Alessandra Rizzo per la Stampa
Nel suo primo discorso ai vertici dell' industria britannica, Theresa May ha promesso di abbassare la «corporate tax» al livello più basso del G-20. E, venendo incontro alle preoccupazioni degli imprenditori sulla Brexit, ha lasciato intendere che potrebbe esserci un accordo di transizione con Bruxelles per evitare il rischio di un «salto nel vuoto».
È stato un discorso tutto improntato a ricucire rapporti con una business community britannica preoccupata dall' incertezza causata dal voto del 23 giugno. Un tentativo di rassicurare gli industriali e fare sfoggio d' ottimismo sulle possibilità di attrarre investimenti durante e dopo le procedure di divorzio dall' Unione europea. «Vogliamo raggiungere l' accordo che funzioni meglio per il Regno Unito e per gli affari nel Regno Unito», ha detto la premier nel suo intervento alla conferenza annuale della Cbi («Confederation of British Industry», la Confindustria britannica).
THERESA MAY E L INCHINO ALLA REGINA ELISABETTA
Anche la promessa di abbassare la corporate tax va in questo senso. May l' ha inserita nel quadro di una strategia industriale che prevede sostegno alle imprese che fanno innovazione. «Il mio scopo non è soltanto quello di fare del Regno Unito il Paese con il più basso corporate tax all' interno del G-20, ma anche di essere fortemente a favore dell' innovazione», ha spiegato. È già previsto che l' imposta sui redditi d' impresa scenda dal 20% al 17% entro il 2020, secondo quanto deciso dal precedente governo di David Cameron.
Se May vuole mantenere la parola data dovrà scendere al di sotto di quel 15% ipotizzato da Trump. (Downing Street ha fatto tra l' altro sapere che il neo presidente americano, che per May rappresenta un' opportunità per accordi commerciali post-Brexit, potrebbe arrivare per una visita di Stato, con tanto di invito della Regina a Buckingham Palace, dopo l' insediamento il 20 gennaio). La premier ha anche promesso due miliardi di sterline di fondi pubblici per ricerca e sviluppo, e archiviato la proposta di un coinvolgimento dei lavoratori nei consigli di amministrazione delle aziende.
Mossa quest' ultima che ha fatto infuriare i sindacati. Le sue parole sono apparse una risposta diretta alle preoccupazioni degli industriali, che per bocca del loro presidente Paul Drechsler avevano detto di preferire, tra «hard Brexit» e «soft Brexit», una «smooth Brexit», cioè una transizione ordinata. Il discorso è stato apprezzato dai vertici del gruppo, ma alcuni imprenditori hanno espresso cautela, anche in virtù dell' assenza di dettagli. «È troppo presto per sapere se ci si può fidare o no», ha detto Simon Lowe di Grant Thornton al «Financial Times».
Meno ottimista di May è il suo cancelliere Philip Hammond, che domani presenterà l'«Autumn Statement», cioè la manovra d' autunno, e che molti nel governo vedono come guastafeste. Hammond pianifica una stretta della spesa e dovrebbe quantificare le previsioni sui buchi di bilancio che la Brexit potrebbe causare. Secondo il quotidiano della City, potrebbero ammontare fino a 100 miliardi di sterline (117 miliardi di euro) nei prossimi anni.