Emily Capozucca per il “Corriere della Sera”
«Siamo in buona compagnia in questo caos generalizzato» ironizza Silvia Gorlini, sales e marketing manager dell' impresa di famiglia, riferendosi a tutti gli imprenditori che come lei si trovano a dover far fronte alla crisi economica generata dall' emergenza coronavirus e a dover pianificare le modalità per ripartire.
giuseppe conte al salone del mobile 4
L' azienda Gorlini, fondata a Legnano nel 1951 dal nonno Remo, è specializzata nella produzione di serramenti in legno "sartoriali" (come recita il claim), perché costruiti su misura secondo le richieste del cliente ma nonostante i suoi quasi 70 anni di storia, si trova oggi, come tutto il settore edilizio, in difficoltà. «Stiamo cercando di fare chiarezza anche alla luce dell' ultimo discorso del presidente del Consiglio», racconta Silvia, che sottolinea due problematiche principali per la cosiddetta fase 2. La prima di tipo operativo. «Abbiamo situazioni diverse. Da una parte è stato chiarito che dal quattro maggio potranno ripartire i cantieri e l' impresa si occuperà della sicurezza. Dall' altra, montiamo finestre anche a casa dei nostri clienti e ancora non sappiamo se siamo autorizzati ad entrare nelle loro abitazioni».
GIUSEPPE CONTE ALL INAUGURAZIONE DEL PONTE DI GENOVA
La seconda problematica è di tipo finanziario. «Apparteniamo al settore dell' edilizia, che viene già da una situazione di crisi conclamata da anni, ma allo stesso tempo siamo presenti anche nel commercio di arredamento, salvato negli ultimi tempi dal mercato estero, azzerato quest' anno anche dall' annullamento del Salone del Mobile e dal calo del turismo. Con le perdite di questi due mesi le aziende sono veramente in ginocchio e la situazione non sembra rosea neanche per l' immediato futuro» commenta l' imprenditrice che lamenta un eccesso di burocrazia, sia per quanto riguarda i finanziamenti che per i protocolli di sicurezza.
silvia gorlini 1 giuseppe conte, macron e merkel meme
«Abbiamo provato a contattare uno degli istituti di credito con cui lavoriamo e ci avrebbero concesso solo 200 mila euro dei 300 richiesti per di più condizionati alla chiusura dei piani di finanziamento in essere che ammontano a 137 mila. Il prestito, se concesso, arriverebbe dunque solo a 63 mila euro che è abbastanza ridicolo rispetto al momento di emergenza che c' è. Le banche si stanno tutelando scaricando il loro rischio sullo Stato».
La soluzione più concreta per Gorlini? Finanziamenti a fondo perduto. «In altri Paesi è tutto più semplice. In Svizzera i soldi arrivano direttamente sul conto corrente senza tanta burocrazia. In Italia, le banche, prima di concedere i prestiti, fanno una valutazione accurata della situazione finanziaria dell' azienda che deve essere più che solida e non so quante siano in questo momento in una situazione finanziaria idilliaca» commenta Silvia, che è anche preoccupata del ritardo del pagamento della cassa integrazione ai collaboratori che dovranno rientrare a lavoro senza aver ancora ricevuto un euro, esponendosi al rischio, «e qualora un dipendente si dovesse ammalare di Covid, l' Inail lo qualificherebbe come infortunio sul lavoro come previsto dal decreto "Cura Italia" e la responsabilità graverebbe su noi imprenditori».
Silvia riscontra l' assenza di direttive univoche con il rischio di aprire non in perfetta regola. «Bisogna pagare una società che ti aiuti, perché va rivoluzionato tutto il piano sicurezza già esistente». Costi in più che si sommano alla riduzione del personale sui cantieri e il protrarsi della fine dei lavori. «Casistiche non sono prese in considerazione dai decreti e noi nel frattempo ci perdiamo».
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