Michelangelo Cocco per “il Messaggero”
Il suo motto, un vero e proprio marchio di fabbrica, era: «Cambiamo tutto, tranne moglie e figli». Ed è proprio attraverso la continua innovazione che Lee Kun-hee, morto ieri all' età di 78 anni, era riuscito a trasformare Samsung nel più grande conglomerato industriale della Corea del sud e in un brand globale iconico.
Terzo figlio di Lee Byung-chull - il fondatore (nel 1938) di quella che nacque come un' esportatrice di pesce e frutta -, Lee Kun-hee fece lievitare il fatturato di Samsung da 9 miliardi di dollari nel 1987, quando ne assunse la guida, a 400 miliardi di dollari nel 2014, quando venne ricoverato a seguito dell' infarto che lo mise definitivamente fuori gioco.
lee kun hee con la moglie hong ra hee
LA STRADA
A favorire questo miracolo industriale furono le politiche di Park Chung-hee, il presidente che negli anni Sessanta iniziò a cambiare il volto di un Paese agricolo attirando investimenti e garantendo alle aziende prestiti bancari agevolati per promuovere l' export dei prodotti sudcoreani.
il grattacielo di samsung a seoul
Nel 1974 contro la volontà di papà Byung-chull, tutto concentrato sul business del grano e dei tessuti Lee acquistò la Korea Semiconductor: aveva intuito che il futuro delle catene di montaggio allora come oggi quello dell' intelligenza artificiale era racchiuso nei microchip, che sarebbero diventati sempre più piccoli e sempre più potenti.
lee kun hee bambino con la madre e il padre lee byung chull
Si era formato alla prestigiosa Università Waseda di Tokyo e aveva fatto di tutto affinché Samsung si emancipasse da quello che definiva «colonialismo tecnologico straniero», ovvero quello del Giappone, potenza tecnologica d' Oriente incontrastata negli anni Ottanta. Ma, nel 1983, fu la compagnia di Lee Kun-hee ad andare in Giappone, per investire nell' elettronica.
Dieci anni dopo, Samsung sfornò la prima memoria DRAM da 64 mega: da allora non ha ancora mollato la leadership mondiale nella produzione di chip. Lee era ossessionato dalla qualità, e grazie a quella dei suoi prodotti, Samsung è diventata leader mondiale nei settori dei microchip, dei telefoni cellulari e dei televisori. Il suo fatturato equivale al 20% del prodotto interno lordo sudcoreano. Eppure fino al 1993 la creatura ereditata dal padre sfornava ancora manufatti a basso costo.
Fu in quell' anno che Lee divenne un mito. Dopo essersi infuriato per aver visto i suoi operai che aggiustavano con dei coltelli i coperchi difettosi di lavatrici uscite da una linea di produzione, e aver ordinato di bruciare un magazzino con centinaia di migliaia di telefoni cellulari giudicati obsoleti per design e funzionalità, lanciò il suo manifesto per un Nuovo mangement.
I TELEVISORI
Fu allora che pronunciò lo slogan: «Cambiamo tutto, tranne moglie e figli». Quel 1993 segnò la rinascita di Samsung, grazie ai telefonini del suo brand Anycall che invasero i mercati internazionali.
Nel 1996 Lee venne condannato per aver corrotto l' ex presidente Roh Tae-woo, ottenendone favori per la sua azienda. Nel 2003, si dimostrò ancora una volta un visionario, ordinando la fine della produzione di televisori a tubo catodico (di cui allora deteneva il 27% delle vendite), per passare a quelli LCD, che assecondarono il passaggio dall' analogico al digitale. Grazie a questa mossa nel 2006 superò la rivale (giapponese) Sony nel mercato delle tv. Nel 2008, fu costretto a dimettersi temporaneamente in seguito a un altro scandalo, questa volta per truffa ed evasione fiscale. In entrambi i casi non passò un giorno in prigione ed ottenne il perdono presidenziale.
Schivo e solitario, Lee non usciva quasi mai dalla sua villa nel centro di Seul per andare in azienda, per questo gli avevano affibbiato il soprannome di re eremita. «La sua eredità sarà eterna», si legge nel comunicato aziendale che ne ha annunciato la scomparsa. Intanto, ai parenti lascia un patrimonio netto di circa 21 miliardi di dollari. Suo figlio, il vice presidente di Samsung Electronics Lee Jae-yong, saprà tener testa alla concorrenza cinese così come il padre riuscì a superare i rivali giapponesi?
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