I SOCI DI MEDIOBANCA A SETTEMBRE 2023
MEDIOBANCA IL PROXY ISS SOSTIENE NAGEL
La Stampa - Si va verso il 28 ottobre e l'assemblea di Mediobanca, che vedrà la conta tra la lista del cda (che ricandida ad Alberto Nagel) e quella di Delfin, la finanziaria dei Del Vecchio che presenta 5 candidati di minoranza. Il primo, atteso, report dei proxy advisors (i consulenti che orientano i voti dei fondi) porta la firma di Iss e invita a sostenere la lista del cda. Questo «assicura che il board uscente elegga 12 consiglieri, tra cui quattro nuovi nomi, mentre Delfin, che ha lo status di investitore finanziario, indicherà due consiglieri».
L'ultimo posto andrebbe ad Assogestioni. La posizione di Iss «non è da intendersi a favore dello status quo». Richiamando le posizioni di Delfin, l'Iss dice che Mediobanca potrebbe «trarre beneficio da ulteriori miglioramenti della governance, anche tramite l'indicazione di un presidente indipendente». Intanto la decisione di Poste di non usare la propria quota in Mediobanca per il voto è oggetto di un'interrogazione Pd al ministro Giorgetti. F. Sp
DELFIN CHIEDE IL VOTO AL MERCATO. MILLERI RIVENDICA UN RUOLO NEL MIGLIORAMENTO DEI RISULTATI DELLA BANCA. MA NON HA MAI ESPRESSO CONSIGLIERI NEL CDA E LA REDDITIVITÀ ERA IN CRESCITA ANCHE DAGLI ESERCIZI PRECEDENTI
Andrea Deugeni per “Milano Finanza”
Francesco Saverio Vinci DG Mediobanca Alberto Nagel Ad e Renato Pagliaro Presidente di Mediobanca 0_pr
“Ecco perché dovete votarci”. E giù 16 pagine di presentazione agli investitori. Così Delfin, holding lussemburghese della famiglia Del Vecchio, si rivolge agli azionisti di Mediobanca, in particolare al 40% di investitori istituzionali che decideranno la partita del rinnovo del board, per chiedere il supporto alla propria lista in occasione dell'assemblea del 28 ottobre.
Lo fa attraverso una presentazione esposta sul proprio sito, come farebbe un fondo attivista, mentre la cassaforte presieduta da Francesco Milleri concorre soltanto per i posti riservati alle minoranze. E scrive e ripete: «Non siamo un socio attivista». Grazie al proprio 19,74%, a cui si sommerà molto probabilmente il 9,9% del costruttore romano Francesco Gaetano Caltagirone, la lista di Delfin potrebbe però risultare la più votata: se conquistasse la maggioranza dei voti assembleari, piazzerebbe tutti e cinque i candidati: in ordine di lista, i nomi proposti da Milleri sono Sandro Panizza, Sabrina Pucci, Cristina Scocchia, Massimo Lapucci e Jean-Luc Biamonti.
La holding si presenta come «un investitore orientato al lungo termine», con un «approccio non attivista». Ed è per questo che la richiesta di rappresentanza nel nuovo board viene intesa come «un rafforzamento dell'impegno di lungo periodo» della famiglia Del Vecchio nei confronti dell'istituto.
Delfin sottolinea come la lista di minoranza, frutto di un rigoroso processo di selezione, «non intende porsi in competizione con quella di maggioranza» del board uscente, che ricandida il ticket Alberto Nagel-Renato Pagliaro, ma punta a «introdurre nel consiglio il valore di un cambiamento costruttivo».
Quale? Innanzitutto «una composizione del cda che rifletta la struttura della proprietà di Mediobanca». «Riservando da statuto — spiega sempre il documento— solo il 20% dei posti in consiglio ai rappresentanti delle minoranze, Delfin può competere soltanto per due posti in un cda a 15, il 13% del totale», considerando che un consigliere andrà alla lista di Assogestioni, che sarà la meno votata.
«Molto di meno—attacca la holding lussemburghese — di quanto le altre blue chip italiane riservano ai consiglieri della lista di minoranza con più preferenze». Per evitare «un forte rischio di autoreferenzialità da parte del board uscente», Delfin spiega poi di aver provato a raggiungere un accordo con il management, chiedendo «un significativo turnover» nella futura lista del consiglio e «l'introduzione di un presidente indipendente».
FRANCESCO MILLERI LEONARDO DEL VECCHIO
Trattativa che però non ha avuto successo, perché - attacca nuovamente MilIeri - «il board uscente ha optato per un minimo cambiamento». «Contrariamente a quanto avviene nelle grandi banche italiane, il candidato presidente proposto (Pagliaro, ndr) non è indipendente» e la lista del consiglio «presenta solo quattro nomi nuovi nei primi 12», e solamente perché i consiglieri uscenti «avevano superato 11 limite statutario dei 75 annidi età».
Secondo Delfin, inoltre, grazie ai profili di indipendenza e alle competenze i cinque candidati proposti «contribuirebbero a migliorare la qualità del board e la sua dialettica interna ... supportando il management nell' implementazione del nuovo piano industriale» in un approccio collaborativo con gli altri consiglieri e senza creare «situazioni di conflittualità permanente».
Infine, coerentemente con la propria natura di investitore di lungo periodo, la cassaforte dei Del Vecchio ricorda come il suo obiettivo sia sempre stato quello di «lavorare a fianco dei vertici per far crescere profittabilità, sostenibilità e stabilità dei risultati», rivendicando un ruolo nel «significativo miglioramento dei risultati di Mediobanca, dalla fine del 2018», da quando cioè Delfin è entrata nel capitale con un iniziale 1%.
Un passaggio, quest'ultimo, non troppo chiaro visto che Delfin non ha mai espresso consiglieri nel cda e la redditività di Piazzetta Cuccia era in crescita anche prima. La battaglia si giocherà sul filo dei voti. Ieri intanto il proxy advisor Iss ha consigliato agli investitori istituzionali di votare per la lista del cda, sostenendo però che il supporto al vertice «non deve essere considerato in favore dello status quo».