Estratto dell’articolo di Alberto Simoni per “La Stampa”
L'Amministrazione Biden monitora la situazione di First Republic dopo che in due giorni la banca ha lasciato il 50% del suo valore a Wall Street e ora ha una capitalizzazione inferiore a un miliardo di dollari.
Martedì sera ci sono stati contatti serrati fra l'Amministrazione Usa e gli advisor dell'istituto di San Francisco. Ma i consiglieri si sono sentiti rispondere che Washington non vuole fare passi verso il salvataggio o approntare un progetto di risanamento. Almeno per ora.
Washington confida invece che siano le grandi banche americane a rompere gli indugi, mentre queste vorrebbero delle agevolazioni. La proposta degli advisor è stata definita «soluzione della convenienza»: ovvero le perdite realizzate con gli acquisiti di blocchi di First Republic a prezzi superiori al valore di mercato sarebbero comunque minori rispetto ai costi che le banche si troverebbero a pagare alla FDIC (l'autorità pubblica, ovvero Federal Deposit Insurance Corp) se la banca fallisse.
In marzo First Republic era riuscita a schivare il crollo grazie all'iniezione di liquidità da parte di 11 banche statunitensi intervenute con 30 miliardi a copertura dei depositi.
Il problema è che la soluzione si è rivelata temporanea poiché la diffusione – martedì – dei dati trimestrali ha svelato il deficitario stato di salute di una banca che il Wall Street Journal ha già definito sulla "rotta della morte".
First Republic ha infatti confermato che i depositanti hanno ritirato 173,5 miliardi di dollari il mese scorso generando una crisi di liquidità. La FDIC sta anche valutando […] una revisione al ribasso delle prospettive della First Republic e questo ne limiterebbe ulteriormente l'accesso agli strumenti di finanziamento della Fed.
Da qui la necessità di valutare diverse opzioni, fra cui anche la vendita delle attività per una cifra compresa fra i 50 e i 100 miliardi di dollari, oppure la formazione di una "bad bank" dove convogliare gli asset tossici. […]