1 - ELON MUSK LICENZIA METÀ DEI DIPENDENTI TWITTER E DICE STOP ALLO SMART WORKING
Luca De Lellis per www.iltempo.it
ELON MUSK NELLA SEDE DI TWITTER CON UN LAVANDINO
Elon Musk rivoluziona la sua nuova creatura. Il neo-proprietario di Twitter, acquistato per 44 miliardi di dollari, è pronto a licenziare la metà dei dipendenti del social network. Tagliando, quindi, circa 3.700 posti di lavoro.
Ma non è finita qui, perché il cambiamento radicale avverrà anche sul tema della modalità di servizio del personale. Via lo smart working, direzione verso la quale ormai la maggior parte delle grandi imprese stanno tendendo e ritorno al lavoro in presenza, fatta eccezione per alcuni casi particolari.
MEME SU ELON MUSK CHE LICENZIA I DIPENDENTI DI TWITTER
Tali direttive sono state concordate da Musk in una riunione tenuta con i suoi consulenti e, in base alle confidenze di fonti anonime all’agenzia newyorkese Bloomberg, gli impiegati dovrebbero essere informati venerdì.
Solo qualche giorno fa il fondatore di Tesla, con un tweet, smentiva un articolo del New York Times nel quale si sosteneva che la sua intenzione era quella di sollevare dall’incarico i dipendenti di Twitter prima del 1° novembre, onde evitare le sovvenzioni in azioni dovute quel giorno.
ELON MUSK NELLA SEDE DI TWITTER CON UN LAVANDINO
Il licenziamento di massa, però, era nell’aria. Tanto che il Washington Post già lunedì 31 ottobre scriveva della volontà di Musk di eliminare circa il 25% della forza lavoro di Twitter. Poi la cifra è addirittura incrementata. Diverse le figure che subiranno un ridimensionamento numerico, dagli avvocati della società, fino agli addetti alle vendite, passando per gli ingegneri. Nelle scorse settimane avevano subìto la stessa sorte anche molti manager di lusso dell’azienda, come l’ex Ceo Parag Agrawal.
CRONOLOGIA DEL RAPPORTO TRA ELON MUSK E TWITTER
Ma l’inizio dell’avventura nel nuovo social dell’uomo più ricco del mondo secondo Bloomberg Billionaires Index è stato scoppiettante anche per altre ragioni. È di pochi giorni fa la polemica a colpi di tweet con lo scrittore Stephen King.
L’argomento clou? La spunta blu per gli account verificati. “20 dollari al mese per tenere la mia spunta blu? Col c...o, sono loro che dovrebbero pagare me. Se istituiscono questa cosa me ne vado come la Enron”, le parole dell’autore di "Shining", con riferimento all’azienda petrolifera americana che sparì improvvisamente nel 2001.
A quel punto Musk ha cercato di trattare: “Dobbiamo pagare le bollette in qualche modo! Twitter non può basarsi soltanto sulla pubblicità. Che ne dici di 8 dollari?”. Sembrava uno scherzo, invece è realtà. Il suo '68 è appena cominciato.
2 - ELON MUSK FA INFURIARE UTENTI, STAR E INSERZIONISTI PER TWITTER A PAGAMENTO
Massimo Gaggi per il “Corriere della Sera”
Esodo di manager operativi (oltre ai capi licenziati in tronco il giorno stesso del cambio di proprietà); esodo (temporaneo) di inserzionisti pubblicitari (come General Motors); esodo di utenti che non vogliono restare nella rete sociale dell'uomo più ricco del mondo o contestano la sua decisione di far pagare (8 dollari al mese negli Usa, ma la quota sarà diversa da Paese a Paese) il «blue tick», la spunta blu che certifica l'identità dei titolari degli account.
Partenza a razzo ma in salita quella di Elon Musk nel suo nuovo ruolo di padrone e amministratore unico di Twitter, ormai non più quotata in Borsa. I nuovi uomini che ha portato con sé e i pochi vecchi dei quali si fida stanno cercando di tamponare l'assalto dei troll che approfittano della fase di transizione e della revisione del sistema di moderazione per gettare nella piattaforma falsità, calunnie, odio. Problema assai serio in questi giorni di vigilia elettorale americana.
ELON MUSK NEL 2017 CHIEDE QUANTO COSTA TWITTER
Proprio in attesa di capire come cambieranno i filtri che eliminano dalla piattaforma i messaggi inaccettabili ora che ai comandi c'è il sedicente «assolutista del free speech», la Ipg, una delle maggiori agenzie pubblicitarie del mondo, ha suggerito ai suoi clienti di sospendere le inserzioni su Twitter.
Musk, che oggi ottiene dalla pubblicità il 90 per cento dei ricavi della rete sociale, corteggia le aziende, ma al tempo stesso cerca di incrementare altri introiti, soprattutto con le subscription.
Dopo la prima ondata di personaggi dello spettacolo come Shonda Rhimes, creatrice di serie televisive come Grey' s Anatomy o la cantante Sara Bareilles (3 milioni di follower) che se ne sono andati sbattendo la porta per motivi ideologici, ora Musk è alle prese con altri focolai insurrezionali.
Oltre che con le proteste di personaggi come il giocatore di basket LeBron James o Alexandria Ocasio-Cortez, star della sinistra radicale americana, deve vedersela con la rivolta degli utenti più o meno celebri che non vogliono pagare un abbonamento mensile per la certificazione della loro identità, ritenendo di essere in credito, non in debito, con Twitter.
Casi come quelli dello scrittore Stephen King (6,9 milioni di follower) o del sondaggista Nate Silver (3,5 milioni): convinti che dovrebbe essere Twitter a pagarli per il traffico da loro prodotto che alimenta le entrate pubblicitarie della rete sociale, affermano che, se la società non ci ripensa, loro se ne andranno. Musk tiene duro, spiega che ha bisogno di entrate diverse dalla pubblicità, ma poi li tratta da ricchi viziati e lancia, come abbiamo raccontato ieri, slogan populisti.
Evidentemente scommette sul fatto che chi ha spostato gran parte della sua vita pubblica sulla sua rete difficilmente staccherà la spina. Per andare dove, poi? Tornare da Facebook, avvitata nella spirale di una crisi assai grave? Cercare nuovi lidi rischiando di perdere il grosso dei seguaci nella transizione? Ma l'imprenditore sta già pensando anche ad altro.
Promette che una parte dei nuovi introiti serviranno a ricompensare i produttori di contenuti immessi nella sua rete e il Washington Post pubblica il testo di un progetto chiamato «Paywalled Video» che dovrebbe diventare realtà entro poche settimane: la possibilità per chiunque di postare video a pagamento.
IL SONDAGGIO DI ELON MUSK PER IL TASTO MODIFICA SU TWITTER
Chi li vuole vedere dovrà pagare 1, 2 o 5 dollari che Twitter inoltrerà agli autori col sistema Stripe, trattenendo una percentuale. Un altro passo nella direzione di una trasformazione di Twitter (anche) in piattaforma editoriale.