Francesco Semprini per “La Stampa”
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Robert, bardato di tutto punto, è intento a completare le pionieristiche rilevazioni nella roccia. Peter, poco distante, piccona il terreno per estrarre campioni da analizzare. In testa ha l'immancabile casco, addosso il gilet di riconoscimento giallo fluorescente, così come il manipolo di colleghi impiegati in questo fazzoletto di terra nell'estremo nord del Pianeta.
A fine giornata, Robert, Peter e tutto il personale di Kobold Metals e Bluejay Mining si ritrovano nel campo base per trascorrere il tempo libero a disposizione, consumando pasti caldi per contrastare le temperature fredde della strana estate polare, o riposando durante i fugaci momenti di buio che l'Artico concede in questa stagione. Attorno a loro infinite lande desolate e pattuglie di iceberg alla deriva.
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È questa la fotografia della nuova corsa all'oro, la conquista del west della Groenlandia che vede protagonisti i Paperoni a stelle e strisce, come Bill Gates, Jeff Bezos e Michael Bloomberg. Stavolta il grande capitale americano punta a investire sul sottosuolo del subcontinente semi-glaciale per sviluppare le tecnologie verdi con cui far funzionare il Pianeta nell'era della sostenibilità obbligata.
La scommessa è che sotto la superficie di promontori e avvallamenti dell'isola di Disko e della penisola di Nuussuaq, ci siano quantità di nichel e cobalto tali da consentire la transizione energetica verde.
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Un'impresa epocale che, ironia della sorte, potrebbe trovare un aiuto proprio nel cambiamento climatico, che con l'effetto serra accelera lo scioglimento dei ghiacci e rende le esplorazioni di questi territori ben più agevoli. E mette a nudo una dicotomia unica: la Groenlandia è il ground zero per gli impatti del cambiamento climatico, ma potrebbe anche diventare il punto di riferimento per l'approvvigionamento dei metalli necessari a risolvere la crisi.
«Stiamo cercando un giacimento che sarà il primo o il secondo giacimento di nichel, cobalto più significativo al mondo», dice alla Cnn, primo media a ottenere le immagini della nuova corsa all'oro, Kurt House, ad di Kobold Metals.
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La società, assieme a Bluejay Mining, è la prescelta dal club dei miliardari per la nuova impresa da benefattori (sebbene il pro bono equivalga a un profitto) del Pianeta. Trenta geologi, geofisici, cuochi, piloti e meccanici sono accampati nel sito in cui è scattata la caccia al tesoro. Gli equipaggi prelevano campioni di suolo, e utilizzano droni ed elicotteri con trasmettitori per misurarne il campo elettromagnetico e mappare gli strati di roccia sottostanti.
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Una componente importante è svolta dall'intelligenza artificiale per analizzare i dati e individuare i siti dove procedere alle perforazioni già dalla prossima estate. «È preoccupante assistere all'impatto dei cambiamenti climatici in Groenlandia - racconta l'ad di Bluejay Mining Bo Møller Stensgaard -. Ma, in generale, i cambiamenti climatici hanno reso l'esplorazione e l'estrazione mineraria in Groenlandia più facili e accessibili». «È la tendenza del futuro (si prevede che ai regimi attuali questi ghiacci potrebbero scomparire tra 20 e 30 anni) e quindi più terra diventerà accessibile allo sviluppo minerario», afferma Mike Sfraga, presidente della Commissione per la ricerca sull'Artico degli Stati Uniti.
La Groenlandia potrebbe diventare un ground zero di valenza assai elevata per carbone, rame, oro, terre rare e zinco, secondo il Geological Survey of Denmark and Groenlandia. Ed è forse la sua vocazione mineraria ad aver spinto, tre anni fa proprio di questi tempi, Donald Trump a voler acquistare la Groenlandia convinto che l'annessione della "terra dei ghiacci" avrebbe conferito agli Usa la marcia in più nella corsa alla conquista del Polo rispetto all'inarrestabile Cina.
Nell'ambito di un risiko planetario che vede il Dragone allungare la sua lunga mano sull'Artico, per creare una "Via della seta polare". Prima di Trump ci aveva già provato il lungimirante Harry Truman nel 1946 ad acquistare il subcontinente offrendo 100 milioni di dollari al governo di Copenaghen. Era la genesi della Guerra fredda e il 33esimo presidente degli Stati Uniti ben sapeva che avere il controllo della Groenlandia avrebbe dato alla nazione un vantaggio strategico nei confronti dell'Unione sovietica.
A nessuno dei due inquilini della Casa Bianca è andata bene, ed ora il tentativo dal pubblico è passato al privato, coi nuovi padroni del mondo, campioni in seduzione del capitale, pronti a conquistare l'Eldorado del nuovo millennio.
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