Alberto Simoni per “La Stampa”
Con un nuovo robusto giro di vite sui tassi di interesse la Federal Reserve porta il costo del denaro ai livelli più elevati dal gennaio 2008, alimentando il dibattito sull'opportunità di proseguire con manovre "tanto aggressive" sollevato dalla sinistra democratica.
La Banca centrale degli Stati Uniti ha annunciato ieri il quarto rialzo consecutivo dello 0,75% dei Fed Fund, elevando la forbice di prezzo fra il 3,75% e il 4%. Si tratta del sesto aumento dall'inizio dell'anno, contando quello di un quarto di punto a marzo e quello di mezzo punto a maggio.
Si procederà così fino a quando i tassi non saranno in territorio «sufficientemente» restrittivo, si legge nel comunicato del Fomc, il braccio esecutivo della Fed, divulgato al termine dell'incontro di due giorni. Secondo i governatori della Fed l'inflazione rimane elevata e potrebbe volerci del tempo prima che i rapidi aumenti dell'anno in corso producano riflessi a livello economico.
All'interno di Constitution Avenue tuttavia, monta il dibattito sull'opportunità di ridurre il ritmo e l'intensità dei ritocchi. O addirittura di interromperli all'inizio del 2023, per diminuire il rischio di un rallentamento brusco della locomotiva Usa.
INFLAZIONE USA - SETTEMBRE 2022
Il dibattito è destinato a intensificarsi man mano che i tassi toccheranno un livello tale da limitare la spesa, le assunzioni e gli investimenti. Il livello dei Fed Funds influenza inoltre tutta la filiera dei costi finanziari, compresi i tassi su carte di credito, mutui e prestiti automobilistici.
«Abbiamo bisogno di vedere l'inflazione calare in modo significativo», ribadisce il presidente della Fed Jerome Powell, sottolineando tuttavia che un rallentamento della velocità dei rialzi si sta avvicinando. «Potrebbe essere alla prossima riunione o a quella dopo». È però «assai prematuro» pensare ora a una pausa nei rialzi dei tassi di interesse, dice il timoniere della Fed sottolineando che il mercato del lavoro è molto forte.
«Siamo determinati a riportare l'inflazione al 2% e abbiamo gli strumenti per farlo», prosegue Powell, ricordando che per tutta l'economia mondiale è un momento difficile.
Il riferimento è all'elevata inflazione in Europa e al rallentamento della Cina. Anche la locomotiva Usa ha rallentato in maniera pronunciata dallo scorso anno e gli indicatori puntano a una crescita modesta nel quarto trimestre.
Al contempo, afferma Powell, il costo della vita è cresciuto del 6,2% a settembre rispetto a un anno fa. Il Pil è invece calato sia nel primo che nel secondo trimestre, segnando tecnicamente una recessione, sebbene sia rimbalzato al 2,6% nel terzo trimestre, principalmente a causa di un insolito aumento delle esportazioni. Allo stesso tempo, la domanda di abitazioni è precipitata poiché i tassi dei mutui a 30 anni sono aumentati oltre il 7% negli ultimi giorni.
Tuttavia esistono mercati immobiliari bolla (ad esempio New York) che necessitano di correzioni. Con la manovra di ieri la Fed porta i tassi di interesse ai livelli più alti dal gennaio 2008. È il ritmo di crescita più veloce dall'inizio degli anni Ottanta.
Tali dinamiche non tranquillizzano Wall Street che cede terreno su tutti i fronti, in calo anche l'euro sul dollaro, mentre i rendimenti decennali registrano un rialzo. Il dibattito sulla velocità degli aumenti alimenta al contempo la rivolta della sinistra democratica contro Powell.
«Quanti lavoratori vuoi uccidere?», chiede Elizabeth Warren in una lettera condivisa con altri senatori inviata al capo della Fed. La critica della militante progressista, soprannominata "lo sceriffo di Wall Street", è legata ai timori di una recessione acuta fra pochi mesi. I firmatari hanno posto la data del 14 novembre perché Powell risponda ai loro quesiti, ma nel frattempo l'onda "anti-falchi" in seno ai Dem potrebbe produrre effetti sul voto di metà mandato di martedì 8 novembre.