Nino Sunseri per “Libero quotidiano”
Più che un risiko, un genocidio. Secondo gli esperti, numeri alla mano, almeno un istituto su tre sta per tirare le cuoia. Di qui il grande fermento che nel mondo, e in Italia, attraversa il settore. Da noi il turbinio di voci e indiscrezioni è incessante. Il risparmio gestito, non a caso sotto i riflettori del mercato (ieri Azimuti a chiuso a +4,45% e Fineco a +2,64%), è in prima fila.
L'erosione dei margini provocato dalla Mifid 2 porterà inevitabilmente ad una concentrazione dell' offerta: e quale migliore preda di Fineco diventata una public company dopo l' uscita di Unicredit? Se Alessandro Foti, fondatore dell' istituto vuole mantenere l' indipendenza è necessario che il titolo raggiunga una quotazione tale da rendere poco conveniente una scalata. Oppure diventare Fineco stessa protagonista del risiko.
banche commerciali Il discorso vale anche per le banche commerciali. Ubi (+2,1%) e Bpm (+0,28) sono ormai promessi sposi. Bper potrebbe finire abbracciata a Unipol.
Unicredit (+2,1%) cerca un destino all' estero. Bene anche Nexi (+0,52% a 9,75 euro) con gli specialisti di Citigroup che hanno alzato il prezzo obiettivo sul titolo da 10,8 a 11 euro, confermando la raccomandazione buy.
Il risiko allo sportello riguarda, ovviamente, anche i mercati internazionali. Uno studio di McKinsey citato dal quotidiano economico francese Les Echos spiega che addirittura un terzo delle banche mondiali è a rischio chiusura. Ad abbatterle è la redditività "particolarmente debole". In pericolo, secondo il report, sarebbero 354 banche, principalmente in Europa occidentale e Asia.
«A preoccupare, al di là delle poste in gioco industriali e strategiche, è il rallentamento della crescita che potrebbe portare alla fine del ciclo di espansione economica che dura ormai da dieci anni», spiega Sebastien Lacroix, senior partner di McKinsey, incaricato del settore finanziario. Secondo lo studio che ha esaminato 1.000 banche nel mondo, il 35% ha un redditività media di appena l' 1,6% sul patrimonio. Le prime della classe, 210 in tutto, arrivano a 10 volte tanto. Non solo, l' 80% degli istituti esaminati distrugge valore: cioè ha un redditività inferiore al costo medio dei mezzi propri.
RAZIONALIZZAZIONE
«Appena il 20% delle banche crea il 100% del valore aggiunto del settore», commenta Lacroix. Le banche dovrebbero quindi concentrarsi su quello che ciascuna di esse sa fare meglio e restare solo sui mercati dove sono fra i primi tre o quattro in classifica.
Su questo sfondo, la razionalizzazione è già stata avviata. Tra il 2008 e il 2018, nella Ue sono spariti 600.000 posti di lavoro.
Del resto, dal 2015 le banche della zona euro in particolare operano in un contesto dei tassi molto debole, se non negativo, che pesa sui ricavi. Gli istituti hanno reagito, soprattutto nell' Europa del Nord, concedendo tantissimo credito, ma la strategia diventerebbe impraticabile se la congiuntura cambiasse, perché con una crescita in panne l' attività diminuirebbe e i crediti non rimborsati aumenterebbero. E in questi mesi le nuvole si sono accumulate sull' economia globale, tanto che l' Fmi per la quarta volta ha ridotto le stime di crescita mondiale.