Roberto Sommella per "Milano Finanza" - Estratti
giorgia meloni emmanuel macron meme by edoardo baraldi
Da lunedì 10 giugno, comunque vadano a finire le elezioni europee e chiunque guiderà la Commissione, ci sarà da ricostruire un rapporto di fiducia tra due Paesi fondatori dell'Unione: Francia e Italia Stavolta non si tratta di frizioni politiche - che pur ci sono state tra il governo di Parigi e l'esecutivo guidato da Giorgia Meloni e ancora prima da Giuseppe Conte - ma di concrete partite finanziarie.
Di solito quando c'entra il business cadono i tabù tra gli opposti schieramenti e si trova una sintesi che è il codice degli affari, Bibbia non scritta che manda sempre un po' più avanti il mondo finanziario rispetto agli sforzi degli amministratori pubblici. Ma stavolta non sta andando così. La pietra dello scandalo è la questione Telecom e la separazione della rete, venduta al fondo americano lr, operazione appena approvata dalla Commissione Europea e pronta a essere chiusa, secondo quanto risulta a Milano Finanza, entro la pausa estiva.
La scelta di «spinoffare» Netco è stata fortemente sponsorizzata dall'esecutivo di centrodestra - in prima linea si sono spesi il capo di gabinetto di Palazzo Chigi Gaetano Caputi e il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti - ma è stata avversata da Vivendi primo socio di Tim con il 23% finito da tempo sull'Aventino della governance e in tribunale civile per far valere le sue ragioni.
Da tempo osservatori e analisti cercano di capire quali sono le possibili contromosse di Arnaud de Puyfontaine, ceo di Vivendi, e della miglia Bolloré, alla guida di un colosso da oltre 10 miliardi di fatturato. Ma pochi ci riescono. A meno di interpellare, come ha fatto questo giornale, chi vive da vicino la partita francese. Piazzato a due passi dall'Arco di Trionfo e nel quartiere di Champs Elysées, il management di Vivendi è ancora sul piede di guerra: nessuna pace con il pugnace ceo di Tim Pietro Labriola? nonostante un paio di incontri di vertice nella capitale francese.
emmanuel macron giorgia meloni
La distanza appare ancora notevole. E il motivo è presto detto: i francesi ritengono di avere ragione e di poter quindi vincere alla fine il contenzioso con gli ex alleati italiani il prossimo 5 novembre, giorno in cui si pronuncerà il tribunale di Milano sulla querelle attinente la vendita della rete tic. Ma queste ragioni hanno una solidità.
A Roma dubitano fortemente. Chi ha potuto parlare con de Puyfontaine - amante dell'Italia una solida amicizia con John Elkann e con il ceo di Generali Philippe Donnet, francese ora naturalizzato italiano - racconta di un manager ancora convinto della scelta di uscire dal cda di Tim e soprattutto per nulla intenzionato a cercare un socio che subentri a Vivendi.
«I fatti sono testardi», è la posizione che de Puyfontaine esprime ai suoi collaboratori, un'espressione francese che lascia alle cose - qualcuno direbbe «alla verità» - l'ultima parola. Il colosso dell'entertainment non intende perciò mollare la presa e ha dalla sua parte, secondo quanto può rivelare questo giornale, persino il presidente Emmanuel Macron. Il numero uno dell'Eliseo ha seguito tutta la vicenda legale del braccio di ferro tra Vivendi e Tim e ha appoggiato, condividendone il principio, la strategia di De Puyfontajne.
Macron, che è un grande conoscitore della finanza internazionale, ritiene, assieme al management del numero 42 di Avenue Friedman, che una decisione come quella di separare la rete dall'azienda di tic sarebbe dovuta passare dall'assemblea in osservanza della posizione del primo azionista della società e che per questo i mercati hanno in un paio di occasioni punito il titolo, facendolo scendere ai minimi storici a Piazza Affari.
E a poco servirà il closing. L'operazione con gli americani, sempre secondo gli umori a Parigi, non ridurrà a dovere il debito di Tim né consentirà un percorso sereno alla nuova società. Insomma, un totale fallimento. Che rischia di indebolire anche i rapporti tra i Francia e Italia.
Il presidente Macron si sarebbe lamentato in privato della condotta degli italiani, ricordando che non era questo l'obiettivo del Trattato del Quirinale; un'affermazione che però potrebbero fare anche gli italiani? se si vedono altre partite in cui i francesi danno invece le carte e comandano, come in Euronext in Stellantis e in fondo anche in Ita Airways, il cui matrimonio con Lufthansa è in forse per l'opposizione esercitata a Bruxelles da Air France. Ma, si sa, i Trattati si devono leggere (e rispettare da entrambe le parti) e devono vivere secoli. Oggi però è confronto, se non proprio guerra, visto che il termine è esagerato considerando la tragedia dell'Ucraina. [..]
Le Parti s'impegnano a facilitare gli investimenti reciproci e avviano, in un contesto di bilanciamento dei rispettivi interessi, progetti congiunti per lo sviluppo di startup piccole e medie imprese o grandi imprese dei due Paesi, favorendo le relazioni reciproche e la definizione di strategie comuni sui mercati internazionali, nel quadro di un'Europa sociale».
Come viene rispettato questo principio di facilitare gli investimenti e le relazioni reciproche in Tim se poi si impedisce al suo primo azionista di contare? E come la mettiamo poi con le regole di Qovernance? uesto è il ragionamento che stanno facendo nei palazzi della finanza parigina i manager che contano vicini al dossier telefonico e che hanno l'appoggio dell'Eliseo. E in fondo sarà anche quello che dovrà stabilire un giudice, stavolta a Milano, ormai dopo la chiusura dell'operazione prevista entro luglio: sono state rispettate le regole sui rapporti tra azionisti?
pietro labriola a Italian Tech Week
Il caso Tim rischia così di diventare un inciampo importante nelle relazioni tra due Paesi soci fondatori dell'Unione Europea, anche se in questo caso l'Italia potrebbe dire di non avere avuto parità di voto rispetto ai francesi nelle scelte che contano per il destino di un intero Paese, come il nuovo Patto di Stabilità e il Mes. Ma se si vuole davvero creare il mercato unico dei capitali, come ha ribadito lo stesso Macron nel suo discorso per la Festa dell'Europa, si dovranno eliminare anche gli ostacoli al funzionamento della governance, un aspetto su cui De Puyfontaine non intende fare passi indietro con Telecom Italia, portando ad esempio le relazioni, diventate cordiali, in Mfe con Marina Berlusconi e la famiglia del Cavaliere; in quel caso, a quanto si dice, potrebbero arrivare persino iniziative in comune mentre i francesi scenderanno, come promesso, nell'azionariato di Mediaset.
pietro labriola a Italian Tech Week
Diverso è il discorso per Tim, dove, a dispetto di quanto fatto filtrare pubblicamente, Vivendi non intende fare la pace con gli italiani ma si aspetta giustizia perché ritiene di non essere stata considerata nell'operazione Rete e, cosa importante per la grandeur francese, non vuole passare per un socio ingenuo (o peggio, ma l'educazione ci impone di non usare quel termine che pur spesso è in voga tra banker e non solo a Wall Street).
De Puyfontaine e Yannick Bolloré non hanno che da attendere dunque l'esito della partita giudiziaria, anche se il prossimo autunno potrebbero avere ancora meno frecce al loro arco, perché la separazione della rete di Tim sarà ormai una realtà e ottenere magari ragione in un'aula di tribunale rappresenterà una vittoria di Pirro, a meno di non incassare un equo indennizzo, che rappresenterebbe una nuova grana per le casse pubbliche italiane e per la Cdp.
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giancarlo giorgetti giorgia meloni giorgia meloni giancarlo giorgetti raffaele fitto PIETRO LABRIOLA