1. MIMIT, 'PER DONGFENG NESSUNA RICHIESTA SU TLC E IA DA CINESI'
(ANSA) - "Non è in atto alcun confronto né vi è alcuna richiesta in merito alle infrastrutture di telecomunicazioni in Italia e sull'intelligenza artificiale" da parte dei cinesi: lo afferma il ministero delle Imprese e del Made in Italy in merito a un articolo pubblicato oggi sul Corriere della Sera dal titolo "Dongfeng, pesanti richieste cinesi in cambio dell'investimento in Italia".
"Riguardo all'IA nel settore dell'auto - scrive il Mimit - è vero esattamente il contrario di quanto riportato nell'articolo: come più volte già ribadito, in ogni MoU siglato dal Mimit con il governo o con le aziende cinesi è previsto che la parte "intelligente" di eventuali veicoli prodotti in Italia debba essere realizzata nel nostro Paese sotto le regole della sicurezza nazionale ed europea". Si precisa inoltre che "non è prevista alcuna missione ministeriale in Cina, come infondatamente riportato".
Secondo l'articolo, il progetto di un investimento di Dongfeng su uno o più siti di assemblaggio dei modelli elettrici in Italia "sembra sempre più in salita, anche per i dubbi dello stesso costruttore cinese".
adolfo urso - ministero del made in italy
Dopo mesi di confronto con il governo italiano, da Pechino, secondo il testo, avrebbero iniziato a "sollecitare" gli interlocutori su tre aspetti: il ruolo di Huawei nelle infrastrutture di telecomunicazioni, "forse facendo leva sulle soluzioni di connettività delle auto"; l'intelligenza artificiale, con la richiesta di una mappatura della nuova tecnologia nel Paese; e i dazi europei sulle auto elettriche cinesi.
Su quest'ultimo aspetto, il governo italiano avrebbe "tirato una linea rossa" con la decisione di aderire all'attuale posizione dell'Ue e rimandando la questione semmai all'Organizzazione mondiale del commercio.
2.DONGFENG, ECCO LE (PESANTI) RICHIESTE CINESI IN CAMBIO DELL’INVESTIMENTO IN ITALIA
Estratto dell’articolo di Federico Fubini per il “Corriere della Sera”
Continuano i contatti sull’ipotesi di un progetto di investimento produttivo del costruttore di auto cinese Dongfeng in Italia. Ancora una volta, in questi giorni, degli emissari del ministero delle Imprese e del Made in Italy si preparano a un nuovo tour di visite di siti produttivi e a colloqui a Pechino.
Ma più passano i mesi, più si profilano gli effetti collaterali di un eventuale accordo con un piccolo produttore di auto elettriche del tutto controllato dallo Stato e dal partito: la Cina di rado accetta un’intesa senza porre le proprie condizioni. E queste ultime sono sempre di carattere strategico. Non solo finanziario o industriale.
[…]
In parallelo alle discussioni sugli impianti e la logistica, le controparti di Pechino hanno per esempio iniziato a sollecitare il governo su un ruolo di Huawei nelle infrastrutture di telecomunicazioni in Italia. Il gruppo di Shenzhen è già presente con un’ampia offerta di smartphone e altri dispositivi digitali.
Ma i suoi servizi di rete sono ormai proibiti da vari Paesi, a partire da Stati Uniti, Canada, Gran Bretagna e Nuova Zelanda, per i sospetti legami con il partito comunista e l’intelligence di Pechino. Poco più di un anno fa anche la Commissione di Bruxelles annunciò «misure per evitare che le comunicazioni delle imprese europee siano esposte a reti mobili che usano Huawei quale fornitore». Ora dalla Cina si punta a un ritorno del gruppo di Shenzhen in Europa attraverso l’Italia, forse facendo leva sulle soluzioni di connettività delle auto.
Da parte di Pechino si prova anche ad aprire un confronto con l’Italia sull’intelligenza artificiale. Quando Giorgia Meloni visitò Xi Jinping a fine luglio, nel comunicato ufficiale si leggeva che i leader di Roma e di Pechino si erano «concentrati su alcune delle grandi questioni di interesse comune, inclusa l’intelligenza artificiale». Ora i negoziatori cinesi hanno chiesto all’Italia di attivare una mappatura della nuova tecnologia nel Paese, ufficialmente per capire dove e come si potrebbe approfondire la cooperazione bilaterale in proposito.
Certo tutto questo, visto da Pechino, è legato all’ipotesi dell’investimento di Dongfeng in Italia. Così del resto si spiega anche la pressione alla quale il ministro del Commercio, Wang Wentao, in visita a Roma dieci giorni fa, ha sottoposto il governo perché si opponga ai dazi sulle auto elettriche cinesi già varati in via provvisoria dalla Commissione europea.
La conferma dei governi a Bruxelles sarebbe dovuta arrivare questo mercoledì ed è stata rinviata a inizio ottobre. Ma l’Italia ha tirato una linea rossa: ha fatto sapere a Wang che aderisce all’attuale posizione europea e semmai se ne sarebbe discusso all’Organizzazione mondiale del commercio.
[...]
adolfo urso in cina - China City industrial group
Insomma il progetto di Dongfeng in Italia sembra sempre più in salita, anche per i dubbi dello stesso costruttore cinese. Potrebbe non essere un gran danno: il gruppo ha in mente dei centri di assemblaggio di pezzi «made in China», volto ad aggirare i dazi europei, con una quota di componenti italiane ridotta e a basso valore aggiunto. Nel gergo dell’industria lo si definisce «Ckd»: « completely knocked-down », del tutto smontato e da rimontare nel Paese-obiettivo. Proprio come faceva la Fiat nei Paesi del terzo mondo alcuni decenni fa.
XI JINPING E GIORGIA MELONI Dongfeng - auto cinesi