Beniamino Pagliaro per “Affari & Finanza - la Repubblica”
Il gruppo di Zuckerberg ha perso da inizio anno metà del proprio valore. E per la prima volta registra una lieve flessione dei ricavi. Gli investitori si chiedono se la fase della crescita sia finita e quali siano le strade per reggere la sfida con la app cinese. I numeri parlano anche se non dicono tutto: le azioni hanno perso il 55% del proprio valore dall'inizio dell'anno. A luglio, per la prima volta nella sua storia, il gruppo di Facebook e Instagram ha registrato un calo dei ricavi del secondo trimestre, sia pure minimo (1%).
Quel che si chiedono con insistenza investitori e osservatori è se la fase della crescita sia proprio finita, se il potenziale ormai sia stato raggiunto, se la popolazione mondiale da connettere sia davvero esaurita - un po' Zuckerberg aveva avvisato già mesi fa - e infine se quella capacità innata (dal 2004) di essere la cosa nuova, la cosa giusta, per le generazioni più giovani e al tempo stesso per le generazioni giovani di qualche anno fa, sia ancora vera.
Facebook ha diciott' anni, ma la corsa dei ricavi è avvenuta negli anni Dieci, da 2 a 70 miliardi a forza di vendere pubblicità personalizzata. Il modo più semplice per iniziare a parlare di questa fase inedita, di maturazione, persino di rallentamento della corsa economica e finanziaria di Meta, è pronunciare una parola, come farebbe un ex premier italiano (fuori tempo massimo): TikTok.
Ma nonostante l'ascesa dell'app dei video brevi sia in effetti imponente, stiamo ancora parlando di volumi e sistemi profondamente diversi. TikTok triplicherà i ricavi nel 2022 e arriverà globalmente a 12 miliardi di dollari, circa un decimo dei ricavi Meta nel 2021.
La domanda più grande che pone la sorprendente corsa di Tik-Tok riguarda il tempo degli utenti, le loro scelte di consumo digitale, e in fondo anche l'interazione con la realtà. La differenza cruciale tra TikTok e gli altri social media sta nel peso davvero relativo della rete sociale: è molto più media che social. Non vediamo qualcosa perché l'ha visto un amico, bensì perché l'algoritmo che abbiamo educato più o meno consapevolmente ha catturato i nostri gusti.
Passiamo da un video all'altro, facciamo zapping con uno scroll, forse l'illusione degli amici su un social media ci pare superata. Funziona, almeno se guardiamo al tempo speso: 28,7 ore al mese per l'utente medio americano nel 2022 (da 22,8 nel 2021), ben sopra le 15,5 di Facebook (16,8 nel 2021), e 7,8 di Instagram (7,6). Per dire però se funzionerà davvero per inserzionisti e utenti nel medio periodo ci vuole tempo.
Di per sé la crescita è notevole, e i cinesi di Byte-Dance sono passati dal rischio del bando americano dell'epoca Trump a diventare il primo brand social: una dimostrazione di nervi saldi e focus, oltre che un involontario assist a chiunque volesse ricordare - Antitrust, ci ricevete? - che la competizione nel mercato c'è, eccome.
Senza timori di ostentare umiltà, Meta sta provando in tutti i modi a resistere. I brevi video verticali à la TikTok hanno contagiato Facebook e Instagram, con risultati non sempre soddisfacenti per tempo di engagement e marginalità. Quando a luglio Instagram ha provato a cambiare, troppo secondo molti utenti, il capo Adam Mosseri ha colto il segnale, dicendo che le modifiche non sarebbero state così nette.
Per capire la nuova fase bisogna seguire le persone: il primo giugno Sheryl Sandberg, la chief operating officer e vero numero due di Zuckerberg dal 2012, ha annunciato che lascerà il suo ruolo in autunno. Un nuovo vice non è stato annunciato. Sandberg ha costruito la Meta di oggi, una Meta che secondo qualcuno è persino cresciuta troppo nel personale. A fine luglio aveva 85.553 dipendenti, quando nel 2020 ne aveva 58 mila.
«Penso che qualcuno possa decidere che questo posto non fa per lui, e che questa decisione mi troverà d'accordo. Realisticamente c'è un po' di gente in azienda che non dovrebbe esserci», ha detto Zuckerberg in una riunione qualche mese fa. Le decisioni arrivano. Più video, e focus sui margini. Instagram sta riducendo drasticamente le proprie ambizioni nella sfera dell'e-commerce: la funzione "shopping" sparirà dall'app. Si torna al caro vecchio obiettivo: fare soldi con la pubblicità, nonostante le limitazioni imposte dalle regole sulla privacy imposte da Apple. La scommessa che per ora la Borsa non vuole capire è nel nuovo nome scelto da Zuckerberg. Oggi il rapporto tra il titolo e l'utile del gruppo è di 14, mentre per l'indice S&P 500 è di 20.
Sbaglia il mercato a non capire Meta, e la corsa verso il metaverso? «L'impatto sulla pubblicità sarà enorme e paragonabile a quello che ha avuto Internet», dice a Repubblica uno dei massimi esperti del mercato in Italia, Vincenzo Cosenza, che ha appena lanciato osservatoriometaverso.it. «Quando cambieranno le nostre abitudini e trascorreremo buona parte del nostro tempo immersi in realtà aumentate e virtuali - prosegue - l'intero modo di fare business cambierà. Al momento siamo in una fase fluida di sperimentazioni».
Gli investimenti (oggi in perdita) di Meta avranno un ritorno significativo? «Credo che Meta abbia le risorse e le persone giuste per dare un contributo importante alla costruzione del metaverso - risponde Cosenza - oltre che la volontà di contribuire alla determinazione di standard di interoperabilità. Il ritorno lo vedremo non prima di cinque anni se riusciranno a sostenere l'adozione della piattaforma Oculus (device e sistema operativo) in modo da mettere un piede nel territorio di Apple e Google/Android».
La strada è lunga, la recessione è dietro l'angolo e l'inflazione non aiuta il titolo. Ma oltre a macinare utili e interagire ogni mese con un essere umano su due al mondo, Meta ha 40 miliardi di dollari in banca e un lungo elenco di motivazioni per dimostrare al mercato che - ancora una volta - stava sbagliando.