Tommaso Fregatti per “la Stampa”
Si aggravano le accuse per il crollo del ponte Morandi. La Procura ora ipotizza, nell'inchiesta sul collasso del viadotto che il 14 agosto 2018 ha provocato la morte di 43 persone, anche il reato di «crollo di costruzioni o altri disastri dolosi». È e non più la variante colposa del reato. Le nuove accuse sono state messe nero su bianco nell'ordinanza con cui i giudici del Riesame (presidenti Massimo Cusatti e Marina Orsini) hanno riconosciuto i gravi indizi di colpevolezza ai danni degli ex manager di Aspi Michele Donferri Mitelli e Paolo Berti arrestati a inizio novembre insieme all'ex Giovanni Castellucci per lo scandalo delle barriere fonoassorbenti pericolose.
Il salto di qualità nell'inchiesta - che nelle prossime ore attende la perizia sul secondo incidente probatorio che dovrà dire perché alla vigilia di Ferragosto di due anni fa il viadotto è crollato - arriva, secondo quanto si apprende da fonti investigative, sulla base dello sviluppo delle indagini che ha portato a scoprire come gli ex vertici di Autostrade abbiano voluto risparmiare sulla manutenzione della rete per accrescere gli utili del gruppo Atlantia, abbiano falsificato atti per nascondere i mancati interventi di restyling e fossero consapevoli di una situazione di pericolo che oltre ai ponti interessa un po' tutte le infrastrutture: gallerie, viadotti e barriere.
«Questa contestazione - spiegano dalla Procura - non significa che hanno volutamente fatto crollare il viadotto ma che hanno messo insieme una serie di comportamenti dolosi come la mancata manutenzione o la realizzazione di falsi verbali, tali da portare al crollo dello stesso». E il reato doloso, rispetto a quello colposo, ha pene molto più severe. «Si rischia un massimo di dodici anni contro i cinque del reato colposo», viene precisato. Tecnicamente la contestazione di crollo doloso va di pari passo con la formalizzazione dell'accusa di volontà cosciente che riguarda un altro reato che viene contestato. E cioè l'attentato alla sicurezza dei trasporti.
Reato che il procuratore aggiunto Paolo D'Ovidio e il sostituto Massimo Terrile contestano ai 71 indagati, insieme al crollo doloso. «Ovviamente le formalizzazioni della Procura potrebbero essere poi cambiate dai giudici in sede di processo», viene spiegato. Per contestare il crollo doloso serve un fatto diretto. E per i pm quel fatto è la mancata manutenzione e gli atti falsi.
La scorsa settimana sempre dall'analisi delle carte del tribunale del Riesame era emerso come la Procura contestasse anche il reato di falso. Anche questa nuova imputazione - così come il crollo doloso - è stata messa nera su bianco dei giudici nello spiegare perché le intercettazioni telefoniche effettuate proprio nell'indagine per il viadotto crollato siano rilevanti anche per le barriere. Gli ex vertici di Autostrade secondo l'accusa avevano messo in atto falsi rapporti per nascondere «l'assenza di reali ispezioni» e per «nascondere la sottovalutazione dei reali vizi accertabili».