasse e zero contributi versati. Per scovare le aziende che pagano i lavoratori in nero bisognerebbe fare due cose: 1) incrociare a monte i dati relativi ai metri quadrati delle attività, consumi di energia, numero di veicoli dell'azienda con il numero di dipendenti. Se hai consumi monstre e un solo dipendente, scatta la verifica.

 

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 Si parla da anni di questa misura, ma non è mai stata introdotta. 2) i controlli sul campo. Un obiettivo che non sta nella convenzione. E poi c'è il lavoro grigio: l'impresa si fa prestare i dipendenti da una società che li sottopaga e poi versa i contributi con crediti d'imposta falsi: avviene spesso nella logistica e nell'edilizia.

 

Dall'anno scorso l'Agenzia delle Entrate li intercetta, ma anche in questo caso se ne occupano solo due uffici specializzati.

Inviti bonari e riscossione Prima di arrivare ai ferri corti l'Agenzia, giustamente, avvia l'attività di compliance : ti scrivo per segnalarti che qualcosa non va e ti invito entro 60 giorni a metterti in regola.

 

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Il Pnrr prevede entro il 2024 un aumento del 30% delle lettere di compliance rispetto al 2019, una riduzione dei «falsi positivi» al 5%, e un incremento del 20% degli incassi connessi all'adempimento spontaneo. Purtroppo buona parte dei contribuenti, quando è in torto, non risponde. Succede la stessa cosa con le lettere di accertamento: se entro 60 giorni non paghi o fai ricorso, prima di procedere al pignoramento di giorni ne passano altri 210.

 

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Nel frattempo hai svuotato i conti o chiuso l'attività o è arrivato un condono. O una rottamazione: c'è stata nel 2016, 2017, 2021, 2022. Secondo Alessandro Santoro, ex presidente della Commissione che ogni anno redige il rapporto sull'evasione, quando le evidenze sono robuste, nella lettera di compliance sarebbe il caso di scrivere che, in caso di mancata risposta, l'invito si trasforma, dopo i dovuti controlli, in cartella esattoriale. Mentre quando il contribuente non reagisce all'accertamento, occorre aumentare i poteri dell'Agenzia per accorciare i tempi della riscossione.

 

La direzione della volontà politica

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Per combattere l'evasione ci vuole volontà politica e il personale adeguato. Da regolamento l'Agenzia delle entrate deve avere in organico 44.000 persone, oggi sono 29.000. Le assunzioni previste sono 4.113. Non si va molto lontano. La premier Meloni nel suo discorso di insediamento alla Camera ha detto che nel mirino del fisco ci saranno prima di tutto gli evasori totali. Che però, proprio in quanto totali, non lasciano tracce nell'anagrafe tributaria.

 

Al momento non è stata indicata la strategia per perseguirli. La volontà politica invece in quale direzione sta andando? Il 6 dicembre 4 senatori di forza Italia e 4 di Fratelli d'Italia hanno presentato in Senato una modifica al decreto Aiuti da convertire in legge entro il 17 gennaio. La questione è complessa e riguarda i falsi crediti di imposta legati ai bonus facciate, sisma, affitti, e sequestrati da diverse procure.

 

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Poste e Cassa Depositi e prestiti ne hanno acquistati per centinaia di milioni senza fare accurate verifiche, e ora si trovano con il cerino in mano. Per sanare il loro buco i senatori di cui sopra chiedono di considerare quei crediti «veri» per decreto. Il che porterebbe allo sblocco e all'utilizzo di circa 10 miliardi di crediti falsi. Soldi che finiranno tutti a carico dello Stato. Se la modifica passa, la criminalità organizzata ringrazia.

 

Gli incentivi a evadere

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Corte dei Conti, Bankitalia e Upb segnalano nella manovra misure che incoraggiano l'evasione: 1) una nuova rottamazione delle cartelle. 2) la flat tax al 15% estesa dai 65 mila agli 85 mila euro di reddito: chi guadagna oltre 85 mila cercherà di piazzarsi sotto. 3) l'introduzione di una soglia di 60 euro per rifiutare il pagamento con il Pos e il passaggio del tetto del contante da 2.000 a 5.000 euro favoriscono gli incassi in nero. Meloni nel suo discorso di insediamento, ha detto di essere disposta a mettere a rischio la vittoria alle prossime elezioni pur di fare la cosa giusta per il Paese.

 

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La cosa giusta per il Paese è che tutti paghino il dovuto in base alle reali capacità contributive per sostenere le spese che servono alla sanità, alla scuola, agli investimenti per creare nuovo lavoro e aiutare imprese e famiglie in questo momento di difficoltà. Solo riducendo i 99 miliardi di evasione e quei 170 di sommerso sarà finalmente possibile abbassare le tasse per tutti senza tagliare - come sempre - sui servizi pubblici, istruzione, ospedali.

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