Rosaria Amato per “la Repubblica”
Non si tratta solo di ridurre gli sprechi. A fronte di un'inflazione a due cifre su tutto quello che ogni giorno arriva sulle nostre tavole, questa sicuramente è la prima strategia adottata dagli italiani, ma per chi ha capacità di spesa più limitate non basta.
E quindi se nell'indagine Legacoop-Ipsos "Fragilitalia" il 58% degli intervistati, senza grosse differenze tra classi di reddito e di spesa, dichiara di aver tagliato tutto quello che non ritiene necessario, chi ha minori capacità di spesa è costretto in questi mesi a ridurre anche gli acquisti di prodotti che nella vita di tutti i giorni e nella nostra cultura alimentare sono ritenuti assolutamente necessari.
Alla domanda "l'aumento dei prezzi la costringerà a ridurre o evitare l'acquisto di prodotti", il 27% risponde che taglierà i salumi, il 26% il pesce, il 21% la carne, il 19% i formaggi e i surgelati, il 14% frutta, verdura, latte e yogurt, l'11% persino il pane e la pasta.
E non si tratta solo di programmi per il futuro: dall'ultima rilevazione Istat sul commercio al dettaglio emerge che a luglio le vendite dei beni alimentari su base annua crescono del 6,1% in valore, ma diminuiscono del 3,6% in volume. In altre parole, si spende molto di più ma si compra meno cibo.
Si va a comprare soprattutto nei supermercati, ipermercati, discount, i piccoli negozi soffrono più del solito. Il che non significa che anche nei supermercati o nei discount i prezzi non aumentino: nell'ultima rilevazione Nielsen sulla settimana 14-21 agosto emerge persino un balzo su base annua dell'81,3% dell'olio di semi, prodotto simbolo della congiuntura, vittima della guerra (si produce soprattutto in Ucraina e Russia) e del caro-trasporti. Due anni fa un litro di olio di semi in media costava 1,54 euro al litro, adesso è arrivato a 2,61 euro, e di conseguenza registra una flessione di circa un quinto degli acquisti.
Ma a preoccupare sono i possibili futuri tagli. Se si sommano le risposte al sondaggio Legacoop-Ipsos tra chi taglia del tutto e chi taglia un po' i consumi, si arriva al 67% per i salumi e la carne, al 64% per cento per il pesce, al 62% per i formaggi e al 58% per i surgelati.
Gli italiani ripensano le strategie di consumo non solo rispetto ai prodotti acquistati (dichiara "stiamo cambiando la nostra alimentazione per risparmiare" il 23% degli intervistati appartenenti al ceto popolare), ma persino rispetto ai sistemi di cottura.
Il 47% degli intervistati dichiara di aver ridotto l'uso del forno, quota che arriva al 54% per il ceto popolare, il 31% di aver aumentato il consumo di alimenti che richiedono cotture veloci. E quando si cucina, si preferisce preparare grandi quantitativi di cibo che vengono poi divisi in porzione e surgelati.
Strategie che vanno ben oltre quelle tradizionali, che pure vengono adottate, dalla caccia alle promozioni alla ricerca di marchi più convenienti. Strategie generalizzate: dichiara di non aver cambiato nulla delle proprie abitudini di consumo solo il 6% degli intervistati.