1. ULTIMA MEDIAZIONE A PALAZZO CHIGI CONGELARE I FONDI DEL RISARCIMENTO
Ilario Lombardo per ''La Stampa''
Ogni volta che il governo annuncia la revoca della concessione, la trattativa su Autostrade riprende un millimetro prima dello strapiombo definitivo. E anche stavolta potrebbe finire così. Domani arriverà una nuova lettera di Atlantia, in risposta al governo, in cui la società che fa capo ai Benetton porrà nuove condizioni ma lascerà ampi margini di dialogo sull'accordo d'acquisto saltato con Cassa depositi e prestiti.
Nel frattempo, in queste ore, l'esecutivo sta preparando un'ulteriore offerta di mediazione per sottrarre alla holding che controlla Autostrade per l'Italia l'argomento della manleva, la garanzia che il futuro acquirente di Aspi non erediterà le responsabilità civili sui danni indiretti derivanti dalla caduta del ponte Morandi a Genova, danni che oggi sono impossibili da calcolare. Ufficialmente il motivo dello stallo è questo, perché Atlantia non vuole concedere la manleva a Cdp. Secondo una fonte di governo si tratterebbe «solo di un alibi» che l'esecutivo intende sgonfiare attraverso una possibile opzione di compromesso.
Anzi due. Ci stanno lavorando a Palazzo Chigi, ma nascerebbe su spinta di tecnici e sottosegretari di M5S e Pd. La prima opzione prevede di tenere da parte una quota della società, poco rilevante in modo da non lasciare diritti di governance ai Benetton, che verrebbe venduta in un secondo momento, tra quattro-cinque anni, quando realisticamente si potranno quantificare i danni. La seconda ha una logica simile: si crea un conto di garanzia, si congelano i soldi e si svincolano a determinate condizioni passati un tot di anni, quando si conoscerà l'entità dei danni. A 48 ore dalla scadenza dell'ultimo ultimatum del governo, non si vedono molte alternative all'orizzonte per superare la guerra di lettere e ricatti incrociati, un pantano fatto di accordi stracciati, cavilli ricercati e sofismi da cultori di diritto amministrativo.
PAOLA DE MICHELI GIUSEPPE CONTE
«Se Atlantia non rispetta i patti sarà revoca» fa sapere il premier-avvocato Giuseppe Conte. Lo stesso dice la ministra dei Trasporti Paola De Micheli, rispolverando una parola che sembrava accantonata dopo gli accordi di luglio e che lei stessa non aveva mai pronunciato con troppa convinzione. Anche perché Atlantia ha affinato la sua strategia, è partita alla controffensiva rivendicando la libertà del mercato e le sue regole e ora gioca sulle incongruenze rilevate nella lettera inviata dal Mit il 2 settembre. Lettera che vincola la chiusura della procedura di revoca non a eventuali inadempimenti sottintesi al contratto di concessione ma alla vendita di Autostrade a Cdp. Un atto transattivo che secondo la holding mette nero su bianco «un esproprio di Stato».
In realtà dietro l'apparente irriducibilità delle posizioni si agitano timori da entrambi le parti e una voglia nemmeno tanto nascosta di trovare un modo per uscire dall'impasse e chiudere la trattativa. Sia nel governo sia dentro Atlantia, al di là delle accuse e recriminazioni, si ha la consapevolezza che il fallimento del negoziato porterebbe solo dolori. Al governo, che si infilerebbe ino un contenzioso infinito e che potenzialmente potrebbe valere miliardi di risarcimento. E alla società, che teme gli effetti in Borsa già da oggi e che prima ancora di essere terrorizzata dall'idea che l'esecutivo possa procedere con un decreto, deve tener conto degli azionisti finiti in un limbo di incertezze.
Un'altra lettera arriverà domani, alla vigilia della scadenza fissata dal governo e da Cdp. La stanno preparando gli uffici di Atlantia e sarà definita nel consiglio di amministrazione già programmato. È una risposta alla lettera del 24 settembre, firmata dai capi di gabinetto dei ministeri dei Trasporti e del Tesoro, e dal segretario generale della Presidenza del Consiglio Roberto Chieppa, che ribadiva il punto contenuto nella missiva precedente, del 2 settembre, spedita dal Mit e al centro delle contestazioni da parte dei legali della società.
giuseppe conte paola de micheli ponte genova
Nel ribadire la propria tesi contro le presunte violazioni del libero mercato, Atlantia esorterà il ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture ad accelerare l'approvazione del Pef, il piano economico e finanziario, che è l'altra leva che il governo sta di fatto utilizzando per indebolire la controparte nella trattativa.
Senza il piano, stilato secondo il nuovo modello tariffario, il valore dell'azienda resta virtuale e impalpabile, tanto più se nel frattempo non si trova una soluzione sulla manleva. In ballo ci sono investimenti e cantieri pronti a partire, come la Gronda di Genova e il passante di Bologna. Sbloccare il Piano economico-finanziario, sembra di intuire dalle interlocuzioni con Atlantia, sarebbe un passo in avanti. Ma tocca al governo capire se fidarsi oppure no.
2. RESIDENTI E IMPRESE PRONTI A CHIEDERE INDENNIZZI - IL RISCHIO DI UNO TSUNAMI DI CAUSE CIVILI SPAVENTA LE PARTI
Roberto Sculli per ''La Stampa''
Giuseppe Conte Fabrizio Palermo
Tutto è iniziato a Genova ed è per Genova che tutto rischia di finire: c'è uno tsunami di cause civili che si profila all'orizzonte una volta che il processo penale per il crollo del ponte Morandi sarà definito. Una slavina di proporzioni incalcolabili, alimentata dalle istanze di una platea in potenza vastissima - ossia chiunque sia stato danneggiato dal disastro - che Cdp non vuol rischiare di sobbarcarsi. Lo stesso fardello che, dall'altro lato, Autostrade per l'Italia e la holding Atlantia non vogliono sostenere in solitaria, come vorrebbe la controparte.
I timori sono ben fondati e non a caso la richiesta di manleva dello Stato e poi del socio pubblico dalle conseguenze del disastro del 14 agosto 2018, costato la vita a 43 persone e danni economici enormi alla città di Genova e all'intero sistema logistico industriale del nord ovest, aleggia da diverso tempo. Accarezzata dal Governo e rifuggita, invece, dalla concessionaria, che ribadisce di non aver mai dato un'apertura sul punto. L'intesa di massima raggiunta a metà luglio su cui il Governo aveva dato via libera, secondo la società, non prevedeva alcuna conditio su questo fronte. E non sarebbe giustificato porla ora.
Per inquadrare i timori di Cdp, che alla luce dell'esperienza vorrebbe uno "scudo" anche per eventuali risarcimenti futuri connessi all'esercizio della rete, va osservato l'andamento del procedimento penale istruito dalla Procura di Genova. A luglio è iniziato il secondo incidente probatorio e questo vuol dire che per il processo si dovrà attendere. L'indagine è complessa, ma alcuni punti fermi sono delineati.
roberto tomasi autostrade per l'italia
E, tra questi, il ventaglio dei possibili responsabili: in prima linea ci sono i tecnici di Autostrade e della controllata Spea, incaricata delle ispezioni al viadotto, ma un ampio nucleo di indagati - in tutto 71 - appartiene al ministero dei Trasporti e al Provveditorato alle opere pubbliche, che del Mit è un'emanazione locale. In sostanza lo Stato, sotto la minaccia della revoca, ha tentato di inserire anche l'impunità per se stesso e i propri dirigenti e funzionari.
Non per eventuali responsabilità penali - impraticabile, ovviamente - quanto per potenziali conseguenze civili, quindi economiche, a carico dei dipendenti e degli enti pubblici interessati. Questa prospettiva conta e influenza le mosse dello Stato. Tuttavia il profilo per Cdp è anzitutto di tutela dei conti societari.
Che dopo la fine del processo penale si apra un vastissimo contenzioso in sede civile è infatti più che probabile. E i soggetti che potrebbero chiedere i danni, facendo lievitare il monte dei risarcimenti, sono tantissimi: dagli abitanti, sfollati in primis, fino a un'infinità di categorie economiche, senza dimenticare tutte le imprese che hanno visto calare il proprio fatturato a causa del crollo della A10.