Estratto dell’articolo di Rosaria Amato e Giovanni Pons per www.repubblica.it
Stop dal 2 settembre ai bonifici in valuta estera in uscita dalla Russia. L’annuncio della filiale moscovita della banca austriaca Raiffeisen, motivato dall’esigenza di adeguamento «al regolamento della Banca Centrale Europea», non preoccupa solo i clienti dell’istituto bancario, ma tutte le imprese europee che operano in Russia, nonostante vengano previste eccezioni per «un numero limitato di clienti aziendali nel settore delle grandi imprese e delle attività internazionali».
L’obiettivo della Bce, annunciato a chiare lettere a maggio, è quello di spingere le banche europee ad accelerare i loro piani di ritiro dalla Russia. Ma non è un segreto che ci siano ancora molte imprese europee che vi operano e che non hanno chiuso i battenti né all’indomani della guerra, né in seguito. Operano in tutti i settori, dalla moda alla farmaceutica all’agroalimentare, e per loro il supporto bancario è indispensabile.
«Non è ancora chiaro cosa potrà succedere - afferma Vittorio Torrembini, presidente di Gim-Unimpresa, associazione di imprenditori italiani a Mosca – ma […] certamente questa è un’ulteriore barriera all’attività delle nostre aziende, sia al rientro in Italia dei prodotti fabbricati in Russia, sia per la fornitura di quanto serve per la produzione».
In Russia […] hanno ancora un’attività produttiva circa 80 aziende italiane medio-grandi, alle quali se ne aggiungono 150 con attività commerciali. […]
Le attività bancarie europee in Russia sono in contrazione da quando, nel 2022, è stata disposta l’uscita dal sistema Swift dei pagamenti internazionali. A spingere le banche ad accelerare l’uscita, spiega Zeno Poggi, presidente dell’associazione di ricerca e consulenza “A World of sanctions”, è anche «la preoccupazione di incorrere in sanzioni secondarie da parte degli Stati Uniti».
Tuttavia, al momento non sembra che altre banche europee, e in particolare quelle italiane, stiano seguendo la stessa strada dell’austriaca Raiffeisen, i cui profitti derivano per il 50% dalle attività in Russia e Bielorussia. Come è noto l’istituto italiano più esposto è Unicredit che però dal 2022 ha già diminuito del 90% la sua attività nel paese. Ma ciò non ha impedito a Unicredit di realizzare nel primo semestre dell’anno 329 milioni di utili.
Dopo le ultime lettere che la Bce ha spedito singolarmente a tutte le banche con filiali in Russia, con l’obbiettivo di ridurre i rischi anche reputazionali […], Unicredit il primo luglio scorso ha presentato un ricorso al Tribunale dell’Unione Europea per avere chiarimenti riguardo agli obblighi imposti dalla Bce. E il 26 luglio una parte del ricorso è stata stralciata in quanto è stato riconosciuto che alcuni punti erano già stati ottemperati. Rimane però pendente una seconda parte del ricorso, ma non si conosce quali siano gli argomenti in contestazione.