Giulio Zangrandi per “MF”
Prosegue colpo su colpo la guerra tecnologica tra Stati Uniti e Cina scoppiata ormai più di un anno fa con l' inserimento del colosso tlc asiatico Huawei nella lista nera del dipartimento del commercio Usa per ragioni di sicurezza nazionale.
Dopo l' intromissione di Pechino valsa la scorsa settimana lo stop, almeno temporaneo, alle trattative per cedere le attività americane del social network TikTok, l' amministrazione del presidente americano Donald Trump si starebbe preparando all' ennesima controffensiva.
Stando a quando riportato da un portavoce per il Dipartimento della Difesa alla stampa internazionale, l' inquilino della Casa Bianca sarebbe infatti pronto ad introdurre severe restrizioni alle esportazioni di Semiconductor Manufacturing International Corporation (Smic), la società con sede a Shanghai considerata il maggior produttore di semiconduttori cinese e al centro della filiera nazionale ed internazionale dei chip ad alte prestazioni con i suoi 3 miliardi di dollari di fatturato nel 2019.
Tra le ipotesi al vaglio delle agenzie Usa coinvolte nelle discussioni ci sarebbe in particolare quella di iscrivere Smic alla lunga «lista delle entità» attenzionate dal Dipartimento del Commercio, con la conseguenza di imporre alle aziende nazionali il passaggio attraverso un difficile processo di revisione prima di potergli vendere qualsiasi tecnologia.
Una misura, di fatto identica a quella adottata proprio ai danni della compagnia di telefonia guidata da Ren Zhengfei all' inizio del 2019, che non risponderebbe però alla sola volontà di smorzare le ambizioni cinesi di diventare autosufficienti sulle tecnologie chiave per l' industria informatica, in cui le aziende americane rappresentano circa il 45% del mercato globale e risultano indispensabili per alcuni processi altamente specializzati.
Una delle questioni prese in considerazione dai funzionari statunitensi sarebbe infatti anche il legame tra le forze armate cinesi e Smic, che secondo un recente rapporto di Sos International, avrebbe collaborato con uno dei più grandi conglomerati della difesa di Pechino e lavorato allo sviluppo di tecnologie militari con applicazione anche nucleare.
Immediata la risposta della società, affidata a una nota pubblicata sulla sua pagina WeChat in cui si precisa che «Smic si è sempre impegnata ad evitare qualsiasi uso militare dei propri prodotti», che opera «esclusivamente per i consumatori finali e scopi commerciali e civili» e che «è estremamente sorpresa e perplessa dalla notizia pur restando aperta al dialogo con gli Stati Uniti nella speranza di poter risolvere potenziali malintesi».
Ma nel frattempo, le indiscrezioni hanno comunque affossato il titolo del produttore, che ha toccato il -23% sulla Borsa di Hong Kong e perso l' 11% a Shanghai, dove a giungo il gruppo aveva raccolto ben 6,6 miliardi di dollari dall' ipo sul nuovo Star Market. (
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