Antonio Riello per Dagospia
Nel fastoso quartiere londinese di Mayfair ha appena aperto una nuovo negozio di alimentari. Fino a qui niente di rilevante. Anche se di supermercati in queste strade non ce ne sono davvero molti. Chi vive in zona ha un modo tutto suo di far la spesa: manda la servitù (30%), ordina on line (65%) oppure va di persona al celebre e vicino Fortnum & Mason (5%), sperando magari di trovare qualcosa in saldo.
Il nuovo arrivato si chiama "Farm Shop". Evidentemente il nome evoca i mercati domenicali dei contadini/allevatori che vengono nella capitale britannica ad offrire i loro prodotti (mediamente un poco più cari dei normali supermercati).
I prodotti arrivano dal Somerset (un paio di ore da Londra verso Ovest) e precisamente dalla Durslade Farm di Bruton. Bruton? Un ridente e delizioso villaggio dove hanno casa Stella McCartney, George Osborne, Eddie Redmayne e molti altri personaggi più anonimi.
Il paesino, dal 2007, è anche la capitale - rurale ma mondanissima - dell'impero di Hauser & Wirth. Sì, proprio lei, la potente, brillante e onnipresente (Londra, New York, Los Angeles, Saint Moritz, Zurigo, Gstaad, Menorca, Parigi) Galleria d'Arte Contemporanea. A Bruton le attività sono quasi tutte di proprietà di H&W, che ha lì non solo la sua sede e una grande galleria-museo ma anche un ristorante e alcune super-sostenibili fattorie (il gruppo Artfarm), a cui appartiene anche "Farm Shop".
La persona che si occupa di questo agglomerato di attività alimentari è l'efficientissimo Ewan Venters che gestisce a Londra, proprio dietro l'angolo, anche lo stiloso Audley Pub e il non-lontano Mount Street Restaurant (sembra uno dei luoghi preferiti della attuale Royal Family).
Farm Shop è molto confortevole e rassicurante (stile decisamente campestre ma con un tocco raffinato, come le giacche Barbour per capirci). Il fascino della campagna a portata di mano senza gli odori, gli insetti e le scomodità dei campi. Nel negozio si pratica una rigorosa politica di parità di genere: il dipartimento carni è capeggiato da una graziosa macellaia, Flora Phillips.
Tutto sembra fatto dalle mani di qualche contadinella apposta per il cliente. Comperare qui è un'esperienza piuttosto cara (lo shopper in tela costa 12 Sterline) ma non follemente costosa, almeno se paragonato al quartiere. I clienti che si avventurano a fare la spesa comunque spendono volentieri.
Non comprano semplicemente del cibo, ma reputano, in qualche modo, di fare un atto di civiltà e cultura per il pianeta (il "bio", il "KmZero" etc. etc.) Forse anche di prendersi cura della loro salute. Praticano insomma uno stile di vita che è quasi una missione. Una forma di (costosa) impegnativa e pervasiva disciplina quotidiana.
Ma soprattutto si sentono i legittimi membri privilegiati di un circolo molto esclusivo, decisamente internazionale e iper-politicamente corretto. Come appartenessero ad una "Associazione Benefica" di grande potere, lusso e successo: dunque si sentono Belli, Buoni e Bravi. Esattamente come quando comperano un'opera d'Arte da H&W. Lo stesso meccanismo.
Criticare sarebbe facile, riduttivo, banale e probabilmente sbagliato. Bisogna solo prendere atto, lucidamente, che il Circo Globale dell'Arte Contemporanea oggi funziona essenzialmente con questa precisa logica. E che H&W ha intelligentemente capito tutto prima (e meglio) di chiunque altro.
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