Carmine Fotina E Gianni Trovati per “Il Sole 24 Ore”
giancarlo giorgetti - foto lapresse
Il governo taglia i fondi all’automotive e li sposta sull’industria della difesa. La sorprendente virata è contenuta nelle tabelle della manovra e presenta cifre macroscopiche. Nel mezzo di una delle crisi più gravi della storia dell’industria automobilistica italiana, il disegno di legge di bilancio definanzia per 4,55 miliardi il Fondo automotive gestito dal ministero delle Imprese e del made in Italy (Mimit) per interventi fino al 2030. Restano a disposizione a questo punto 1,2 miliardi: una sforbiciata dell’80 per cento.
Nel contempo, con quello che a una prima lettura appare un orientamento molto netto di politica industriale, dettato probabilmente anche dagli scenari geopolitici in corso, il governo punta sull’industria della difesa (sviluppo nel settore aeronautico, tecnologia per la difesa area nazionale, unità navali Fremm, contributi a settore marittimo-difesa nazionale) per un totale di oltre 11,3 miliardi spalmati però su un arco temporale molto più lungo, fino al 2039.
adolfo urso giorgia meloni question time alla camera
L’effetto è spiazzante. Mentre è in stallo il dialogo con Stellantis per la salvaguardia della produzione e dell’occupazione in Italia, nella fase storica di crollo dei volumi e di crisi della componentistica, in piena transizione verso un’industria ad alimentazioni green, il governo Meloni sceglie di ridurre drasticamente i finanziamenti all’auto.
Il Fondo, fin qui già utilizzato per circa 3 miliardi degli 8,7 miliardi che erano stati originariamente stanziati dal governo Draghi, serve a finanziare sia gli incentivi all’acquisto di auto a basse emissioni sia agevolazioni alla filiera produttiva, quindi all’offerta.
La dichiarazione del titolare del Mimit, Adolfo Urso, senza mai citare Stellantis, lascia intendere però che il taglio si concentrerà proprio sugli incentivi alla domanda, che anche di recente il Ceo del gruppo automobilistico, Carlos Tavares, ha considerato imprescindibili per muovere il mercato dell’elettrico.
carlos tavares in audizione al senato foto lapresse
«Siamo impegnati a garantire che la filiera dell’automotive abbia gli strumenti necessari per affrontare la sfida della transizione - dice Urso -. Tutte le risorse andranno sul fronte degli investimenti produttivi con particolare attenzione alla componentistica che è la vera forza del Made in Italy».
[…] Di qui anche l’onda delle polemiche politiche che si è immediatamente alzata. Antonio Misiani e Annalisa Corrado, membri della segreteria nazionale Pd, parlano di «totale delegittimazione del ministro Urso, che farebbe meglio a valutare se ha ancora senso la sua permanenza al Mimit».
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La partita auto-difesa è solo uno degli effetti delle tabelle di definanziamento e rifinanziamenti della sezione II della legge di bilancio, quel lungo elenco di cifre con le revisioni dei fondi ministeriali che accompagna la manovra circondato di solito dal disinteresse generale.
MAURIZIO LEO - GIANCARLO GIORGETTI - FOTO LAPRESSE
Il silenzio abituale intorno al tema si spiega con il fatto che la lettura di questa teoria di numeri non è semplice. Ma non è giustificato dai valori in gioco. Nella nuova legge di bilancio, per esempio, il dare-avere fra definanziamenti e rifinanziamenti offre nel complesso ai saldi di finanza pubblica coperture sul 2025 per 3,99 miliardi, decisivi per contenere l’extradeficit utilizzato per le misure ai 9 miliardi (8,89 per la precisione) disponibili per fare la manovra senza sforare l’obiettivo di correzione del deficit chiesto dalle regole Ue.
carlos tavares in audizione al senato foto lapresse 3
Altri 3,22 miliardi di coperture sono sul 2026, mentre l’anno successivo l’effetto si riduce (per ora) a 1,1 miliardi. Quest’anno, poi, le tabelle acquistano un significato aggiuntivo, perché contengono lo sforzo di rendere strutturali le dinamiche di finanza pubblica sottraendole alle oscillazioni annuali non più compatibili con il Piano a medio termine.
Nella sezione II si incontra il rifinanziamento a regime delle missioni internazionali (1,27 miliardi nel 2025, 1,57 dal 2026), che non andranno più rincorse di manovra in manovra, o il prosciugamento del fondo delega fiscale (14,1 miliardi in cinque anni per stabilizzare l’Irpef a tre aliquote avviata quest’anno).