Estratto dell’articolo di Andrea Zoppini* per "il Sole 24 Ore”
*Giurista, sottosegretario alla giustizia del Governo Monti dal 29 novembre 2011 al 15 maggio 2012 e professore ordinario di Diritto civile all’Università Roma Tre
Dal 2002 al 2023 sono oltre 360 le società uscite dal mercato borsistico italiano, con una perdita di capitalizzazione per Piazza Affari superiore, negli ultimi cinque anni, a 55 miliardi di euro.
A tale fenomeno si aggiunge la scelta di quegli imprenditori italiani che ai fini della quotazione hanno trasferito la propria sede all'estero, in particolare in quei paesi dotati di sistemi giuridici che offrono, tra l'altro, meccanismi di governance ritenuti più idonei a valorizzare la posizione del socio stabile. Queste società […] non hanno inteso sottrarsi al regime impositivo fiscale italiano, né delocalizzare i propri siti produttivi.
Hanno infatti ritenuto che la disciplina applicabile alle società quotate italiane sia troppo rigida, perché caratterizzata dal voto di lista obbligatorio e dalla presenza di minoranze, nonché condizionata da regimi di vigilanza e sanzionatori talora inutilmente afflittivi o da rischi espropriativi come quelli previsti dal decreto legislativo 231 in tema di responsabilità penale delle società.
Molto noti sono i casi delle holding di taluni dei gruppi industriali più importanti d'Italia – da Exor a FCA, da Luxottica a Mediaset, da Illy a Campari – che da diversi anni hanno stabilito la propria sede legale in Olanda al fine di beneficiare di una disciplina di diritto societario più flessibile sul piano delle regole di voto, degli assetti di governo societario e nella selezione del management.
Il disegno di legge pendente al Senato in materia di “Interventi a sostegno della competitività dei capitali” costituisce […] un'occasione per segnare un'inversione di tendenza ed evitare che il mercato borsistico italiano perda definitivamente qualsiasi spazio nel panorama internazionale.
john elkann al festival dell economia di torino 4
Se ripenso all'introduzione nel 2012 – cui ho personalmente contribuito – del voto plurimo (previsto per le società chiuse e mantenibile in sede di quotazione) e maggiorato (previsto per le società quotate), non posso non ricordare le ingiustificate critiche rivolte a quel provvedimento, […] mentre con il senno di poi avremmo dovuto essere molto più coraggiosi nell'innovazione.
Infatti, uno dei problemi che chiede con più forza soluzione è quello connesso all'esigenza di differenziare la posizione del socio stabile, interessato alla gestione imprenditoriale e che apporta un valore di lungo periodo, da quanti sono investitori finanziari interessati, del tutto legittimamente, al massimo ritorno dell'investimento nel breve termine.
Proprio nella prospettiva di operare scelte innovative e più audaci, il DdL Capitali dovrebbe darsi l'obiettivo di riportare in Italia le grandi imprese che negli anni scorsi hanno scelto un diverso ordinamento europeo per la quotazione.
Tale obiettivo può realizzarsi introducendo una norma che consenta la trasformazione transfrontaliera alle società residenti nell'Unione europea, e le cui azioni sono negoziate in un mercato regolamentato europeo da almeno cinque anni, trasferendo in Italia la propria sede legale e conservando al contempo le regole di governance adottate in via statutaria in conformità al diritto del paese di provenienza.
Avremmo insomma società quotate in borsa in Italia che però mantengono lo statuto di governance attuale, continuando in particolare a trovare applicazione le regole ivi previste sul voto multiplo e sul funzionamento del consiglio di amministrazione. […]
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