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LA REPLICA DI STELLANTIS
Caro Direttore, abbiamo letto l’articolo «Da Fiat a Stellantis: gli aiuti di Stato ricevuti», a firma di Milena Gabanelli e Rita Querzè, pubblicato lunedì e riteniamo che riportare solo elementi parziali non restituisca il vero ruolo di Stellantis in Italia. Risulta assente quanto Fiat/Stellantis abbia contribuito e quanto stia tuttora contribuendo al sistema Paese sotto forma di stipendi, tasse, indotto, innovazione industriale e investimenti: storicamente due miliardi di euro all’anno in Italia, unico Paese del Gruppo che ospiterà due piattaforme per la produzione di modelli innovativi. Il tutto si traduce in una produzione per il 63% rivolta all’export, con benefici ingenti sulla bilancia commerciale italiana.
salone dell auto di ginevra - stellantis
Le nostre persone, oltre 40.000 in Italia, rappresentano il 17% della forza lavoro globale e negli ultimi tre anni il premio annuale medio distribuito è sempre cresciuto (oltre 2.100 euro nel 2024): segno importante perché i dividendi agli azionisti sono sempre stati subordinati all’andamento dell’azienda (tanto da essere stati sospesi nei momenti di crisi). Le difficoltà del mercato automobilistico a livello globale ci sono, così come le ricadute occupazionali, e obbligano anche gli altri Paesi — non solo europei, come indicano anche studi sui finanziamenti cinesi — a operare con aiuti diretti e indiretti anche più ingenti di quelli riservati dall’Italia a Stellantis.
La competizione a livello internazionale non ci consente di misurare il passato con nostalgia e nemmeno con sguardo parziale, ma impone di rivolgersi al futuro con unità di intenti e visione.
Viviamo un cambiamento epocale che sta ridisegnando la mobilità, chiamata a contribuire alla salvaguardia della salute ambientale e sociale del pianeta. In questo contesto siamo impegnati in un progetto di lungo periodo che, conservando la competitività e mantenendo al centro territori e persone, ha l’ambizione di aiutare l’industria automobilistica nazionale a uscire vincente anche da questa fase storica.
È una partita avvincente e complessa che si può giocare facendo sistema, come stiamo provando a fare al tavolo istituzionale coordinato dal Governo attraverso il Mimit, che è la sede in cui Stellantis sta condividendo il proprio progetto industriale e in cui intende fare la propria parte.
Daniela Poggio, vicepresidente Comunicazione e relazioni istituzionali di Stellantis Italia
Risposta di Milena Gabanelli e Rita Querzé:
Aiutare l’industria automobilistica nazionale a uscire vincente vuol dire – considerati gli ingenti aiuti elargiti nel tempo – vincolarsi a impegni. Al momento non c’è nulla di chiaro sulla riconversione di Termoli e la Panda elettrica Stellantis la costruirà in Serbia. Mentre l’emorragia dagli stabilimenti italiani continua.
FIAT-FCA-STELLANTIS: I SOLDI CHE HANNO PRESO DALLO STATO E IN CAMBIO DI COSA
Estratto dell’articolo di Milena Gabanelli e Rita Querzé per il “Corriere della Sera”
CARLOS TAVARES JOHN ELKANN - STELLANTIS
«Mio nonno aveva il 70% delle azioni Fiat in portafoglio e le gestiva dando dividendi bassi e in massima parte a se stesso. Preferiva accantonare a riserva e con le riserve costruì la grande Mirafiori». Questo raccontava l’avvocato Gianni Agnelli, che invece preferiva dividendi alti e il ricorso a denaro pubblico per allargare l’azienda. Il di lui nipote nonché erede John, di «grande» in Italia sta lasciando ben poco.
A conti fatti il Gruppo automobilistico, che in dieci anni ha cambiato due volte nome, quanto ha ricevuto dallo Stato italiano? E a fronte di quali impegni? È noto che nella fase Fiat il gruppo ha potuto contare su un’ingentissima quantità di fondi pubblici. Interi stabilimenti al Sud sono stati costruiti con risorse di Stato (Melfi, Termini Imerese).
MILENA GABANELLI - GRUPPO FIAT STELLANTIS
Impossibile ricostruire quanto è stato dato in valore assoluto, e tantomeno le contropartite. Presso i ministeri competenti le carte non si trovano. Secondo un’indagine condotta da Davide Bubbico, docente di sociologia economica dell’università di Salerno, partendo dai contratti di programma siglati spesso con il Cipe, tra il 1990 e il 2019 (includendo anche Magneti Marelli, Iveco e Pwt) il complesso dei contributi ammonterebbe a circa 4 miliardi di euro, a fronte di poco più di 10 miliardi di investimenti dichiarati.
Si tratta di una ricostruzione inevitabilmente parziale, dalla quale però si può stimare che almeno il 40% degli investimenti Fiat siano stati finanziati negli anni dallo Stato.
Cambia il nome, cambia tutto
CONTRIBUTI PUBBLICI A FIAT - STELLANTIS - DATAROOM
Il 12 ottobre 2014 dalla fusione di Fiat e Chrysler nasce Fiat Chrysler Automobiles (FCA), con sede legale ad Amsterdam e domicilio fiscale a Londra. Il ceo Sergio Marchionne riduce la richiesta di aiuti pubblici ma le sovvenzioni statali, seppur contenute, continuano. Nel 2020, nel pieno della pandemia, con il governo Conte II in carica, FCA riceve 6,3 miliardi di prestito coperto da garanzia pubblica.
La linea di credito doveva essere utilizzata per pagare gli stipendi, i fornitori e mantenere gli investimenti programmati in Italia. Denaro certamente utile alla fusione con il gruppo francese Psa da cui nasce, il 17 gennaio 2021, Stellantis, che poi si libera dai vincoli saldando i conti con un anno di anticipo. Al comando arriva Carlos Tavares, il ceo più pagato d’Europa: 23 milioni di euro l’anno, tanto quanto lo stipendio di mille dei suoi metalmeccanici.
Aiuti di Stato e ammortizzatori
CONTRIBUTI PUBBLICI A FIAT - STELLANTIS - DATAROOM
Dal 2016 è operativo il Registro nazionale aiuti di Stato. Lo abbiamo consultato: da ottobre 2016 a gennaio 2024 sono stati versati, prima a FCA e poi a Stellantis, aiuti per 100 milioni di euro. Inclusi i circa 7 milioni di incentivi per rinnovo macchinari con industria 4.0. C’è poi la cassa integrazione. Da fonte Inps vediamo per la prima volta i numeri esatti: fra 2014 e 2020 FCA ha ricevuto contributi per 446 milioni (di cui 263 a carico dell’azienda). Dal 2021 ad aprile 2024 la cassa sale a 984 milioni (280 a carico dell’azienda). Tirando le somme: in nove anni fra cassa integrazione, agevolazioni per assunzioni e contratti di espansione, abbiamo sborsato di tasca nostra quasi 887 milioni.
Dipendenti: 10 mila in meno
A fronte di tutte queste elargizioni, come sta andando il gruppo Stellantis? Quando è nato (gennaio 2021) negli stabilimenti italiani lavoravano 52.740 addetti. A fine 2023 i dipendenti erano scesi a 42.700. Il perimetro del gruppo è rimasto invariato. Quindi persi in tre anni 10 mila posti di lavoro.
Si tratta di uscite volontarie incentivate con «scivoli» che viaggiano fra i 30 e i 130 mila euro. E quindi quanto ha «investito» l’azienda per fare uscire lavoratori dagli stabilimenti italiani? Stellantis non lo dice. Si stima siano stati mobilitati 6-700 milioni. Secondo la Fim, che firma gli accordi per la cassa, ci sono altri 3 mila esuberi.
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Una montagna di dividendi
Nello stesso periodo come se la passano gli azionisti? Benissimo. Quello principale è la famiglia Agnelli attraverso Exor con il 14,9%, poi ci sono lo Stato francese con il 6,4% e la famiglia Peugeot con il 7,1. A partire da gennaio 2021 fino a maggio del 2024 Stellantis ha distribuito 16,4 miliardi di euro di dividendi, di cui 2,7 sono andati nella holding di John Elkann ad Amsterdam. E per l’anno prossimo il gruppo ha già annunciato che la quota di dividendi distribuita aumenterà.
Il fondo per l’automotive
E che succede da qui in avanti? Il governo Meloni ha messo in campo 350 milioni per convertire lo stabilimento di Termoli in una gigafactory. Ma Acc, la joint venture partecipata da Stellantis, sta mettendo in dubbio il progetto per costruire batterie. C’è poi il fondo da 8,7 miliardi per l’automotive voluto dal governo Draghi nel 2022 e da spendere entro il 2030. A oggi ne sono stati assegnati 2,7. Ne restano altri 6, ma per ora non è ancora stato deciso come utilizzarli.
Quei 2,7 miliardi invece come vengono impiegati? Poco più di 800 sono destinati a contribuire ai nuovi progetti di investimento delle imprese dell’automotive. Quanto di questi fondi andrà a Stellantis? Il gruppo ha presentato richieste e progetti, il Mimit però non rende noto per quale ammontare.
Gli ecoincentivi a tutte le auto
CONTRIBUTI PUBBLICI A FIAT - STELLANTIS - DATAROOM
Il resto, cioè 1,95 miliardi, stanno incentivando l’acquisto di nuove auto. Il 40% (quasi 800 milioni) va alle auto Stellantis, di cui solo la metà prodotte in Italia. Ed eccoci a uno dei nodi della questione: i fondi pubblici mobilitati con gli incentivi devono servire a ridurre l’inquinamento (aiutando indirettamente l’industria dell’auto) o ad aumentare indistintamente la domanda?
Il governo Meloni ha riorganizzato gli incentivi in modo da indirizzarli su auto prodotte in Italia, quindi la 500 elettrica, le Jeep hybrid ricaricabili, ma anche la Panda a benzina prodotta a Pomigliano. Quest’anno ci sono 403 milioni destinati alle termiche con emissioni fra 61 e 135 g/km. Nessun altro Paese europeo incentiva l’acquisto di auto in questa fascia di emissioni. [...]
Il quadro: niente impegni
A fronte di ingenti contributi pubblici, i governi che si sono succeduti dal 2020 a oggi non sono riusciti a vincolare Stellantis a impegni precisi sulla produzione e l’occupazione nel nostro Paese. La Panda elettrica si farà in Serbia. Nell’ex stabilimento Fiat in Polonia si farà l’auto elettrica cinese Leapmotor, tagliando fuori tutta la filiera della componentistica italiana. Però in nome dell’«italian sounding» il ministro Urso ha obbligato Stellantis a togliere il tricolore dalle Topolino perché prodotte in Marocco, e a far cambiare nome all’Alfa Romeo Milano, perché prodotta in Polonia.
Si agisce sulla forma quindi, mentre dal punto di vista della sostanza ci siamo schierati in Europa contro il nuovo standard Euro 7 (meno inquinante), avversato da Stellantis. Sta di fatto che da parte della casa automobilistica un piano industriale vincolante sull’Italia non c’è. E gli impegni che erano stati presi, al momento sono solo chiacchiere.
john elkann – quotazione stellantis