DAGOREPORT
No, Caltariccone non ci pensa proprio ad ammainare la bandiera bianca. Pur avendo ricevuto dalla perfida Milano due porte in faccia al suo baldo tentativo di conquistare in duplex con Del Vecchio, prima Generali e poi Mediobanca, l’’imprenditore ed editore del “Messaggero” non demorde.
Anzi, da siciliano vero, quando gli è toccato di leggere sulle pagine del Sole 24 Ore una velenosissima intervista di Furbizio Palenzona, ha preso il fucile a canne mozze. E' succersso che, in qualità di presidente della Fondazione CRT (con tentacoli multi-tasking che vanno da Unicredit a Generali, da Benetton a Gavio, da Mediobanca a Prelios, dagli aeroporti agli autotrasporti, eccetera), l'inarrestabile e inaffondabile Palenzona ha annunciato il trasloco sulla sponda di Orcel, Nagel e Donnet, mollando al suo destino solitario l'imbelle Calta.
Essì, la ruota gira e anche il suo compagno di disavventure nelle operazioni Generali e Mediobanca, Francesco Milleri, il manager al comando dell’impero Delfin, ultimamente si è avvicinato a Nagel. Anche perché le acque tra gli otto eredi di Leonardo Del Vecchio sono agitatissime, smaniosi come sono di trasformare i titoli in cash.
A questo punto, a Caltagirone, rimasto col cerino in mano, non è rimasto altro che attaccarsi alla giacchetta del sotto-meloniano Fazzolari. Sì, proprio quel genio della finanza che ideò la famosa tassa sugli extra-profitti delle banche che, come abbiamo visto, è finita in zero entrate, fra sberleffi e ghigni del mondo bancario milanese.
Insieme, i neuroni di Fazzo e Calta hanno ideato e portato all’approvazione del Senato (manca ancora il voto della Camera) il famigerato Decreto Capitali, detestato da gran parte delle grande società e in barba ai 3 articoli critici del Financial Times e ai tuoni e fulmini dei proxy advisor, le determinanti società che consigliano i fondi internazionali e domestici su chi votare nei Cda. (Comunque vada, sarà un insuccesso: in Italia, fatta la legge, prima o poi si trova l’inganno).
Passano i giorni finché ieri sulle pagine del “Messaggero” è suonata l’ora della vendetta, tremenda vendetta del costruttore e finanziere siculo-romano consumata sull’impasse della vendita per 1,3 miliardi di Prelios, la società di gestione e servizi immobiliari presieduta da Palenzona, al gruppo Ion dell’imperscrutabile finanziere Andrea Pignataro.
Per ragioni rimaste impenetrabili, Palazzo Chigi ha bloccato l'acquisizione attivando la Golden Power sul più importante affare del 2023 in Italia nei servizi finanziari, malgrado che il Pignataro dei misteri abbia già acquisito nel 2021 due società che hanno in pancia dati sensibili anziché crediti incagliati: Cedacri S.p.A., principale società italiana nei servizi di outsourcing per il settore bancario, e Cerved Group S.p.A., azienda che eroga servizi di credit information e credit management.
E l’articolo del ‘’Messaggero’’, che potete leggere qui di seguito, è arrivato in edicola ieri, nello stesso giorno dell’audizione di Prelios presso il comitato Golden Power, a Palazzo Chigi. Risutato: per poter intascare 1,3 miliardi, Palenzona dovrà portare pazienza: ci sarà un supplemento di intelligence sulla misteriosa galassia finanziaria internazionale montata come una mayonese nel giro di 15 anni dall’ambiziosissimo Andrea Pignataro.
1 - IL CONTROLLO DI PIGNATARO SUI DATI SENSIBILI ITALIANI
Rosario Dimito per “il Messaggero” - ESTRATTO
Da alcuni giorni è tornato all'attenzione delle banche Andrea Pignataro, rampante uomo d'affari bolognese, residente in Svizzera, riservato fino ad essere misterioso, con il pallino di società che custodiscono dati sensibili (ne ha acquisite 33 in 15 anni).
Il Dipartimento del Golden Power di Palazzo Chigi gli avrebbe concesso l'autorizzazione all'acquisizione della maggioranza di Prelios, gruppo attivo nei servizi immobiliari specialistici, che gestisce anche crediti deteriorati; ma non avrebbe autorizzato la fusione fra X3 Finance Holding Ltd, società da lui costituita e indebitata per 640 milioni con sei istituti per acquisire la stessa Prelios.
Si tratta della fusione che si fa sempre in queste acquisizioni: serve a trasferire il debito acceso con le banche sulla società che viene acquistata e che sarà poi in grado di ripagarlo perchè produce ebitda (margini).
E pertanto le banche sono ancora in attesa di trasferire il pegno a garanzia del credito da una società-veicolo vuota alla società target che ha un conto economico (e i soldi). E oltre all'ultimo via libera dell'organo vigilante sugli assetti di imprese strategiche, manca anche l'ok di Bankitalia, in quanto Prelios possiede una sgr.
Ma la nuova mossa di Pignataro, capo di Ion Group, conglomerata di intelligence finanziaria con una moltitudine di controllate all'estero, che qualcuno ironicamente ha definito una Bloomberg italiana perchè ha in portafoglio società che gestiscono dati sensibili di privati e imprese, suscita anche per questo una certa diffidenza.
Il gruppo Ion pare abbia un enterprise value di 45 miliardi e ebitda di 2 miliardi. Ma è il livello di indebitamento che crea preoccupazione: 16 miliardi di dollari concentrati in 10 società estere, secondo le ricostruzioni aggiornate che girano fra gli istituti. Da un anno sta tentando di acquisire Prelios che gestisce crediti difficili da rimborsare più Utp (gli ex incagli) che sono inadempienze probabili. Di fatto, è una cassaforte degli andamenti di imprese che spaziano da quelle che non se la passano al meglio fino alle aziende che sono a un passo dal default.
L'eventuale acquisto di Prelios si andrebbe ad aggiungere alle partecipazioni in altre due società custodi dei dati sensibili, senza considerare le partecipazioni di minoranza detenute in Cassa di Volterra (32%), Mps (2%), Illimity (9,6%). Una di queste è Cerved, storica società che ha sempre fatto valutazioni del merito di credito delle imprese: ha i bilanci che elabora sulla base di analisi della situazione economica e patrimoniale.
LA STRUTTURA DI ION - ANDREA PIGNATARO
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