Francesco Spini per “la Stampa”
La questione dell'Opa su Tim per la rete diventa un caso in Borsa. Nel corso di un convegno a Roma, parla il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega all'Innovazione tecnologica, Alessio Butti, e bolla come «fantasia» quella di parlare della possibilità di un'offerta pubblica di acquisto su tutta Tim.
Gli chiedono della possibilità di un'Opa parziale e l'esponente di Fratelli d'Italia resta sul vago, dicendo che «gli strumenti saranno individuati». Ma, incalza, «quando leggo Opa totalitaria, dico che nessuno ne ha mai parlato». Sono parole pronunciate a Borsa aperta e le agenzia di stampa che le riportano rimbalzano in tempo reale nelle sale operative.
GIANCARLO GIORGETTI E GIORGIA MELONI
La reazione non si fa attendere: il titolo comincia a sbandare, arriva a crollare dell'8% prima di essere sospeso in asta per poi rientrare in contrattazione e chiudere con uno scivolone del 5,24% a 20,62 centesimi.
In serata è lo stesso Butti a riavvolgere il nastro e a tornare sulle sue parole: «Mi rendo conto - afferma in una nota - che il tema è scottante e che si possa fare confusione, così come immagino possano esserci speculazioni o manipolazioni per un argomento che tocca delicati interessi economici e finanziari».
Il sottosegretario, a proposito di Opa totalitaria, afferma di aver precisato durante il convegno che, a proposito di Opa totalitaria, «parlarne ora è pura fantasia e che, se quello fosse il caso, gli strumenti e le modalità saranno individuati a tempo debito dai soggetti in campo». Insomma, l'Opa su tutta Tim per ora non è all'orizzonte, sul futuro però nessun impegno. Di chiaro ci sono le intenzioni di arrivare a una «rete nazionale, a controllo pubblico e wholesale only», ribadisce. In pista ci sono diverse opzioni che coinvolgono tutte un socio pubblico, non necessariamente Cdp.
L'Opa parziale è una possibilità: permette di arrivare al 60% di Tim ma richiede il via libera degli azionisti esclusi i promotori dell'offerta (che non possono aver acquistato più dell'1% nei 12 mesi precedenti) e il socio di maggioranza relativa, in questo caso Vivendi. L'altra strada è lo spin-off della rete e la scissione proporzionale del titolo, tra società dedicata all'infrastruttura e quella dei servizi, per poi fare salire, con scambi azionari, il socio pubblico almeno al 30% della rete. Società, questa, che potrebbe caricarsi più debito nella suddivisione, in una manovra facilitata dal fatto che il debito di Tim è sprovvisto di condizioni o covenant.
Per il momento però siamo ancora alla certificazione della morte della rete unica per come l'abbiamo conosciuta. Cdp Equity, Macquarie e Open Fiber con una nota archiviano il progetto e «manifestano sin d'ora piena disponibilità a partecipare» al tavolo di lavoro del governo. Lo stesso fa il cda di Tim che, al termine della riunione, esprime apertura «al confronto nelle sedi istituzionali».
Quanto alla società, essa procederà con il suo piano nel «valutare tutte le opzioni strategiche, che consentano di perseguire al meglio gli obiettivi del superamento dell'integrazione verticale e della riduzione dell'indebitamento». Insomma: continuerà a soppesare le alternative. Dei due consiglieri dimissionari, il cda ha sostituito Luca de Meo con Giulio Gallazzi (che siede anche nel cda di Mfe), mentre il comitato nomine ha avviato l'istruttoria per sostituire Frank Cadoret, espressione di Vivendi. In pole c'è Massimo Sarmi.
PIETRO LABRIOLA ALESSIO BUTTI ALESSIO BUTTI GIORGIA MELONI