Tonia Mastrobuoni per "La Stampa"
MARIO DRAGHI ALLA BCELa convinzione di Mario Draghi è sempre stata che una Germania isolata è un pessimo affare. Perché è il maggior contribuente dei salvataggi europei e perché la Bundesbank è un'azionista imprescindibile, per la Bce. Il presidente dell'Eurotower è dunque tra i principali alleati della linea iper rigorista di Angela Merkel.
Ma dinanzi all'inasprirsi del dibattito che si registra a Berlino, con prese di posizione sempre più aggressive dei falchi - ministri «pesanti» come Schäuble e Friedrichs ma anche banchieri ed economisti di rango - contro l'allargamento dell'Esm, contro il secondo salvataggio della Grecia, contro le operazioni straordinarie della Bce e adesso contro le due mega aste da 1000 miliardi di euro a favore delle banche, anche Draghi non riesce più a contenere una notevole irritazione.
Jens WeidmannAnche perché quegli attacchi si stanno coagulando in parte contro di lui. E la sua irritazione è salita alle stelle soprattutto dopo una lettera che il governatore della Bundesbank, Jens Weidmann, si è premurato di far avere ieri non solo al suo indirizzo ma anche a quello del quotidiano conservatore Faz .
All'indomani della seconda mega asta triennale della Bce, l'ex consigliere della Merkel ha segnalato «rischi crescenti nell'area euro» e ha chiesto che i parametri sui collaterali che possono essere depositati dalle banche presso l'Eurotower in cambio di liquidità vengano inaspriti. Che Francoforte torni, ancora in piena crisi, al regime pre-crisi. Il problema, per Weidmann, sono i rischi per l'Eurosistema connessi a quei titoli, se dovessero saltare banche e Paesi dell'Eurozona (le due cose, si badi bene, devono avvenire insieme per causare perdite alle banche centrali).
MERKELInoltre, il presidente della Bundesbank è preoccupato, spiega una fonte Bce, perché «drogando» le banche con tonnellate di liquidità il rischio è che non emergano gli istituti che hanno un problema di solvibilità e non più di mancanza di fondi, i cosiddetti «zombie». Infine, il tedesco sembra dare indirettamente ragione ad economisti molto ascoltati in Germania come Hans Werner Sinn che sostengono che ormai la Bundesbank sia piena fino all'orlo di titoli tossici.
BUNDESBANKPeccato, fanno notare fonti vicine a Draghi, che Weidmann abbia votato prima a favore dell'allentamento dei criteri sui collaterali, e poi contro. Un comportamento ondivago e «poco consono, per un presidente Bundesbank», nota con una punta di veleno la fonte. Un atteggiamento che rasenta la scorrettezza nel momento in cui il capo della Buba fa uscire sui giornali posizioni che non ha sostenuto con la stessa nettezza nelle riunioni Bce. Tra l'altro, le due volte che si è votato per decidere sulle mega-aste triennali, tutti i membri del board hanno votato all'unanimità a favore, il tedesco compreso.
Wolfgang SchaubleLa posizione di Weidmann, comunque, non è quella del «fronte del Nord», insomma dei soliti Paesi-falchi come Finlandia Olanda o Austria. È isolata. Perché l'uscita sulla Faz - altro motivo di irritazione per Draghi - è soprattutto a uso interno. Merkel è ormai circondata da chi, come alcuni ministri sia liberali sia del suo stesso partito (e soprattutto dell'ala bavarese, la Csu), esprime dubbi pesanti sulla possibilità che la Grecia possa essere salvata.
Altri gridano allo scandalo perché a causa delle operazioni straordinarie anticrisi il bilancio della Bce (tremila miliardi) ha ormai superato quello della Fed - un durissimo articolo su questo tema è uscito ieri addirittura sulla progressista Sueddeutsche Zeitung . Fortuna che in serata Merkel ha fatto capire chiaramente con chi sta: «La Bce, prestando soldi alle banche, sostiene l'euro e aiuta le banche». Punto e a capo.