Francesco De Dominicis per "Libero Quotidiano"
Attribuiscono la colpa alla crisi dei consumi. E poi alla «crescita delle catene retail fast fashion» (a esempio Zara o H&M) e «degli outlet» (i centri commerciali dove si compra sempre a saldo). Sono questi, secondo i vertici di Stefanel, stando ai documenti societari, i principali fattori che hanno portato il gruppo della moda su un piano inclinato.
Il bilancio 2015 si era chiuso con dati negativi e il primo semestre di quest' anno ha visto peggiorare una situazione assai complessa. Al punto che la società di revisione Ernst&Young, come segnalato ieri dal Sole24Ore, non ha espresso la prescritta valutazione sulla semestrale. Uno schiaffo che ha replicato quello ricevuto ad aprile, in occasione dell' ok ai conti 2015: «Impossibilità di esprimere un giudizio» per i pericoli relativi alla «continuità aziendale».
Fatto sta che un marchio importante del made in Italy, nato alla fine degli anni 50 ed esploso a partire dal 1982 (quattro anni più tardi la storica apertura a New York), corre seri rischi. Il problema principale sono i debiti con le banche. In totale Stefanel deve restituire 85 milioni di euro agli istituti di credito (a fine 2015 le banche reclamavano 82,2 milioni), ma una buona fetta dell' esposizione è riconducibile anche ai «fornitori»: gli esperti di E&Y parlano di «ammontare significativo».
Tradotto vuol dire che il gruppo dell' abbigliamento non paga regolarmente le fatture. Il fatturato è in calo da diversi anni. Da gennaio a giugno la perdita netta è stata di oltre 13 milioni e ora il patrimonio è negativo per 11 milioni e mezzo. Un quadro che il top management - senza esercizi di autocritica - motiva esclusivamente con «la mancata ripresa dei consumi a fronte della capacità di spesa dei consumatori e del perdurare di un clima economico e sociale di incertezza».
GIUSEPPE STEFANELE NICOLETTA ROMANOFF
E poi, dicevamo, c' è il nodo distribuzione, col modello Zara ovvero la moda low cost, che avrebbe distrutto il fashion di livello superiore. Di qui l' ammissione, che pare quasi una bandiera bianca: «Scenario oltremodo incerto» e «complessa attività previsionale». Si naviga al buio per la «stagnazione dell' economia reale» e per i «fenomeni di polarizzazione dei consumi».
GIUSEPPE STEFANEL E LUISA RANIERI
Per uscire dal pantano, Stefanel avrebbe bisogno di un finanziatore. E in questo senso «l' individuazione di potenziali partner» è in cima alla lista delle priorità del consiglio di amministrazione guidato dal Giuseppe Stefanel. Il quale - oltre ad aver bruciato 5 milioni, a titolo personale, investendo in azioni di Veneto Banca - ha ribadito pure nelle comunicazioni ai soci la necessità di costruire un «nuovo piano industriale per il periodo 2016-2019».
Giuseppe Stefanel, in ogni caso, non molla. A fine anno verserà nelle casse del gruppo 2 milioni per aver rilevato con una sua società (Leggenda srl) un negozio di Firenze. Negozio valutato complessivamente, nel 2015, 4,5 milioni. Un milione era stato pagato come acconto, mentre l' ultima rata da 1,5 milioni scade all' inizio del 2017. Ma basteranno gli sforzi del patron a evitare il tracollo?