Estratto dell’articolo di Francesco Spini per “La Stampa”
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L'Arabia Saudita ha deciso di estendere il taglio alla produzione di greggio di un milione di barili al giorno stabilito in luglio di altri tre mesi, da ottobre fino alla fine di dicembre. Questo, insieme con il taglio da 300 mila barili deciso dalla Russia (dopo i 500 mila di agosto) e precedentemente dall'Opec+, continua a sostenere il prezzo del petrolio sui mercati mondiali. Ieri ha raggiunto i massimi da 10 mesi a questa parte. I contratti "future" sul Brent, il greggio estratto nel Mare del Nord che costituisce il riferimento per i tre quarti degli scambi globali, sono saliti del 2,3% arrivando a 91,08 dollari al barile, un livello che, appunto, non si vedeva dalla seconda metà di novembre dello scorso anno.
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L'estensione dei tagli alla produzione era tutto sommato attesa, a spiazzare il mercato è stata la durata di tre mesi anziché limitarsi a coprire il solo mese di ottobre. Riad ha giustificato la mossa spiegando di voler «rafforzare gli sforzi preventivi compiuti dai Paesi Opec+ con l'obiettivo di sostenere la stabilità e l'equilibrio dei mercati petroliferi», commenta la Saudi press agency. Per Mosca, che ufficialmente non si discosta dalla spiegazione fornita dagli arabi, si tratterebbe di sostenere gli sforzi finanziari per la guerra in Ucraina.
[…] La mossa, evidentemente, segna la volontà dei paesi produttori di sostenere il prezzo del greggio in un contesto di debolezza dell'economia, confermata a anche dai dati di ieri relativi all'indice Hcob Pmi della produzione composita dell'Eurozona, calcolato in base alla media ponderata degli indici della manifattura e dei servizi, che ad agosto è sceso a 46,7 da 48,6 di luglio. Siamo al terzo mese consecutivo di contrazione della produzione, col maggior calo da novembre 2020. Dati negativi anche dalla Cina.
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[…] Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia, non appare particolarmente sorpreso dalla decisione presa. «Da mesi sappiamo che il mercato è "corto", con poca capacità produttiva, che i prezzi aumentassero era probabile. I 100 dollari al barile per il momento sono lontani. Se l'Arabia proseguirà su questa strada, e nel caso la domanda salga i 100 dollari potrebbero arrivare e la benzina, di conseguenza, potrebbe arrivare a quota 2-2,10 euro».
Ora si viaggia attorno a una media di 1,960 euro per la benzina e di 1,865 euro per il diesel, entrambi in modalità self, come emerge dalle elaborazioni di Quotidiano Energia. Dietro l'angolo ci sono nuovi rincari. Il governo, per contro, avrà poco margine di manovra per sostenere le famiglie alle prese con il nuovo salasso.
Per non parlare dei ricaschi sull'inflazione. Dire quando il petrolio possa arrivare a quota 100 dollari è però complicato. «La stima di base di Nomisma Energia – prosegue Tabarelli – considera la possibilità di raggiungere tale soglia per giugno del prossimo anno. Ma se la Cina dovesse riprendersi senza che gli Usa spingano sulla produzione interna, non è esclusa un'accelerazione».
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