I PRINCIPALI AZIONISTI DI TIM - PIETRO LABRIOLA
1. TIM, IL MERCATO TEME I RICORSI ANCHE ABU DHABI SOCIO DELLA RETE
Estratto dell’articolo di Sara Bennewitz per “la Repubblica”
Nonostante il via libera a larga maggioranza del cda di Tim alla vendita della rete, ieri il titolo ha perso in Borsa il 3,35% sui timori delle cause legali che il primo socio Vivendi (23,75% del capitale), e alcuni piccoli azionisti, minacciano di intentare sia nei confronti della società che del board.
Eppure secondo gli analisti i 18,8 miliardi offerti da Kkr per la rete sono un prezzo «in linea con le stime», senza contare futuri rialzi per il calo debito e nuovi incentivi (400 milioni), o in caso di fusione con Open Fiber (fino a 2,5 miliardi).
L’ad Pietro Labriola, ieri ha scritto una lettera ai dipendenti promettendo di «riscrivere il futuro della società» dato che grazie all’operazione riduce l’indebitamento di 14 miliardi di euro, abbassando la leva sotto due volte il mol, con Moody’s già pronta ad alzare il giudizio.
Con un debito sotto controllo Labriola conta di fare nuovi investimenti e sviluppare «una nuova generazione di servizi» [...]. Tuttavia il mandato di Labriola e dell’attuale board scadrà in primavera, e Vivendi difficilmente appoggerà una nuova lista del management.
Intanto ieri Tim ha firmato l’accordo con Kkr e il fondo di Abu Dhabi Azure Vista (accreditato al 10% di Netco), mentre domani si riunirà un cda per approvare i risultati dei 9 mesi. [...]
[…] Vivendi […] ha chiesto di avere i verbali del cda di Tim, prima di adire le vie legali sia contro la società, che non ha chiesto un previo parere ai soci — convocando un’assemblea — sia nei confronti di quei consiglieri che hanno approvato l’offerta di Kkr. […]. Fatto sta che se un giudice accogliesse i ricorsi di Vivendi, l’operazione potrebbe essere congelata, senza contare che prima del closing, atteso nell’estate 2024, serve il via libera della Ue e dell’Agcom.
2. LO STATO RIPRENDE UN ASSET STRATEGICO L’AFFARE LO FA KKR
Estratto dell’articolo di Giovanni Pons per “la Repubblica”
Esattamente 26 anni dopo la sua privatizzazione lo Stato torna a mettere un piede nella rete Telecom. Con l’operazione approvata domenica sera, infatti, il Mef guidato da Giancarlo Giorgetti andrà a formare un nocciolo duro al 20% circa che affiancherà il fondo americano Kkr nell’acquisto della rete Tim per poco meno di 20 miliardi.
Il nocciolo costituirà un presidio italiano e pubblico per garantire la strategicità di un asset che il mondo politico da sempre considera fondamentale, così come lo è in Germania e in Francia. Ma poiché lo Stato non aveva i soldi per ricomprare da solo tutta la rete Tim ha scelto un grande fondo americano per fare da ponte al suo rientro.
Un’alleanza che non è gratis ma che frutterà a Kkr un bel ritorno sul capitale investito (e alle banche che organizzano l’operazione succose commissioni), ma permetterà al Mef di rimanere alla guida della rete Tim quando il fondo uscirà e collocherà il suo 65% in Borsa, sul modello già sperimentato di Snam e Terna. […]
3. RIDONO GLI ADVISOR: INCASSI DA 200 MILIONI
Estratto dell’articolo di Marco Palombi per “il Fatto quotidiano”
[...] C’è chi [...] guarda con legittimo ottimismo al futuro, ovvero al momento del closing, fissato per l’estate 2024, quello in cui l’affare sarà formalmente chiuso: parliamo dei destinatari di bonus e success fee, cioè le commissioni da distribuire in caso di successo della vendita che toccano agli advisor finanziari.
Non stiamo dando alcuna notizia, è pratica normale in questo genere di affari: basti dire che nell’ultimo triennio la capofila di questo mercato – Jp Morgan, che non a caso è uno degli advisor del fondo statunitense Kkr – s’è portata a casa solo in commissioni della divisione Investment Banking quasi 30 miliardi di dollari.
In genere le success fee si calcolano in percentuale sul valore dell’affare e su una torta così grossa possono oscillare tra l’1 e l’1,5%: fonti vicine all’affare Tim-kkr (che vale 20-22 miliardi) parlano infatti di una cifra che finirà in commissioni tra 200 e 300 milioni di euro.
[...] Jp Morgan [...] in questa vicenda ha un ruolo di assoluto rilievo: tra i protagonisti dell’affare c’è infatti il chairman per Europa, Africa e Medioriente della banca statunitense, che altri non è che l’ex ministro dell’economia (ma pure ex Ragioniere generale e dg del Tesoro) Vittorio Grilli.
[...] L’interlocuzione con l’esecutivo sarà stata di sicuro facilitata dall’antica frequentazione tra Grilli e Gaetano Caputi, già dirigente al Tesoro e oggi segretario generale di Palazzo Chigi e vero regista dell’operazione insieme al sottosegretario Giovanbattista Fazzolari, il duo “meloniano” che ha completamente esautorato Giancarlo Giorgetti dalla partita.
La faticaccia di mettere tutti d’accordo è comunque giustificata dall’incasso finale: le commissioni di Grilli e soci dovrebbero superare i 60 milioni di euro. Gli altri advisor finanziari coinvolti sono Mediobanca, Vitale, Goldman Sachs e Liontree per Tim; Morgan Stanley e Citi, oltre a Jp Morgan, per il fondo statunitense Kkr; Ubs e Colombo & Associati per il Tesoro (che per ora è però ancora spettatore della partita).
Saranno queste società a dividersi la torta delle commissioni, ma non solo loro avranno da beneficiare dalla chiusura dell’affare. Ad esempio anche l’amministratore delegato di Tim Pietro Labriola – anche qui, come sempre accade [...] – avrà un “premio” se la vendita della rete andrà in porto: il suo bonus potrebbe superare i 20 milioni. Vivendi permettendo, ovviamente: il ricorso annunciato dal primo azionista di Tim pende, per così dire, anche su bonus e commissioni...