Fabio Savelli per www.corriere.it
aeroporto linate – coronavirus
Lo sforzo di riqualificazione
Immaginare ora il futuro del trasporto aereo è esercizio da saltimbanchi: concepire una lunga convivenza forzata col virus presuppone uno sforzo titanico di riconversione non solo dei velivoli — con la vendita di posti alternati, uso di dispositivi e ambienti sanificati continuamente — ma soprattutto degli aeroporti che dovranno limitare o azzerare gli assembramenti al check, ai controlli di polizia, agli imbarchi, negli spostamenti all’interno dei terminal. A supportare lo sforzo di assestamento ci sarà per forza di cose una rimodulazione della domanda che è già crollata ma ripartirà molto lentamente in funzione della lievissima domanda business che si farà viva quando l’effetto pandemico comincerà a ridursi e con esso le misure di lockdown nei vari Paesi. Però conviene fare un esercizio di scuola cimentandosi con Giulio de Carli, Managing Partner della società di architettura OneWorks, tra le firme più prestigiose dell’Italia all’estero.
Riavviamo il trasporto aereo
Dice de Carli che la fase 2 deve essere per forza «accompagnata da un ripristino graduale dei flussi: far ripartire i materiali, i pezzi per la produzione provenienti da ogni parte del mondo, allargare gli approvvigionamenti di materiale medicale. Per ricominciare a lavorare bisogna poter salire sugli aerei. Esistono relazioni commerciali, relazioni negoziali con il cliente, gare: tutto ha bisogno di contatti in sito. Se lo smart working potenzia l’attività, non è sostitutivo delle relazioni personali. E’ urgente studiare e decidere adesso come muoversi, per sfruttare giorni di preziosa valutazione e per capire cosa accadrà poi, nella fase 3. Tornare a volare è urgente non solo per il lavoro: ci sono parti del nostro Paese dove l’unica economia è il turismo e almeno quello domestico deve poter riprendere, seppure gradualmente e con tutte le necessarie misure, prima possibile. Se organizzato a dovere, il trasporto aereo potrà svolgere un ruolo di primaria importanza per la ripresa. Stessa rilevanza rispetto alla ripresa dei flussi, ha la risposta al bisogno di ricongiungimento familiare fra nord, sud e isole».
Riorganizzare gli spazi
I gestori aeroportuali oggi stanno iniziando a pensare a come organizzare lo spazio nei terminal e nelle aree più prossime, dove si incrociano flussi di traffico per entrare e uscire negli aeroporti. «In One Works — dice de Carli — stiamo lavorando con simulazioni dinamiche basate sul distanziamento di almeno 1m negli accodamenti, analizzando gli impatti di nuovi colli di bottiglia sui processi operativi che si produrranno a causa di nuovi controlli di documenti sanitari, misurazione della temperatura e altro ancora. Sarà necessario organizzare i controlli in maniera completamente diversa, per contenere più possibile i tempi cruciali per imbarco e sbarco dei passeggeri, proteggere gli addetti».
Recuperiamo le lowcost
La nazionalizzazione delle compagnie aeree è ormai sdoganata da tutti i governi e su tutti i mercati ma può aver senso con compagnie di bandiera come Lufthansa, Air France, Alitalia. Ma cosa succederà alle compagnie low cost? La risposta non è ancora chiara, eppure la maggior parte della gente viaggia con le low cost. «E’ vitale, e possibile, trovare soluzioni per recuperare quella parte del mercato — denuncia de Carli —.Non farlo significherebbe generare impatti fortissimi sull’economia ma anche su istruzione e cultura, sui nostri giovani che non potranno più partecipare ai progetti Erasmus o viaggiare in nord Europa, in Tunisia, in Marocco». Ryanair ha un business model basato sui 25-35 minuti di turnaround di ogni macchina che significa fare da quattro a sei cicli per giorno. Domani, con le nuove restrizioni, non sarà possibile tenere la macchina a terra soltanto per 25 minuti. «Ora tocca all’infrastruttura di terra, cioè anche agli aeroporti, lavorare con la tecnologia e con soluzioni per l’organizzazione degli spazi che consentano a tutto il traffico di riprendere», dice de Carli.
Le separazioni nei flussi dei passeggeri
Fino ad ora siamo stati abituati a occuparci degli spazi in modo organico, senza discontinuità, rispetto a un percorso che ha visto ampliarsi gradualmente le aree di servizio al passeggero o le aree di commercio, fondamentali per gli introiti dell’aeroporto. «Dovremo invece pensare nell’ottica di una crescita inorganica, una disruption che dovrà far pensare che la capacità di certi spazi dovrà essere aumentata anche a prescindere dal business aeroportuale. Ci ritroveremo a riconsiderare quindi il potenziamento di aree Land Side dell’aeroporto, servirà un maggior filtro di ingresso ai passeggeri per poter assicurare a chi lavora all’interno del terminal maggiore sicurezza — rileva de Carli — e per poter lasciare i flussi attraverso gli accodamenti e gli imbarchi già esistenti per le procedure di controllo e identificazione, tracciamento del passeggero all’interno del terminal, la suddivisione tra diverse destinazioni. Si è già parlato di sospensioni anche solo temporanee e emergenziali di Schengen, ma c’è il rischio che le separazioni di flusso dei passeggeri internazionali diventi ancora più complicato».
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Entra in aeroporto solo chi può volare
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I punti di selezione e di accesso potrebbero essere portato sui parcheggi in modo da far entrare in aeroporto non solo chi deve volare ma anche chi può volare, cioè chi ha fatto uno screening a monte. Saranno necessari termoscanner per la rilevazione delle temperature in tutti gli scali e anche ai varchi per il controllo di polizia. Tutto ciò andrà di pari passo con l’implementazione delle tecnologie. Partiremo da test che hanno già avuto successo e hanno consentito applicazione in questi ultimi anni o mesi, come il riconoscimento facciale all’aeroporto di Milano Linate, sperimentato qualche settimana fa con accessi all’area sperimentale; come avviene già anche ad Abu Dhabi e a Dubai, dove metà dei passaporti sono stati sostituiti dagli accessi facilitati dal controllo biometrico.
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