Estratto dell’articolo di Riccardo Sorrentino per “Il Sole 24 Ore”
Mezzo punto percentuale. La Federal reserve, un po’ a sorpresa, ha tagliato i tassi di 50 punti base, invece dei previsti 25 punti base, portando i Fed funds targets al 4,75-5%, dal 5,25%-5,50%. «È un segno della nostra fiducia», ha spiegato in conferenza stampa il presidente Jerome Powell, il quale ha aggiunto che non è una dichiarazione di vittoria sull’alta inflazione.
La decisione di ieri è stata presa a maggioranza: Michelle W. Bowman avrebbe preferito un taglio di soli 25 punti base.
La Fed ha di conseguenza rivisto al ribasso tutte le previsioni per i tassi futuri: per fine anno la mediana delle indicazioni dei singoli governatori punta al 4,25-4,50%, corrispondente a ulteriori riduzioni per 50 punti base. Un altro punto potrà essere tagliato l’anno prossimo.
Alla base della decisione c’è una diversa valutazione delle condizioni dell’economia Usa. La Fed ha preso atto del rallentamento nella creazione di nuovi posti di lavoro, emerge dal comunicato, mentre l’inflazione «ha compiuto ulteriori progressi», anche se resta elevata. Soprattutto il comitato di politica monetaria (Fomc) ha «acquisito maggior fiducia sul fatto che l’inflazione si sta muovendo in modo sostenibile verso l’obiettivo».
Anche la bilancia dei rischi è ormai valutata «grosso modo in equilibrio», e la politica monetaria non è più, sempre secondo il comunicato, impegnata a raggiungere solo l’obiettivo di inflazione del due per cento: ora compare anche quello di «sostenere la massima occupazione». [...]
spesa al consumo e inflazione negli usa
Il cambiamento, rispetto a giugno, è importante: tre mesi fa la Fed immaginava di portare i tassi al 5-5,25% a fine anno, pari a un taglio complessivo di soli 25 punti base. Il costo ufficiale del credito a brevissimo termine sarebbe dovuto poi calare al 4%-4,25% a fine 2025 e al 3%-3,25% a fine 2026.
Le proiezioni macroeconomiche di settembre sono coerenti con il nuovo scenario di un ritorno alla “normalità” entro il 2026. Hanno confermato le indicazioni sulla crescita di giugno: 2,1% quest’anno, 2% nel 2025 e nel 2026 (e nel 2027, entrato per la prima volta nell’orizzonte temporale delle stime).
L’inflazione Pce è stata invece rivista al ribasso: 2,3% quest’anno (dal 2,6%), 2,1% il prossimo (dal 2,3%), e 2% nel 2026 (e 2027). Analogamente l’inflazione core è ora prevista al 2,6% a fine anno (dal 2,8%), al 2,2% nel 2025 (dal 2,3%), al 2%, invariato, nel 2026 (e nel 2027). Soprattutto, il tasso di disoccupazione dovrebbe passare dal 4,4% di quest’anno (4% a giugno), al 4,4% del 2025 (dal 4,2%), al 4,3% del 2026 (dal 4,1%) al 4,2%, corrispondente al valore di lungo periodo, nel 2027. [...]
Se tre mesi fa la Fed vedeva quindi un lento incremento della disoccupazione, prima del ritorno a un livello “normale”, ora ritiene - in base al trend di rallentamento della creazione di nuovi posti - che il balzo avverrà nei prossimi mesi e ha agito di conseguenza. «L’economia Usa è in buona forma», ha spiegato in ogni caso il presidente, mentre il mercato del lavoro resta «solido». [...]
spesa al consumo e inflazione negli usa.