Sara Bennewitz per ''la Repubblica''
Ipotesi Massimo Tononi per la presidenza di Telecom Italia.
L' attuale presidente della Cassa depositi sarebbe stato contattato pochi giorni fa dall' ad del gruppo telefonico, Luigi Gubitosi, che gli avrebbe proposto di succedere a Fulvio Conti, rappresentante del fondo Elliott dimessosi giovedì scorso. Il capoazienda, a quanto risulta, sarebbe latore di una proposta che può far convergere i due antagonisti privati di Tim, Vivendi con il 23,9% e il fondo attivista Usa con il 9,8%. L' indiscrezione non ha trovato reazioni ufficiali.
Ed è probabile che viaggi sottotraccia, in del comitato nomine di Tim che in settimana, deve avviare l' iter di una successione prevista per il 21 ottobre. Fino ad allora si cercherà di rafforzare la candidatura a livello "politico": anche perché il terzo incomodo è proprio la Cassa depositi, con il 9,9%. La quota, rilevata sul mercato dall' aprile 2018, aveva una chiara natura di difesa strategica della rete nazionale (anche in chiave antifrancese); e ha reso possibile, con il sostegno nell' assemblea primaverile, il "ribaltone" alla conta di voti con cui Elliott ha insediato il suo cda, scalzando quello dei soci di Parigi.
MASSIMO TONONI FABRIZIO PALERMO
Tra l' altro se il manager di Cdp approdasse in Telecom libererebbe la poltrona ai vertici dell' istituto di promozione nazionale: poltrona che lo statuto Cdp assegna alle Fondazioni bancarie, azioniste di minoranza al 16%. I giochi devono ancora iniziare: ma pare che dietro le quinte si studi un domino di lusso, con Francesco Profumo (presidente della Compagnia di San Paolo e dell' Acri) verso la Cdp, e il presidente dell' ente Caritorino Giovanni Quaglia al suo posto in Acri. In queste ore, a Roma, l' affondo segreto su Tononi sta provocando qualche malumore, negli ambienti della maggioranza giallorossa e del governo.
Ai piani alti dell' asse politico tra M5s e Pd nato in agosto, infatti, si spera che l' uscita di Conti possa produrre una presidenza in cui il Tesoro, tramite la Cdp azionista, abbia maggior voce in capitolo. Malgrado Tononi presieda da 14 mesi proprio la Cassa, e malgrado la sua passata militanza nel centrosinistra (dal 2006 al 2008 fu anche sottosegretario al Tesoro nel governo Prodi bis), la candidatura al momento è vista come "privata", poiché frutto dell' iniziativa di Elliott e Vivendi.
Non risulta che per ora ne siano informati i due partiti della maggioranza, né i vertici di via XX Settembre, tra l' altro affaccendati con i numeri della prossima manovra. Il contropiede di Gubitosi, insomma, dovrà trovare anche il consenso del terzo azionista pubblico di Tim, che per ora ha un po' il ruolo di convitato di pietra, ma resta determinante. Conoscendo la storia del candidato Tononi, già presidente di Prysmian e del Monte dei Paschi nazionalizzato, appare difficile pensare che accetti un ruolo nel gruppo di tlc a dispetto dell' azionista Cdp.
Per questo nei prossimi giorni i protagonisti cercheranno le quadrature necessarie, sul piano politico e tra gli azionisti privati. La Cassa finora è rimasta fuori dal cda Tim, perché la società sta studiando di convolare a nozze con la controllata Open Fiber (di cui ha il 50% insieme a Enel) e si trova pertanto in una posizione di conflitto d' interessi. La presidenza in teoria spetterebbe a Elliott, che aveva stilato lista da cui si è appena stato depennato Fulvio Conti, e quindi tocca agli americani suggerire il nome del candidato con cui sostituirlo.
Ma a quando si apprende da fonti finanziarie il fondo Usa sarebbe disposto a cedere la poltrona del presidente in cambio del via libera di Vivendi alla conversione delle azioni risparmio in ordinarie: un' operazione che gli investitori americani chiedono dal marzo 2018 e su cui ha scommesso investendo anche sui titoli senza diritto di voto. La conversione (un' operazione che il mercato aspetta da anni), nel dicembre 2015 era già stata bloccata dal socio Vivendi.
Il gruppo francese che pur essendo il maggior azionista Tim è stato messo nell' angolo in consiglio dal fondo Usa, vorrebbe avere più peso sull' azienda prima di accettare di farsi diluire attraverso la conversione. E così dato che i soci hanno agende e interessi diversi su Telecom, a seconda degli scenari futuri che si delineeranno nelle prossime settimane, si capirà anche quale profilo dovrà avere il prossimo presidente.