Estratto dell'articolo di Carlo Di Foggia per “il Fatto quotidiano”
Sulla pelle dell’ex Ilva (oggi Acciaierie d’Italia) e dei suoi 10mila dipendenti volano ormai gli stracci tra lo Stato e il socio privato Arcelor Mittal. Lo scontro, dopo settimane di guerra sotterranea, è esploso pubblicamente ieri con la presa di posizione ufficiale di Dri d’Italia, il soggetto controllato dalla pubblica Invitalia, che deve avviare la decarbonizzazione del siderurgico tarantino producendo il cosiddetto “preridotto” per colare acciaio senza bruciare carbone.
Ieri, la società presieduta da Franco Bernabè (che presiede pure Acciaierie d’Italia), ha diffuso una nota per dire di aver “appreso con stupore la diffusione di una lettera riservata dell’amministratore delegato di Acciaierie d’Italia, Lucia Morselli, contenente affermazioni in totale contrasto con le norme che definiscono le modalità di intervento dello Stato nel processo di decarbonizzazione dell’acciaio e con potenziali ricadute negative sulla sua attuazione”. Accusa pesantissima.
La lettera di Morselli, lunedì sera, è arrivata alle agenzie e ai giornali amici ed è l’ultimo capitolo di uno scontro che sembra insanabile. […]
[…] Il colosso della siderurgia Arcelor Mittal si è aggiudicato l’Ilva nel 2017 vincendo la gara bandita dall’allora ministro Carlo Calenda.
Nel 2021, dopo una lunga guerra legale col governo Conte (reo di aver eliminato lo scudo penale per i vertici dell’impianto), è stata siglata la tregua con l’ingresso dello Stato nel gruppo. È nata Acciaierie d’Italia: Mittal ha il 62%, Invitalia – che da allora ha versato oltre 1 miliardo per evitare il collasso della società senza poter comandare – il 38%. Alla guida è rimasta Morselli, la manager scelta tre anni fa da Mittal per fare la guerra al governo. Il presidente è invece Bernabè, indicato da Invitalia (cioè Draghi).
Sembra una barzelletta, ma da settimane Morselli e Bernabè (o l’Ad di Dri Stefano Cao) si scontrano attraverso un fitto scambio di lettere pur essendo tutti consiglieri di Acciaierie d’Italia holding.
I manager pubblici accusano Morselli di ostacolare l’avvio dell’impianto del preridotto, pretendendo di voler essere lei a realizzarlo e gestirlo come Acciaierie d’Italia, mentre la legge affida il compito e i fondi (1 miliardo del Pnrr, che altrimenti andrebbe perso) a Dri d’Italia.
Nell’ultima lettera, Morselli accusa la controparte pubblica di tenere la società da lei guidata all’oscuro di alcuni documenti e sostiene che Acciaierie sia l’unica in grado di costruire l’impianto. Per Dri significa perdere i soldi e far saltare il progetto, un colpo pesantissimo all’Ilva e alla siderurgia italiana, visto che parte del preridotto sarà destinata alle acciaierie del Nord.
[…]
Quando c’è uno scontro tra manager e azionisti, si cambia il manager. Problema: lo Stato non può farlo finché non sale in maggioranza e non può avere la maggioranza se non trova l’accordo con Mittal, che però la tira per le lunghe. Se va avanti così, il vincitore trionferà sulle macerie.
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