Estratto dell’articolo di Giorgia Zanierato per www.corriere.it
L’Harry’s Bar di Venezia cerca personale, ma non lo trova. Camerieri, pasticceri, contabili senior e junior, factotum, e persino un motoscafista: le figure professionali mancano tutte, così come le persone disposte a farsi avanti per accaparrarsi il posto. Secondo il titolare 91enne del locale, Arrigo Cipriani, è un sintomo della «svogliatezza diffusa nella nostra Repubblica fondata sulle ferie» e la colpa sarebbe del reddito di cittadinanza, delle tasse, e pure dei sindacati. […]
Quali ritiene siano le cause per cui esiste questa difficoltà nel reperire personale?
«Inutile cercare scuse: il problema principale è il reddito di cittadinanza, che ha rovinato il mondo del lavoro lanciando il messaggio che si possono guadagnare soldi anche standosene comodamente a casa seduti sul divano. Ormai sono i soldi che comandano il mondo, non più il valore del lavoro.
Capisco se si fosse creato un reddito di povertà, basato su una reale impossibilità di sopravvivere, ma non comprendo per quale motivo una persona dovrebbe percepire un reddito per il semplice fatto di essere un cittadino, perché da questo deriva la parola “reddito di cittadinanza”. Se insegniamo alla gente che il denaro arriva anche senza necessità di lavorare, perché mai una persona dovrebbe scegliere di rimboccarsi le maniche?».
Non c'entrano gli stipendi troppo bassi con la difficoltà di trovare persone disposte a lavorare?
«In alcuni casi anche questo è un problema, ma la colpa non è dell’imprenditore quanto del lavoratore. L’Italia è infatti il paese dove il prelievo fiscale è il più alto al mondo. Non esiste un altro paese in cui un imprenditore, oltre a dare mille euro di stipendio ad un dipendente, ne deve dare altrettanti allo stato.
Gli stipendi di tutti sarebbero più alti se alle tasche dell’imprenditore venissero a costare di meno. Noi abbiamo 15 ristoranti sparsi in vari paesi del mondo e l’Italia è tra tutti il più costoso in cui tenere in piedi un’attività. Le conseguenze di tassazioni così alte pesano tanto sugli imprenditori quanto sui lavoratori».
Lei paga bene i suoi dipendenti?
«Io li pago quanto il contratto nazionale vuole che io li paghi, non sono io a dettare legge sulle cifre. Sono tutti pagati quanto gli spetta: tredicesima, quattordicesima, straordinari e malattie inclusi».
Concorda con chi crede che le persone al giorno d’oggi siano diventate pigre, che manchi la voglia di faticare?
«Innanzitutto il lavoro è vita, non fatica. Che il lavoro è fatica l’ha detto papa Giovanni Paolo II e io non sono d’accordo. Poi è anche vero che l’Italia ormai è una Repubblica che si fonda sulle ferie. In Italia i lavoratori godono di 5 settimane di ferie all’anno, un lasso di tempo che non esiste in nessun altro Stato».
Sta dicendo che ci sono troppi diritti dei lavoratori?
«L’Italia è un paese di diritti, tutti ne hanno e nessuno ha doveri».
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