Paolo Mastrolilli per “Affari & Finanza - la Repubblica”
Dai libri agli alimentari, dai servizi digitali ai prodotti finanziari. E ora anche la sanità di base. Il gruppo si allarga in ogni direzione, con l'obiettivo di affondare i concorrenti ma rischia sanzioni dalla Ftc, fino allo spezzatino. Desiderate la tranquillità mentale di un piano B, quando l'umanità sarà costretta ad abbandonare il pianeta Terra e cercare rifugio in qualche angolo dello spazio?
Chiedete a Jeff Bezos. L'ex libreria è diventata ormai «inescapable», come l'aveva definita la PBS nel suo documentario Amazon Empire, un impero ineludibile su cui non tramonta mai il sole. Così però ha attirato l'attenzione della sua nemesi storica, nella persona della nuova presidentessa dalla Federai trade commission (Ftc) Lina Khan, che fin da quando studiava a Yale contestava il modello delle acquisizioni verticali scelto da Bezos. E ormai, in una specie di "Game of Thrones", siamo arrivati alla sfida finale, in cui uno solo dei protagonisti potrà restare in piedi.
Jeff aveva costruito Amazon nel 1994 dal garage di casa, grazie ad un prestito da 245.573 dollari dei suoi genitori, tanto generoso quanto scriteriato, almeno all'epoca. Ora possiede una compagnia che vale 1,5 trilioni di dollari, la seconda dopo Apple a varcare questa soglia, e si litiga con Elon Musk il titolo di uomo più ricco al mondo. Nel 2021 ha incassato ricavi per 469 miliardi di dollari, ossia circa una ventina di vecchie "finanziarie" italiane, e profitti per 33,36 miliardi. Pochini, in proporzione.
C'è un perché, che poi ci aiuterà a capire meglio questa storia. Dà lavoro a 1,6 milioni di persone, anche se non tutte felicissime, perché si oppone strenuamente all'ingresso dei sindacati nei suoi stabilimenti, urtando così pure il presidente Biden. La pandemia lo ha aiutato, se ne avesse avuto bisogno, perché ci ha costretti ancor più a fare acquisti da casa. Così ha affittato altri 12 Boeing 767 cargo, portando la sua flotta a 80 aerei, e aperto oltre 200 centri per impacchettare e consegnare le merci. Oltre il 70% degli americani ha usato Amazon durante il Covid, e circa la metà di loro non ha più alcuna intenzione di rimettere piede in un negozio di mattoni.
Nel corso degli anni la libreria si è allargata in ogni direzione: ha speso 13,7 miliardi di dollari per comprare i supermercati Whole Foods; 8,45 per gli studi cinematografici e televisivi Mgm; 1,2 per i veicoli autonomi Zoox; 1,2 per le scarpe e l'abbigliamento di Zappos; 970 milioni per il servizio streaming specializzato nei videogame Twitch; 839 milioni per i campanelli e la sicurezza delle abitazioni Ring; 775 milioni per i robot di Kiva; 753 milioni per la farmacia Pill-Pack, e 580 milioni per Souq, la più grande piattaforma di commerci online nel mondo arabo.
L'ultima acquisizione, ancora al vaglio della Ftc, è quella per 3,9 miliardi di dollari di One Medical, servizio sanitario con circa 190 studi medici in 25 mercati. Tutti poi conoscono il pervasivo "maggiordomo" dell'intelligenza artificiale Alexa, le consegne a domicilio con i droni, il cloud usato anche dalla Cia, la logistica, i prestiti a chi vuole sviluppare i propri prodotti per venderli su Amazon, eccetera.
Per capire la probabile direzione futura della compagnia, aiuta la scelta fatta da Bezos nell'indicare il suo successore come ceo. Fino al 2021 Andy Jassy aveva guidato Amazon Web Services, la sussidiaria che si occupa del cloud e di vari altri servizi digitali. Non solo è ovvio pensare che il nuovo amministratore delegato abbia un'attenzione speciale per la sua ex creatura, ma con gli oltre 62 miliardi di ricavi incassati nel 2021, e gli alti profitti, AWS si impone come una prospettiva dominante nel futuro dell'azienda. Ovvio poi pensare ad altre acquisizioni, vista per esempio la collaborazione già avviata con Grubhub per le consegne di cibo a domicilio.
Grandi sorprese inoltre potrebbero venire dallo sconfinato portafoglio di brevetti che la compagnia ha accumulato nel corso degli anni. La domanda per il primo "patent" era stata presentata nel 1995, ma ormai siamo a oltre 14.000, di cui circa 4.000 relativi ai web services, 2.400 al cloud computing, 1.400 alla logistica, e 1.200 all'intelligence artificiale.
L'e-commerce arriva solo in quinta posizione, incalzato assai da vicino dal media streaming.
Le dimensioni dell'impero su cui non tramonta mai il sole hanno ovviamente attirato problemi antitrust. Tra le altre cose, l'Unione europea ha contestato il vantaggio garantito da Amazon ai suoi prodotti, a volte copiati da quelli dei rivali, offerti sulla stessa piattaforma. La Ftc sta indagando le pratiche per gli abbonamenti Prime, sospettate di essere ingannevoli per come spingono le sottoscrizioni e complicano le cancellazioni. Chissà poi quanti vorranno affidare le proprie informazioni mediche a questo colosso, che gestisce anche il cloud usato dall'intelligence, e punta a rendere onnipresente Alexa con la sua intelligenza artificiale.
Sullo sfondo inoltre c'è la minaccia dell'American Innovation and Choice Online Act, presentato in Congresso proprio per impedire alle grandi piattaforme digitali di offrire un trattamento preferenziale ai propri prodotti. La spada di Damocle che pende sulla testa di Amazon è però insieme filosofica e pratica, perché potrebbe portare allo spezzatino della compagnia, come era accaduto per Standard Oil nel settore petrolifero o Bell System in quello telefonico. Il modello scelto da Bezos è quello delle acquisizioni verticali, ossia compagnie della supply chain impegnate in altri settori, invece di quelle orizzontali, cioè competitori diretti tipo Walmart.
Per vincere ha accettato la pratica del "predatory pricing", prezzi bassi che fanno fallire i competitori. Il risultato sono stati anche i profitti contenuti, ma ciò è meno rilevante, perché la strategia si basa sull'obiettivo di prevalere nel lungo termine dominando l'intero mercato. Il secondo vantaggio essenziale è stato il controllo delle infrastrutture da cui dipendono anche i rivali. Lina Khan aveva denunciato queste pratiche nell'articolo "Amazon's Antitrust Paradox".
Il giudice conservatore Robert Bork riteneva che le leggi antitrust servano a garantire prezzi bassi ai consumatori, e quindi sono paradossali quando per proteggere la concorrenza provocano invece prezzi più alti. Khan sostiene il contrario, quindi il paradosso di Amazon è che abbassa i prezzi, e rinuncia ai profitti, pur di affondare i competitori. La California le ha appena fatto causa. Il rimedio, secondo Lina, è vietare o spezzettare le acquisizioni verticali. Il che segnerebbe la morte di Amazon, almeno per come l'ha immaginata finora Bezos.
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