1 - DAGONOTA
Che sta succedendo in Tim? Dietro alle dimissioni del consigliere di amministrazione in quota Vivendi, Frank Cadoret, c’è la volontà dei francesi di forzare la mano, per arrivare a un totale azzeramento del cda, dove sono presenti ancora i rappresentanti in quota Elliott (come l’indipendente Paola Bonomo), nonostante il fondo si sia disimpegnato ormai nel lontano aprile 2020.
Non a caso, non si è trovato neanche l’accordo per la sostituzione del consigliere Luca De Meo, dimessosi il 29 settembre scorso per “impegni professionali”.
Salvatore Rossi, abbarbicatissimo alla poltrona, vuole restare a tutti i costi presidente di Tim, mentre Bolloré, previo consenso di CDP, ha in mente il nome di Massimo Sarmi, che infatti Vivendi aveva caldeggiato proprio per prendere il posto di De Meo, nell’ultimo consiglio del 9 novembre.
L’altro socio forte dell’ex Telecom (10%), CDP (cui spetta per consuetudine la nomina del presidente) non avrebbe obiezioni sul nome di Sarmi, attualmente presidente dell’Asstel. Ma prima vuole chiarimenti sul futuro dell’azienda.
A partire dagli equilibri interni al consiglio d’amministrazione.
Il Ceo di Vivendi, Arnaud De Puyfontaine, potrebbe inoltre decidere di dare un’altra spallata all’attuale consiglio, rassegnando le dimissioni. L‘obiettivo del braccio ambidestro di Bolloré è arrivare a una governance che rispecchi più fedelmente l’azionariato.
La perplessità di CDP è legata ad altre due questioni: la rete unica e il rapporto che lega Vivendi all’amministratore delegato di Tim, Pietro Labriola, che viene convocato una volta al mese a Parigi per “fare rapporto”. Per la Cassa, questo comportamento lascia immaginare un Ad “sotto tutela”. C'è poi il fatto che da appena due settimane è sbarcato a Palazzo Chigi un nuovo governo e il ministro del Mef, il semolino Giorgetti, si balocca tra Meloni e Salvini e non decide ancora niente sul fronte Tim, a partire dalla Rete Unica per finire con i rilievi dei Servizi Segreti sull'obsolescenza e la vulnerabilità della struttura dell'azienda telefonica.
Da parte sua, anche la Meloni traccheggia: da una parte non vuole buttare a mare l’esperienza Draghi, dall'altra i suoi colonnelli spingono per uno spoils system più aggressivo.
2 - IL CDA TELECOM PERDE PEZZI SARMI IN PISTA
Sara Bennewitz per “la Repubblica”
Non c'è pace dentro Tim. Sale la tensione all'interno di un cda che presto sarà chiamato a prendere decisioni importanti per il futuro dell'azienda, a cominciare dalla sua infrastruttura di rete.
Dopo il consigliere Luca De Meo, dimessosi il 29 settembre per «impegni professionali», ieri è arrivata un'altra defezione illustre: si tratta di Frank Cadoret, manager francese espressione del socio Vivendi, quindi senza i requisiti di indipendenza, e amministratore di Tim dal giugno 2019, rieletto nella primavera 2021 nella lista del management.
Cadoret non ha avuto bisogno di trovare scuse per giustificare la sua uscita dal cda: sono mesi che Vivendi punta il dito sulla governance, sul conflitto d'interessi del presidente di Cdp Giovanni Gorno Tempini e sul ruolo del presidente del gruppo Salvatore Rossi. Il consiglio di Tim scende così a 13 membri, di cui 9 indipendenti. Nell'ultimo consiglio del 9 novembre si era scelto di rinviare ancora la sostituzione di De Meo, per cui Vivendi caldeggiava la nomina del presidente dell'Asstel Massimo Sarmi. E chissà che ora che vanno trovati due sostituti non riesca a farcela.
3 - TIM, IL CDA PERDE I PEZZI SE NE VA ANCHE CADORET DA FITCH SCURE SUL RATING
Francesco Spini per “La Stampa”
Fuori due. Anche Frank Cadoret si dimette dal consiglio di amministrazione di Tim. È il secondo addio in poche settimane. A fine settembre era stato Luca de Meo a lasciare libero il suo seggio in Corso d'Italia, per concentrarsi sul gruppo Renault di cui è ad. L'uscita di Cadoret, però, fa ancora più rumore, perché in consiglio era uno dei due rappresentanti (l'altro è Arnaud de Puyfontaine) di Vivendi, il gruppo francese primo azionista di Tim con il 23,75%.
Nessuna spiegazione è stata fornita sul motivo della decisione. Nella nota del gruppo si riporta il ringraziamento del presidente Salvatore Rossi, anche a nome del consiglio, al manager francese «per il contributo fornito in questi anni alla società».
E nulla più. L'uscita di Cadoret avviene tre anni dopo il suo ingresso nel cda di Tim dove aveva preso il posto dell'ex ad Amos Genish, tornato in Brasile. E giunge a stretto giro da un cambio della guardia anche a Parigi, dove Cadoret a fine ottobre ha lasciato il ruolo di numero uno per la Francia di Canal+, la pay tv del gruppo Vivendi che è stata oggetto di un rinnovamento manageriale.
Di qui anche l'addio alla partecipata italiana di Vincent Bolloré. Un passo indietro, però, che può assumere anche connotati per così dire "politici", rendendo ancor più evidente l'insoddisfazione dei francesi - espressa per lettera e in cda - per la governance di Tim.
In particolare nel mirino Parigi ha da tempo messo il presidente Rossi, senza aver finora trovato sufficienti sponde. Nel cahier de doléances di Vivendi sono finiti ad esempio il presunto conflitto di interessi di Cdp (tra Tim e Open Fiber) con cui duella sul valore della rete, il no opposto proprio a Cadoret a subentrare a de Meo nel comitato nomine, il recente cda convocato nonostante l'assenza dei francesi.
E da ultimo non si è nemmeno trovato l'accordo su chi dovrà sostituire de Meo in cda. Ecco: ora i seggi vacanti diventano due. E se già da Parigi cercavano una sorta di prelazione sulla prima cooptazione, per sostituire Cadoret - anch' egli nominato nella lista stilata dal passato cda - punteranno a un proprio esponente. È pure possibile che i francesi tornino alla carica sul nome di Massimo Sarmi, loro candidato ideale per la presidenza. Nulla però è scontato.
DARIO SCANNAPIECO GIOVANNI GORNO TEMPINI
La situazione aggiunge confusione al caos. I venti di Opa delle scorse settimane sono diventati bonaccia dopo i dubbi e i paletti opposti - non senza malumori nel governo - dalla Cdp.
E ancora non è chiaro se entro la fine del mese arriverà l'offerta di Cassa a Tim per la rete unica con Open Fiber. L'ad Pietro Labriola la considera la via maestra. «Mi piacerebbe poter chiamare Telecom Italia la nostra Netco», dice parlando a mille manager del gruppo. Il piano di separazione sta andando avanti, ma, precisa, «per tutto il 2023 vi assicuro che Tim sarà ancora un'azienda unica».
Col nuovo piano Labriola medita di alzare di nuovo le stime. Ma pesa il macigno del debito, illuminato dai fari di Fitch che ha abbassato il rating di Tim da BB a BB- con prospettive «negative».
Il giudizio riflette «l'assenza di una riduzione dell'indebitamento nel 2022». Se non ci sarà Opa e l'offerta sulla rete non dovesse andare a buca, la questione del debito rischia di divenire prioritaria. Si aprirà la strada delle cessioni? Mentre il titolo soffre in Borsa (ieri -2,75% a 22,66 centesimi) e nell'attesa che il governo, una volta distribuite le deleghe, prenda l'iniziativa sulla rete, al lavoro ci sarebbero i fondi. E Kkr sarebbe in prima fila nello studiare soluzioni che possano trovare anche il favore dei francesi, con cui starebbe cercando di aprire un canale di dialogo, anche se la cosa non trova riscontri ufficiali.
4 - FITCH BACCHETTA TIM: «TROPPI DEBITI»
Marcello Astorri per “il Giornale”
Mentre la scure di Fitch si abbatte sul rating di Tim, un componente del cda si dimette senza dare spiegazioni. L'agenzia di rating internazionale, infatti, ieri ha rivisto il suo giudizio sull'azienda di telecomunicazioni italiana abbassandolo dal livello BB outlook negative a BB-, sempre con outlook negativo. Nello stesso giorno, sono arrivate le dimissioni di Frank Cadoret, uno dei due rappresentanti in cda di Vivendi, che nelle scorse settimane aveva lasciato anche l'incarico in Canal+.
Tornando però al downgrade, per l'agenzia «riflette l'assenza di una sufficiente riduzione del debito nel 2022. Fitch si aspetta che la leva finanziaria netta di Tim salirà oltre le 4,5 volte dal 2023, una soglia per mantenere un rating BB».
Insomma, Tim anche a causa del peggioramento del contesto macroeconomico potrebbe non rispettare il piano di crescita e non ridurre il debito (già oltre i 20 miliardi di euro). Fitch non ha chiuso la porta a un ulteriore downgrade a B+ (giudizio riservato a emittenti con un significativo rischio di credito) a causa dei «bassi rapporti di liquidità» in un «momento di forte concorrenza di mercato, con l'aumento dell'inflazione e tassi di interesse elevati».
Il titolo Tim sulla notizia ha virato al ribasso in Borsa, poi riducendo le perdite a un -2,75% a 0,22 centesimi per azione.
Il taglio di Fitch arriva dopo un rosso per Tim di 2,7 miliardi nei primi nove mesi dell'anno, dopo una severa pulizia di bilancio. Ma anche in un momento delicato per l'azienda, alle prese con il progetto rete unica, in attesa di un'offerta di Open Fiber che sotto la regia di Cassa depositi e prestiti dovrebbe, sulla carta, arrivare entro il 30 novembre. Sullo sfondo, però, c'è il progetto Minerva spinto dal governo, che ha sempre la finalità di fondere la rete con quella di Open Fiber e metterla in mano pubblica ma con un iter diverso che potrebbe passare anche da un'Opa di Cdp su Tim.
Nel frattempo ieri l'amministratore delegato del gruppo, Pietro Labriola, ha parlato davanti a oltre mille manager del gruppo, alla presenza del presidente, Salvatore Rossi. «Per tutto il 2023 vi assicuro che Tim sarà un'azienda unica», ha detto, rivelando l'intenzione di chiamare la NetCo, ossia la società che avrà in pancia l'infrastruttura di rete, Telecom Italia. L'ad non è stato scalfito da Fitch: «Gli indicatori di performance stanno migliorando trimestre dopo trimestre», ha sottolineato.
«Non dobbiamo guardare a quello che si dice all'esterno, le uniche nostre parole sono i risultati». Il manager ha aggiunto che Tim «sta rispettando gli obiettivi» per il 2022 e ritiene possibile un rialzo della guidance per il 2023.
bollore de puyfontaine assemblea vivendi
Tim ha ribadito è «un'azienda industrialmente sana», che sta lavorando «per risolvere definitivamente un problema che si chiama debito» e che avrebbe di fronte «enormi opportunità» da cogliere.